sabato,Maggio 18 2024

Interruzione volontaria di gravidanza, protesta di Fem. In all’Annunziata: «Un medico non basta»

Il collettivo femminista: «Il dottor Filippelli ha dichiarato riprinistato il servizio, ma così non è. Ci vorrà agosto almeno, qualcuno si faccia carico della problematica»

Interruzione volontaria di gravidanza, protesta di Fem. In all’Annunziata: «Un medico non basta»

A Cosenza continua a far rumore la vicenda relativa alla impossibilità da parte delle interessate di procedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Ieri i vertici dell’Azienda Ospedaliera avevano evidenziato come il servizio di prenotazione fosse ripreso. In più si sta procedendo, attraverso una manifestazione di interesse urgente, al reclutamento in tempi brevi di un altro specialista, così da risolvere il problema. 

Il tutto non è ritenuto sufficiente dal Collettivo Fem. In. Che nei giorni scorsi aveva evidenziato come «l’aborto non fosse più un diritto nella nostra città». Questa mattina una ventina di loro si sono ritrovate dinanzi l’ingresso dell’Annunziata di Cosenza per protestare contro la precarietà costante in cui versano i servizi sanitari dedicati alle donne. Primo fra tutti, ovviamente, quello dell’IVG. 

«Il servizio non viene erogato da una decina di giorni e, ieri, il dottor Filippelli (il commissario straordinario dell’AO, ndr) ha dichiarato che questo fosse stato ripristinato, ma così non è. A meno che la manifestazione di interesse pubblicata ieri sull’albo pretorio dell’Annunziata non vada deserta, come sempre accaduto in questi casi – si veda il Molise – se tutto va bene ci vorrà agosto» dicono. Il riferimento è noto. Il reparto di Ginecologia dell’ospedale di Cosenza ha in servizio da mercoledì 14 luglio soltanto medici obiettori di coscienza. L’interruzione volontaria di gravidanza, pertanto, all’Annunziata non è più tecnicamente possibile, almeno fin quando non prenderà servizio qualcuno che sostituisca anche nelle scelte ideologiche il dimissionario Francesco Cariati. 

«Il diritto all’aborto a Cosenza – aggiunge il Collettivo Fem.In – rimane costantemente minacciato. Ribadiamo che un solo medico non obiettore non basta. L’Azienda Ospedaliera, l’Asp e la Regione devono farsi carico della problematica. Non ci vogliono libere e allora noi ci incateniamo».