Cinque sì e cinque no

Quando tornai a lavorare a Firenze, dopo cinque anni a Genova, la Toscana era una specie di “regina” del calcio professionistico. Era il 2013 e il vecchio Granducato contava: Fiorentina e Siena in serie A; Livorno, Empoli e Grosseto in B; Carrarese, Viareggio, Pisa e Prato in Lega Pro.

Ieri pomeriggio il pallone toscano ha celebrato un clamoroso de profundis: Pistoiese, Lucchese, Arezzo e Livorno hanno detto addio alla serie C, mentre in massima divisione i viola sono ancora invischiati nella lotta per non retrocedere. Nella prossima stagione solo due capoluoghi su dieci (Firenze e Pisa) rischiano di presidiare il calcio professionistico. Questo in attesa che l’Empoli, amorevolmente ribattezzato il contado dai fiorentini, ottenga la matematica promozione in serie A.

Per carità, bello vedere un presidente che suona l’inno della tua squadra al pianoforte. Ma io non ho mai visto un pianoforte segnare un sacco di gol.

I motivi del collasso sono tanti. A Firenze festeggiarono coi botti l’addio dei Della Valle (che pure, in quindici anni, avevano portato una semifinale di Coppa Uefa e una semifinale di Europa League, due finali di Coppa Italia e qualche apparizione in Champions), ma Rocco Commisso è riuscito a fare peggio: i soldi servono a poco, se non hai buoni consiglieri. A Siena, all’indomani della finale di Pescara, il progetto calcistico è avvizzito per mancanza di investitori: dal football al basket, la crisi di MPS si è portata via tutto. A Livorno, dopo il disimpegno di Spinelli, non è mai arrivata una proprietà vera – e, in una città innamorata di calcio, è incredibile che nessun imprenditore legato al porto abbia deciso di scommettere sui labronici.

Tutto questo per dire che le inettitudini della gestione Guarascio a Cosenza sono sì, come ho spesso scritto, legate a una piccola visione d’azienda, ma sono anche purtroppo piuttosto diffuse. Il primo scudetto di una proprietà straniera (quello dell’Inter) non ci dice che gli imprenditori dall’estero sono più bravi, ma che quelli italiani capaci di fare profitto con il calcio (Percassi, Squinzi, Corsi, Gabrielli) sono sempre di meno.

Depongo pertanto momentaneamente l’ascia di guerra, sperando di non doverla già dissotterrare nel pomeriggio di domani, per capire se dopo il 3-0 al Pescara il Cosenza abbia ancora qualche chance di salvezza. Per le tabelle, rimando altrove. Ho deciso di riassumere la situazione in cinque ragioni a favore e cinque contro. E comincio da queste ultime.

1. Battute in fila Monza, Spal ed Empoli, è difficile immaginare un crollo dell’Ascoli nelle prossime tre partite. Pare in grossa difficoltà il Pordenone, ma non mi stupirei che facesse punti con quella Salernitana sempre da braccino corto quando deve stringere la lotta promozione. A quota 43, il Frosinone potrebbe chiudere i giochi salvezza col Vicenza.

2. Per quale ragione una squadra (il Cosenza), con la media di un punto a partita, dovrebbe riuscire a farne 6 tra Empoli e Monza? La squadra di Dionisi sa che, con una vittoria al Castellani, conquista la promozione a prescindere dai risultati altrui. E il Monza, se batte il Lecce, vede la serie A diretta. Quindi, di fronte a formazioni nettamente più forti, è altissimo il rischio che i Lupi restino fermi a quota 35. Non ridurti mai all’ultimo momento, diceva mio padre. E quell’uomo aveva ragione.

3. La squalifica di Falcone, e cioè l’artefice principale dei punti conquistati finora. Zio solo sa quanto ci sarebbero serviti i suoi guantoni, per conservare la porta inviolata a Empoli. E, lasciatemelo dire, l’uso della prova tv per una bestemmia è davvero ridicolo. Se con gli stadi senza pubblico i microfoni, anziché solo a bordo campo e dietro le porte, fossero piazzati ovunque, non capterebbero solo le imprecazioni dei portieri.

