mercoledì,Maggio 15 2024

‘Ndrangheta e malaffare, la credibilità dei magistrati calabresi

Calabria terra di ’ndrangheta, terra di sangue, terra maledetta. Una regione in cui il tasso di mafiosità raggiunge picchi altissimi per la capacità delle organizzazioni criminali di rigenerarsi dopo le varie operazioni antimafia della magistratura inquirente.  In alcuni casi, la forza intimidatoria delle varie cosche prevale sulla prevenzione e allora agli uomini delle forze dell’ordine,

‘Ndrangheta e malaffare, la credibilità dei magistrati calabresi

Calabria terra di ’ndrangheta, terra di sangue, terra maledetta. Una regione in cui il tasso di mafiosità raggiunge picchi altissimi per la capacità delle organizzazioni criminali di rigenerarsi dopo le varie operazioni antimafia della magistratura inquirente. 

In alcuni casi, la forza intimidatoria delle varie cosche prevale sulla prevenzione e allora agli uomini delle forze dell’ordine, che conducono le indagini, tocca reprimere i metodi ‘ndranghetistici, che creano tensione e paura nelle zone in cui i clan operano.

Negli ultimi anni, tuttavia, il rapporto di forza è cambiato. La Calabria ha fatto registrare un balzo in avanti nel contrasto alle associazioni mafiose, grazie ad alcune indagini che hanno messo sotto scacco tra le cosche più potenti del mondo.

La grande operatività della Dda di Reggio Calabria ha permesso di tradurre in carcere boss e affiliati di spessore, affievolendo il potere mafioso soprattutto nelle città in cui è radicato da quasi 40 anni. E oggi, quel modello mafioso, è riproposto in tutta Italia.

Dal canto suo, la Dda di Catanzaro, ha puntato molto sul contrasto al narcotraffico, vero punto di forza del procuratore capo Nicola Gratteri, un suo cavallo di battaglia, poiché ritiene che grazie al commercio della droga, la ’ndrangheta acquisti credibilità e potere economico dall’Europa al Sudamerica, dagli Stati Uniti alla Germania. Insomma una holding mondiale del malaffare. 

Allora vien da chiedersi quale valore hanno le investigazioni portate avanti dai carabinieri, guardia di finanza e polizia, in una terra così maltrattata dai clan. Oggi le indagini sono condotte con attività tecniche molto sofisticate e con militari di grande spessore che servono ad elevare il contrasto al crimine organizzato.

E’ vero anche che la ’ndrangheta, oltre ad avere il monopolio del traffico di stupefacenti, negli anni ha saputo investire i profitti illeciti in attività redditizie grazie al commercio della droga. Perché spesso, come accade ad esempio al porto di Gioia Tauro, le forze dell’ordine riescono ad individuare ingenti carichi di cocaina o marijuana pronti ad essere smistati nel territorio nazionale. Ma probabilmente è solo una minima parte di ciò che arriva e sfugge al controllo.

Quelle attività redditizie e “sicure” dal punto di vista imprenditoriale, sono certamente quelle legate all’edilizia, alla grande distribuzione alimentare e alla ristorazione, ma ciò vale anche nel settore del turismo. Poi ci sono i grandi appalti, un’area ad oggi più tortuosa da praticare per la capacità dello Stato di prevenire infiltrazioni mafiose. 

Questo, tuttavia, rimane tra i grandi argomenti di cui la ’ndrangheta tratta e discute. E quando le cose non vanno per il verso giusto, il contrasto è pagato col sangue. Ci sono tanti casi in Calabria che avvalorano la tesi delle procure antimafia e riguardano delitti che, nonostante l’indebolimento dei gruppi criminali, trovano compimento con modalità efferate e alla luce del sole. E ne pagano le conseguenze personaggi scomodi e “obsoleti” dal punto di vista criminale.

In questi casi ci si chiede se la magistratura sia capace di “leggere” in tempo i possibili moventi di un omicidio eccellente e se la ricostruzione di tale programma criminoso riesca a portare ad arresti e infine a condanne. Qui le risposte sono quasi tutte in senso affermativo, visto che i delitti di mafia avvenuti negli ultimi 15 anni sono stati inquadrati positivamente dalle varie procure. E sui fatti di sangue recenti, magistrati e investigatori nutrono grande fiducia. Perché se i clan non guardano in faccia nessuno e tendono ad agire nel modo più violento possibile, dall’altra parte c’è un sistema che è capace di seguire la traccia giusta in poco tempo. E quella traccia poi è arricchita da fonti di prova acquisite in corso d’indagine. 

La qualità degli investigatori in Calabria, dunque, rimane altissima. E il contrasto alla ’ndrangheta (e al malaffare nella pubblica amministrazione) rimane tra le priorità dei magistrati che fino a ieri hanno dimostrato credibilità agli occhi dell’opinione pubblica. E solo di loro si può avere fiducia. (Antonio Alizzi)

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