giovedì,Maggio 16 2024

Alfonso Bonafede, un Guardasigilli che disconosce i diritti dei detenuti

Matteo Renzi in realtà ha salvato il Governo ma non Bonafede, al quale propone (ma in realtà impone) una commissione ministeriale per "controllare" il Guardasigilli.

Alfonso Bonafede, un Guardasigilli che disconosce i diritti dei detenuti

Alfonso Bonafede, come era prevedibile, resta il nostro Guardasigilli. La mozione firmata da Lega, Fratelli d’Italia ed una parte di Forza Italia, era motivata da presupposti del tutto errati, dall’idea infondata ed inconsistente che Bonafede fosse responsabile della “liberazione” di oltre 300 boss e dunque dettata dalla motivazione esclusivamente politica di togliere di mezzo un ministro, certamente inadeguato, per far fuori tutto il governo.

Non a caso Bonafede non ha avuto difficoltà a difendersi dalle accuse mosse in questo senso e a ricevere applausi, soprattutto nel passaggio del suo discorso in cui si citano le norme “datate” del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario che hanno consentito ai magistrati di sorveglianza di concedere i domiciliari ai detenuti affetti da gravi patologie, per il pericolo Covid 19 all’interno delle carceri.

Insomma Bonafede si discosta con orgoglio dalle norme che tutelano il diritto alla salute di tutti i detenuti, indipendentemente dal reato commesso, ritenendole obsolete e prende applausi per avere, invece, reagito alle pressioni generate dal teatrino mediatico partito a seguito di un indecente scontro televisivo – di cui è stato oggettivamente vittima – emanando un decreto legge che esclude completamente la difesa dalla valutazione circa la compatibilità del detenuto col sistema carcerario.

Dunque è esaltato da quella parte di platea espressione del pensiero giustizialista che – per citare Emma Bonino – rappresenta “la malattia della giustizia italiana” di cui Bonafede è “sintomo” e che ha spinto la Senatrice a presentare una vera mozione di sfiducia, al contrario della prima, condivisibile poiché fondata su principi di civiltà giuridica ormai dimenticati da questo Paese.

Per fortuna che c’è Emma…

È lei l’ultima superstite di un pensiero liberale la quale, con la sua mozione, proponeva la sfiducia individuale di un Ministro che, rimanendo al suo posto – testuale – contribuisce a rendere questa malattia: «Cronica, diffondendo come sentimenti prevalenti non la fiducia, ma la paura della giustizia». Una mozione che, entrando nel merito dell’operato di un ministro confuso tra l’idea di giustizia e di giustizialismo, ha fatto pensare che Italia Viva, trovandosi davanti un ragionamento che Renzi avrebbe senza dubbio sottoscritto, avrebbe comportato la resa del Guardasigilli.

Renzi “salva” il Governo (ma non Bonafede)

Italia Viva, invece, agisce diversamente prendendo una decisione esclusivamente politica: non salva Alfonso Bonafede, ma il Governo, commissariando però allo stesso tempo le idee di un Ministro che rappresenta la “cultura del sospetto” . Renzi in sostanza impone l’istituzione di una commissione ministeriale che vigilerà sui contenuti delle riforme della Giustizia, monitorando quanto avverrà riguardo la prescrizione e quindi mettendo in difficoltà chi vede nel processo penale uno strumento di moralizzazione di massa.

Un accidente per chi, con scarsa conoscenza giuridica e poca padronanza nell’amministrazione della giustizia, ma spinto esclusivamente negli ultimi due anni dal grido di battaglia del M5S “onestà-onestà” ha dovuto ammettere, per salvarsi, che – testuale – «in un governo di coalizione si decide insieme dopo aver ascoltato tutti» e che «i principi fondamentali d’ora in poi saranno il diritto alla difesa e la ragionevole durata del processo», cercando così di muoversi goffamente nella palude del giustizialismo e dell’approssimazione che lo ha accompagnato da quando è in carica. 

Il ruolo di Caiazza

Ed il colpo di grazia è che a presiedere questa Commissione dovrebbe essere addirittura Gian Domenico Caiazza, Presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane: un Avvocato penalista puro, non un Accademico, che entra nel ministero guidato da un grillino con la sua cultura garantista.

L’avvocato Caiazza ha espresso subito in una intervista la sua gratitudine al senatore Renzi soprattutto per l’atto di fiducia manifestato nei confronti dei penalisti italiani, ma precisa che per l’Unione Camere Penali, ciò che conta sono i contenuti affermando – testuale – che «se l’obiettivo della commissione ministeriale promessa in Aula dallo stesso guardasigilli avrà l’obiettivo di cambiare la norma sulla prescrizione, bene. Ma se si trattasse di un’operazione di facciata, non saremmo interessati»

Cosa dovrebbe fare la commissione

In sostanza la commissione avrà senso solo se potrà proporre modifiche alla norma già entrata in vigore, portando dunque avanti l’impegno dei penalisti italiani profuso da quasi due anni nella lotta al principio barbarico secondo cui il cittadino (persona offesa o imputato) debba restare in balia della giustizia penale per un tempo indefinito, e quindi fino a quando lo Stato riuscirà a pronunciare una sentenza definitiva sulla sua vicenda giudiziaria.

Battaglia che ha mobilitato noi Penalisti Italiani, dopo il Congresso dell’UCPI di Taormina tenutosi ad ottobre, ed al quale Bonafede seppur ovviamente invitato non ha inteso partecipare, con una maratona oratoria di una settimana davanti alla Corte di Cassazione.

Se dunque, fino a qualche giorno fa tutto questo sembrava ormai lontano, adesso il Ministro, vittima della cultura giustizialista e della gogna mediatica che lo ha sempre orientato nelle sue scelte, resta al suo posto per volere di Matteo Renzi ed incassa su tutti i fronti: controllato da chi invece di vendicarsi, per continuare a svolgere il suo ruolo, gli impone una commissione ed obbligato al confronto – per citare proprio Bonafede –  “costante, approfondito e di reale collaborazione” con noi garantisti. 

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