sabato,Maggio 18 2024

‘Ndrangheta a Paola, Adolfo Foggetti e la notte delle bottiglie incendiarie

Undici anni fa, una delle intimidazioni più imponenti e su larga scala eseguite nel Cosentino annunciava l'avvento di un nuovo boss nella città del Santo

‘Ndrangheta a Paola, Adolfo Foggetti e la notte delle bottiglie incendiarie

Quattordici bottiglie incendiarie, una per ogni lido di Paola. I proprietari le trovano la mattina dell’otto maggio 2013 davanti ai loro impianti di balneazione e corrono ad avvertire i carabinieri. Ancora non sanno che quello è il segnale minaccioso dell’avvento di un nuovo boss: Adolfo Foggetti. E’ un terribile risveglio per la città del Santo, ma anche l’inizio di una nuova epoca, con l’ascensione di un cosentino al trono di capo. A determinarlo. più dei meriti criminali, è il Fato.

L’anno precedente, infatti, l’operazione “Tela del ragno” ha spazzato via tutta la nomenklatura storica dei clan, compreso il capoborgata Nella Serpa. E’ stata proprio lei, anni prima, ad aprire le porte ai cosentini, stabilendo un’asse con la famiglia “Bella bella” che, stando alle ricostruzioni investigative, avrebbe dovuto fare da braccio armato della cosca. Sono i tempi in cui è ancora vivo Michele Bruni, ma alla sua morte per cause naturali segue la caduta in disgrazia della sua famiglia. I “Bella bella” sono epurati dal contesto criminale e al loro indietreggiare coincide l’avanzata dei nuovi leader: Maurizio Rango a Cosenza e Adolfo Foggetti a Paola.

Il ruolo assunto da dal futuro collaboratore di giustizia sulla costa tirrenica – la sua influenza si estendeva pure a San Lucido e Fuscaldo – è immortalato negli atti dell’inchiesta “Nuova famiglia – Doomsday”. Per lui, non saranno tutte rose e fiori. Foggetti si impone come riferimento di tutte le attività illecite, ma la sua presenza è mal sopportata dai vecchi esponenti delle cosche locali, ovvero dai loro eredi rimasti in libertà. Gli inquirenti lo identificano come il clan Scofano-Ditto-Martello-La Rosa, un rassemblement rimasto orfano dei propri esponenti storici, ormai defunti o finiti dietro le sbarre, le cui seconde linee proprio non vogliono saperne di legittimare l’autorità di un capo forestiero. La subiscono, ma senza riconoscerla.

Dal canto suo, per operare al meglio sul territorio, Foggetti si appoggia al cosiddetto “Branco”, una banda di giovanissimi distintasi, in passato, per l’elevato grado di rissosità, specie nei locali notturni ai quali sono soliti far visita per creare fastidi e imbarazzi a proprietari e avventori. A tal proposito, negli atti di “Doomsday” si racconta anche di un’incursione operata dalla gang in un lido “protetto” da Francesco Patitucci. E di come quest’ultimo, una volta appresa la notizia, castighi duramente il Branco, picchiando due dei suoi componenti.

Insomma, è un contesto tutt’altro che pacificato quello che fa da sfondo all’arrivo al Paola del nuovo viceré Adolfo Foggetti e dei suoi fedelissimi. Prova ne è anche un’intercettazione telefonica raccolta dai carabinieri sempre nel 2013. A parlare, in quel caso, è un esponente della vecchia guardia che valuta con occhio particolarmente critico il nuovo assetto paolano. «Quando giravo in piazza io – spiega l’uomo al suo interlocutore – ero con gente che aveva i coglioni sotto. Mi devo sottomettere a ‘sti ragazzini? Pure se non ho nessuno non ci vado. Che questi poi si buttano pentiti». Nemmeno lui, seppur lungimirante, immaginava che un giorno, a buttarsi pentito, non sarebbero stati «i ragazzini», bensì l’uomo che aspirava a diventare il loro leader.