martedì,Maggio 14 2024

L’avvocato Paolo Pisani torna ad esercitare la professione forense. «Non ha mai minacciato Vittorio Toscano»

Il penalista era stato "fermato" dal gip di Catanzaro. Il Riesame, però, ritiene che non ci siano i gravi indizi di colpevolezza rispetto alle accuse formulate dalla Dda di Catanzaro

L’avvocato Paolo Pisani torna ad esercitare la professione forense. «Non ha mai minacciato Vittorio Toscano»

L’avvocato penalista Paolo Pisani può tornare ad esercitare la professione forense. Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Catanzaro, annullando in toto la misura del divieto di esercizio della professione applicata dal gip Alfredo Ferraro nell’ambito della maxi inchiesta antimafia contro la ‘ndrangheta cosentina. Insussistenti i gravi indizi di colpevolezza rispetto alle accuse formulate dalla Dda di Catanzaro. Paolo Pisani è difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Cesare Badolato.

Le accuse della Dda di Catanzaro contro l’avvocato Paolo Pisani

Il legale Paolo Pisani è indagato in concorso con Ivan Montualdista e Massimo D’Ambrosio, di aver usato minaccia, durante un incontro, nei confronti dell’ex assessore del comune di Rende, Vittorio Toscano, per costringerlo – a dire della Dda di Catanzaro – o comunque determinarlo – oltre che a rimettere la querela – a rilasciare una falsa testimonianza innanzi al tribunale di Cosenza, nell’ambito del processo contro Massimo D’Ambrosio, difeso nel procedimento penale proprio da Pisani, imputato per minaccia aggravata dal metodo mafioso.

Secondo l’accusa, infatti, tale attività sarebbe stata realizzata, secondo il capo d’accusa, sfruttando il cosiddetto metodo mafioso «consistito nell’avvalersi mediante la presenza all’incontro di Ivan Montualdista e Massimo D’Ambrosio, della forza di intimidazione derivante del vincolo associativo riconducibili ad entrambi, fatta percepire in tal modo alla persona, in ragione della notorietà dell’appartenenza alla criminalità organizzata di tipo ‘ndranghetistico del fratello di Massimo D’Ambrosio», ovvero Adoldo D’Ambrosio, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, essendo esponente di vertice del clan “Lanzino-Patitucci” di Cosenza.

Pisani, in tale contesto, avrebbe indotto – sempre a dire della Dda di Catanzaro – il proprio assistito, Massimo D’Ambrosio, a prendere parte, insieme con Montualdista, ad un incontro con Toscano, per intimorire quest’ultimo in ragione del vincolo di appartenenza alla cosca d’Ambrosio, al fine di rimettere la querela da lui sporta.

L’appello della difesa di Paolo Pisani

Il 14 settembre 2022, gli avvocati Cesare Badolato e Luca Acciardi, avevano presentato ricorso contro la decisione del gip di Catanzaro, Alfredo Ferraro. Il primo motivo dedotto della difesa concerneva l’estraneità di Pisani alla cosca D’Ambrosio. Il processo per minaccia, relativamente all’evento consumatosi ai danni di Vittorio Toscano, evidenziavano i difensori, era il primo incarico difensivo per conto di Massimo D’Ambrosio, conosciuto grazie all’intermediazione di Montualdista, suo vecchio cliente.

Altro motivo dedotto dalla difesa di Paolo Pisani – si legge nel provvedimento del tribunale del Riesame di Catanzaro – riguarda l’insussistenza di prove circa “l’incontro intimidatorio” in quanto desunto da alcuni riferimenti generici captati nelle intercettazioni ambientali, ma dal quale, però, non vi sarebbe prova certa di quando e dove sarebbe avvenuto. Pertanto, la difesa aveva spiegato che l’unico logico possibile “incontro” in cui Pisani aveva insistito affinché D’Ambrosio vi partecipasse, era quello tenutosi in caserma per la remissione di querela, al fine di formalizzare contestualmente la relativa accettazione.

