martedì,Marzo 19 2024

«Non cambieremo il mondo, ma la Terra di Piero un sorriso può regalarlo»

Intervista a Sergio Crocco, presidente dell’associazione che realizzerà un secondo Parco Piero Romeo questa volta in Tanzania. «Vi racconto la mia Africa: il loro dolore, il nostro impegno»  Il vero atto rivoluzionario de La Terra di Piero è stato mettere in pratica un’idea semplice: consentire a tutti di divertirsi allo steso modo. L’impatto sociale avuto in città dall’associazione

«Non cambieremo il mondo, ma la Terra di Piero un sorriso può regalarlo»

Intervista a Sergio Crocco, presidente dell’associazione che realizzerà un secondo Parco Piero Romeo questa volta in Tanzania. «Vi racconto la mia Africa: il loro dolore, il nostro impegno» 

Il vero atto rivoluzionario de La Terra di Piero è stato mettere in pratica un’idea semplice: consentire a tutti di divertirsi allo steso modo. L’impatto sociale avuto in città dall’associazione è pari probabilmente soltanto agli effetti che l’Oasi Francescana ebbe sui poveri e sugli emarginati del comprensorio. La differenza sta che il Parco Piero Romeo non punta ad arginare un problema, ma ad azzerare differenze di ogni forma indirizzando bambini e genitori verso la condivisione culturale di spazi e idee.
Il nuovo progetto si chiama “Progetto Pamoja” ed è finalizzato a riprodurre in Tanzania il parco diventato cuore pulsante di Cosenza. La stessa parola, pamoja (in lingua swaili “insieme”), la dice lunga sulle intenzioni avute da undici membri dell’associazione partiti a fine ottobre per un viaggio nel cuore dell’Africa nera. Il diario di bordo diffuso sui social ha appassionato migliaia di cosentini, colpiti da un reportage fotografico in costante aggiornamento. I sorrisi dei bimbi e la consapevolezza degli ospiti di portare un attimo di serenità in terre martoriate, sono lo scatto più nitido che si potesse consegnare al web. Sergio Crocco è il presidente dell’associazione, voce e megafono di una prima linea dirompente nel campo della solidarietà.

Sergio, per lei cos’è l’Africa?
«Sono stato nella Repubblica Centrafricana, in Madagascar ed ora in Tanzania. Posso dire che l’idea, a grandi linee perché ci sono migliaia di “Afriche”, è che questo continente rappresenti l’estremo in tutto. In termini di bellezza come in criticità. Tutto è amplificato, nell’Africa che ho visto io».

Cosa crede che rappresenti, invece, la Terra di Piero per quei bambini che vi hanno conosciuto in Tanzania?
«Un sorriso. Nulla di più, perché siamo consapevoli che non possiamo cambiare il mondo. Ma regalare un sorriso a bambini che hanno pochi motivi per sorridere sì, quello possiamo farlo. E lo facciamo arricchendoci noi stessi dei loro sorrisi. E’ un continuo io ti do-tu mi dai, quando siamo laggiù. Loro ci regalano una serenità che alle nostre latitudini è sconosciuta».

Si può descrivere a parole la povertà che dilaga nelle zone visitate? Oppure è proprio il caso di dire “se non lo vedi, non puoi capire”?
«Lo faccio con un piccolo aforisma. Io in Africa comprendo compiutamente la differenza che esiste tra fame ed appetito. A Cosenza no».

Missioni, orfanotrofi, villaggi di accoglienza, strutture mediche. E’ qualcosa di cui nel mondo occidentale quasi si ha timore a parlare. Cosa ha trovato?
«Ho trovato sofferenza. Estrema, ingiusta, cattiva. I bambini sono curati, amati e cresciuti amorevolmente, almeno negli istituti, ma la sofferenza è un tratto visibile in tutti i loro occhi. Dove c’è la malattia è, ovviamente, ancor di più amplificata».

