‘Ndrangheta, «pressioni e minacce» a un pentito per farlo ritrattare
La procura generale di Catanzaro parla della posizione di un collaboratore di giustizia "vittima" della sua stessa famiglia. Ecco di chi si tratta
Una vera e propria «strategia di accerchiamento psicologico». Così la Procura generale di Catanzaro definisce le pressioni che la famiglia di Emanuele Mancuso avrebbe esercitato sul collaboratore di giustizia – tra luglio 2018 e maggio 2019 – per spingerlo a desistere nella suo intento di parlare con la Dda di Catanzaro.
Un intento nato mentre si trovava in carcere, spinto dal desiderio di dare alla propria figlia, che stava per nascere, un avvenire lontano dalle logiche mafiose. Un lungo e accidentato percorso quello di Emanuele Mancuso al quale, dopo una estenuante battaglia, l’11 dicembre scorso, il Tribunale per i minorenni di Roma, ha riconosciuto la piena potestà genitoriale e ha disposto l’affidamento in via esclusiva della propria bambina.
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