Infine – aggiungono i giudici del Riesame di Catanzaro – con riferimento al pagamento della parcella, la difesa ha sostenuto che il fatto che Montualdista faceva da intermediario, era da ricollegarsi alla sua pregressa e longeva conoscenza con Pisani, e non a logiche gerarchiche tipiche delle associazioni mafiose.

Le valutazioni del Riesame di Catanzaro sul caso di Paolo Pisani

«Deve evidenziarsi – scrivono i giudici – che la misura cautelare interdittiva nei confronti di Pisani poggia sull’assunto che quest’ultimo avrebbe travalicato il mandato difensivo, non solo da un punto di vista ontologico, ma anche legale, ricorrendo alla strategia difensiva di concertare, mediante la forza intimidatoria mafiosa, le dichiarazioni rese in udienza dalla persona offesa, Vittorio Toscano, al fine di agevolare il suo assistito Massimo D’Ambrosio, nonché l’intero clan di appartenenza».

Per il Riesame di Catanzaro, «appaiono carenti gli indizi su cui si fonda la tesi accusatoria prospettata dal gip. Infatti, le uniche prove poste a fondamento di questa ricostruzione sono il dialogo intercettato tra Montualdista e Massimo D’Ambrosio, durante il quale, nel commentare l’esito assolutorio del processo per minaccia a carico di D’Ambrosio, i due fanno riferimento alla ritrattazione di Toscano e poi al fatto che Pisani “aveva costretto ad andare anche loro”, senza però specificare dove e per quale motivo».

«Da questi scarni elementi dovrebbe desumersi che via stato un incontro con Toscano, voluto da Pisani, a cui hanno partecipato anche Montualdista e D’Ambrosio, al solo fine di esercitare una fonte carica intimidatoria sulla persona offesa e indurla, così, a rimettere la querela. Tuttavia, non ci sono ulteriori riscontri che provino che l’incontro captato si riferisca proprio a un incontro ad hoc per intimorire Toscano, né dove e quando sia avvenuto».

Il tribunale del Riesame, al contrario, sottolinea che «depongono in senso contrario il fatto che Pisani, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno del 5 febbraio 2018, abbia proposto a Toscano, per conto del suo cliente, un risarcimento danni e che Toscano abbia risposto il 14 febbraio 2018 tramite pec, manifestando la volontà di rimettere la querela in cambio di una lettera di scuse e di ammissione di colpa da parte di D’Ambrosio, lettera che effettivamnete c’è stata e alla quale è poi seguita la remissione di querela», avvenuta il 13 aprile 2018.

Toscano si rivolse a Pisani per altre situazioni legali

Inoltre, «il fatto che Montualdista fosse l’interlocutore principale di Pisani, non può di per sé solo giustificare l’adesione dell’indagato a logiche gerarchiche mafiose e quindi fondare un giudizio di colpevolezza per l’agevolazione del clan, ben potendo il ruolo di intermediario di Montualdista spiegarsi in ragione della lunga “amicizia” che c’è con Pisani.

Infine, «questo collegio ritiene di condividere» la considerazione mossa dalla difesa di Paolo Pisani, ovvero che «Toscano si è rivolto a Pisani, in data 20 giugno 2020, per alcuni servigi legali, e tale comportamento risulta quantomeno incompatibile con l’accusa secondo cui Pisani sarebbe stato complice dell’atto intimidatorio e delle minacce nei confronti di Toscano. Infatti, a parere del collegio, tale elemento collide del tutto con la condizione di assoggettamento della vittima delineatasi in occasione dei reati contestati all’indagato».

In definitiva, il tribunale del Riesame di Catanzaro, ritiene che «gli elementi posti alla base della misura cautelare interdittiva non appaiono univocamente volti ad affermare la gravità indiziaria, ben potendo essere letti ed interpreati in senso contrario».

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