lunedì,Dicembre 2 2024

‘Ndrangheta, anche la Presila diventa un “covo” di aspiranti criminali

Non solo i rapporti tra il presunto narcotrafficante e alcuni politici cosentini, in cerca di voti, ma anche soggetti "a disposizione" delle cosche

‘Ndrangheta, anche la Presila diventa un “covo” di aspiranti criminali

Non solo Cosenza, Rende, la Media Valle del Crati e parte della Valle dell’Esaro. La ‘ndrangheta cosentina (e crotonese) ha ormai infettato anche la Sila e Presila. Nel primo caso a parlare sono le sentenze dei giudici, quelli che hanno condannato quasi tutti gli imputati del processo “Six Towns”, mentre nel secondo si fa riferimento a ipotesi investigative in fase decisamente avanzata.

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In un precedente servizio, la nostra testata ha svelato i rapporti tra alcuni politici dell’area urbana cosentina con un presunto narcotrafficante. Rapporti, è bene chiarire, che nulla hanno a che vedere con lo spaccio di droga, ma sono esclusivamente circoscritti alle competizioni elettorali.

Ma non esistono solo queste “commistioni” da Zumpano fino a Casali del Manco. Ci sono infatti evidenze su interessi di natura illecita delle cosche di ‘ndrangheta rispetto a presunti aspiranti criminali ai quali verrebbero date le “consegne” per operare nel territorio in cui risiedono e anche tra Cosenza e Rende. Insomma, non tutto ciò che avviene nella città dei bruzi e oltre il Campagnano porta la firma di cosentini veraci.

Un territorio quello presilano che da anni ha avuto sia un’evoluzione politica, con la fusione di tanti comuni sotto il nome di Casali del Manco, che delinquenziale. I clan cosentini infatti sono riusciti a insediarsi, seppur in maniera molto accorta, oltre il perimetro comunale, come dimostrerebbero alcuni atti intimidatori compiuti ai danni di alcune aziende edili. Fatti contenuti, ma ancora da provare, nel processo “Overture”, e ricostruzioni investigative che attendono uno sbocco definitivo.

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Poi c’è la Sila, precisamente San Giovanni in Fiore. La Capitale del Parco Nazionale, con le località di Lorica e Camigliatello silano che fanno da attrazione non solo per i turisti ma anche per soggetti poco raccomandabili. San Giovanni in Fiore, dicono le sentenze, è un comune dove negli anni si è formata un’associazione a delinquere di stampo mafioso riconducibile a Giovanni Spadafora e non solo.

Quel Giovanni Spadafora di cui ne parlava sia Nicolino Grande Aracri che alcuni pentiti cosentini, indicandolo come il referente della zona, per volere di Maurizio Rango. La Sila, e quindi San Giovanni in Fiore, dicono sempre i giudici, rimane un territorio conteso tra due “fuochi”: dalla criminalità cosentina e da quella crotonese. Ed è in questa direzione che forze dell’ordine e magistratura intendono proseguire per far emergere tutto il marcio.

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