E Sasà Soviero avrebbe passato la vita in tribuna.

4. Delizioso il gol di Carretta col Pescara, avversario non pervenuto. Capolavoro la punizione e spettacolari i giochini di Tremolada con Scognamiglio e soci. Li faccio anche io, quando mi immischio nelle partitelle di mio figlio di 6 anni e dei suoi amici. Sono il re del giardino di via Maragliano. Suola, esterno, doppio passo: mi celebrano come se fossi Messi. Meno male che non mi hanno ancora visto mentre affronto i miei pari età…

5. C’è chi ha notato delle analogie con la remuntada del 2020. Il 3-0 di Pisa come il 5-1 della Spezia. La vittoria col Pescara come quella col Perugia. Il peso di dover vincere a tutti i costi le ultime partite come motore di disperazione. La verità è che, con Gliozzi al posto di Riviere e Asencio e Tremolada a fare le veci di Baez, anche un santo con la pazienza di San Francesco di Paola perderebbe ogni stimolo a compiere miracoli.

Andiamo invece a vedere le cinque motivi per cui il Cosenza potrebbe farcela.

1. Ai Lupi basta recuperare, in tre partite, un punto all’Ascoli o due al Pordenone. Empoli e Monza sono due avversari proibitivi, ma lo sono pure Reggina e Cittadella per i piceni e Salernitana e Venezia per i Ramarri. Al Cosenza, per centrare il playout, sarebbe sufficiente che la classifica di oggi si cristallizzasse fino alla vigilia dell’ultima giornata. E giocarsi tutto al “Guido Teghil”, contro la squadra di Domizzi. Difficile, ma non improbabile.

2. L’Empoli è una squadra da 28 risultati utili, non da calcoli ragionieristici. Ma è pure vero che, complice un passo falso di Monza e Salernitana, con un solo punto centra la promozione. Dal canto suo, se la squadra di Brocchi fallisce la vittoria col Lecce, sarebbe fuori dalla lotta per il secondo posto. Quindi, al Marulla, potrebbe arrivare coi remi in barca in vista delle semifinali playoff.

3. Il ritorno tra i pali di Saracco, oscurato dalla straordinaria stagione di Falcone. Al di là delle facili battute, è l’occasione per Umberto di dimostrare di essere molto più di un semplice amuleto portafortuna nelle missioni impossibili.

Non conoscevo questo blog. Ecco, fate finta che l’autore non dica Sarracco ogni tre per due e soffermatevi sulle parate di quel Cosenza-Trapani (finito 4-2). Poi ti chiedi perché il Cosenza li avrebbe vinti, quei playoff…

4. E se, anziché essere una sboronata, le reti di Tremolada e Carretta fossero la prova del risveglio di due calciatori (il secondo più del primo) finora assenti nei momenti decisivi della stagione? E se, oltre a questo, Occhiuzzi si fosse reso conto che con due mediani di sostanza (Ba e Kone, o Sciaudone in caso di indisponibilità del granata) e i piedi buoni di Antzoulas in difesa il Cosenza, anche con il 3-4-1-2, guadagna proprio quella verticalità che lui predica da inizio stagione?

5. Come un anno fa Saracco, Idda, Legittimo e Carretta (forse anche Sciaudone) saranno in campo domani contro l’Empoli. E un anno fa fu partita vera, checché ne dicano certi fenomeni da tastiera. L’Empoli di allora era certo di giocare i playoff (complice l’ultima giornata col Livorno già retrocesso), quello di oggi ha la promozione in tasca. A questo punto della stagione i valori tecnici valgono al 30%. Il 70% lo fanno le motivazioni. E gli undici che scenderanno in campo al Castellani, assieme al loro allenatore, una motivazione ce l’hanno. Sanno che dipende tutto da loro. Solo da loro. Come da loro, finora, è dipesa una stagione disastrosa.

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