Avete fatto visita anche a dei bambini affetti dal virus dell’HIV. Che idea ha maturato dopo decenni la popolazione di questa malattia e, soprattutto, le nuove cure sono accessibili a tutti?
«Sull’AIDS per fortuna anche in Tanzania si stanno facendo molti passi avanti. Adesso può essere fermata. Non debellata, ma fermata sì. E’ un enorme passo avanti sapere di non dover pensare alla morte certa dei bambini, ma avere la speranza che possano comunque vivere. Non proprio in “normalità” ma decentemente sì. Se solo le case farmaceutiche decidessero di mettere qualcosa dei loro profitti al servizio di questi bambini, tutto sarebbe profondamente più semplice».

Allargando il campo a livelli macroscopici, è d’accordo con la teoria terzomondista secondo cui l’Africa è sottosviluppata solo ed esclusivamente per colpa del colonialismo bellico ed economico europeo?
«Il colonialismo è stata la piaga dell’Africa. Checché ne dicano i fanatici nostalgici, il continente è stato depredato da schiavisti prima ed invasori poi. Che mai hanno pensato realmente al popolo, ma solo ad arricchire l’occidente».

La Tanzania subì il dominio tedesco e successivamente quello inglese. Ci sono ancora retaggi del passato per le strade e nella cultura popolare?
«Dell’influenza tedesca no. Quella inglese è visibile ovunque, non solo per la lingua. Gli inglesi hanno ancora interessi fortissimi in Tanzania, anche se ora i cinesi li stanno soppiantando in molti aspetti economici. Come vedi il colonialismo economico, nonostante gli sforzi del nuovo governo tanzaniano, continua quasi imperterrito. Cambiano solo i colonialisti».

Cristianesimo e islam riescono a convivere laggiù?
«La religioni per fortuna in Tanzania convivono in maniera tranquilla. Non si hanno notizie di tensioni tra cattolici e musulmani. Anche nelle scuole pubbliche i bambini delle due religioni maggiori non hanno alcun problema tra loro».

A Cosenza, invece, riescono a farlo bene secondo lei e in cosa si potrebbe migliorare ancora?
«A Cosenza credo sia uguale. L’integrazione finora non mi pare abbia avuto grandi intoppi. L’ultimo problema a Cosenza credo sia quello religioso».

In un suo intervento sui social ha parlato di come le mani dei bambini l’abbiano conquistata per ciò che sprigionano. Ma gli adulti del posto come si sono relazionati a voi? Come erano le loro di mani?
«Non esiste la “mano adulta”. Esiste la mano popolare, che ti accoglie e ti regala tutta la sua gratitudine perché sa che stai migliorando la qualità della vita dei suoi figli, e poi c’è la mano dei funzionari pubblici, che vedono nell’uomo bianco fonte di possibile arricchimento facile mediante corruzione. Un po’ come in Italia, se ci pensi».

L’idea di costruire un Parco Romeo similare vi fa onore, è deciso dove?
«Il gemello del parco Piero Romeo nascerà ad Ipogolo, periferia della città di Iringa, a sud della Tanzania. Adiacente ad una scuola frequentata anche da 60 bambini disabili. Sarà il primo Parco Inclusivo in tutto il territorio tanzaniano. Porterà il nome di Piero e della Città di Cosenza. Un nostro orgoglio».

Come sarà arricchito il Parco Romeo di Cosenza dopo il viaggio in Africa? Magari la lampadina vi si è accesa durante il soggiorno in Tanzania…
«Il Parco di Via Roma presto avrà il bagno accessibile ai bimbi disabili e poi migliorie continuo. Il nostro “gioiello” migliorerà sempre ed in ogni stagione».

Avete incontrato missionari cristiani e laici: c’è un punto dove l’impegno (socio)politico e religioso possono stabilire un contatto?
«I missionari, sia laici che religiosi, credo siano una “razza” a parte. Vorrei avere l’un per certo della loro forza di volontà e del loro impegno disinteressato e continuo negli anni. Non ho alcun dubbio nell’affermare, io ateo convinto, che sono le persone che più ammiro al mondo. Davanti alla loro opera quotidiana io mi inchino riverente». (Antonio Clausi)

 

Articoli correlati