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Boxe Popolare, in una palestra il sogno di un mondo migliore: «Qui non esistono discriminazioni» | VIDEO

Nata in un ex orfanotrofio, oggi accoglie allo stadio San Vito-Marulla persone di tutte le età e le estrazioni sociali. Gianfranco Tallarico, fondatore e tecnico: «Diamo l’opportunità a chiunque di fare attività sportiva con istruttori attenti e competenti»

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«E studia, mi raccomando». Il ragazzino con il borsone nero ha appena salutato e sta per uscire quando la voce dell’allenatore lo raggiunge vicino alla porta. Lui si gira e sorride, prova a replicare, ma ne esce sconfitto. Stavolta il match è perso: c’è un debito scolastico da recuperare e bisogna studiare. Perché lo studio è importante, la cultura è fondamentale e molto meno distante dallo sport di quanto si pensi. In una palestra così si insegna anche questo. Si suda e si cresce. Un pugno al razzismo e uno al fascismo, che qui non possono entrare. La targa all’ingresso li tiene fuori, per il resto le porte sono aperte a tutti. Lo spiega Gianfranco Tallarico, che chiarisce il significato di “popolare”. Boxe Popolare.

«È uno spazio sociale nel quale ci si può allenare senza discriminazioni». Non serve avere il fisico perfetto né il portafogli pieno: «Qui viene gente appartenente a tutti gli strati sociali, diamo l’opportunità a chiunque di fare attività sportiva con istruttori attenti e competenti. Ma popolare non è sinonimo di gratuità», sottolinea. Anche perché ci sono spese da affrontare: un affitto e le utenze.

Gli inizi in un ex orfanotrofio

Siamo allo stadio San Vito-Marulla, nei locali tra la tribuna B e la Curva Nord. La Boxe popolare di Cosenza non nasce qui, ma qui è cresciuta negli ultimi 15 anni. «Quando lo abbiamo avuto in concessione dal Comune questo spazio era grezzo, lo abbiamo attrezzato con le nostre forze economiche e le nostre energie», racconta Tallarico.

Le pareti della palestra narrano la storia di questo posto. E anche quella “prima” di questo posto. La nascita come associazione sportiva di pugilato il 6 novembre 1999, una costituzione che ufficializza un percorso già partito nell’estate 1998 all’ex Villaggio del fanciullo. Le prime attività hanno luogo nel vecchio orfanotrofio che fu casa del Gramna, lo storico centro sociale autogestito il cui nome voleva essere un omaggio alla Granma, l’imbarcazione che portò a Cuba i ribelli guidati da Fidel Castro, salvo poi scambiare le due consonanti centrali per un banale errore che divenne un felice marchio di fabbrica.

Il trasferimento allo stadio

«Abbiamo riportato il pugilato a Cosenza, che mancava dalla fine degli anni ’80», ricorda Tallarico. Un ritorno che segna un «punto importante» il 26 giugno 2004, con la prima riunione pugilistica in città. Nel 2008 l’abbandono dell’ex Villaggio del fanciullo, la cui fatiscenza minaccia l’incolumità degli occupanti, e il trasferimento allo stadio. Una serie di cartelloni zeppi di foto mostrano com’era questo luogo all’arrivo dei ragazzi della Boxe Popolare e come pian piano è stato trasformato: il prima, il durante e il dopo. Alti pannelli decorati, pezzi di una scenografia teatrale, resistono ancora in piedi al di là di una porta chiusa, in mezzo ad altra roba accatastata e a muri senza intonaco.

All’inizio era tutto così, come si vede nelle foto. Roba affastellata, sporcizia, pavimentazione da rifare. Ce n’è voluto di lavoro prima che sulle pareti spuntassero i colori accesi e quel murale di Rocky Joe dall’altra parte del ring che a chi ha vissuto gli anni ’80 fa subito scattare in testa la sigla. Che in testa rimane, assieme al tonfo dei pugni sui sacchi, dati in sincrono da una decina di ragazzine e ragazzini che saltellano sulle punte con la grazia che questo sport non ha solo per chi non la vuol vedere. “Vola come una farfalla, pungi come un’ape”: in testa arriva anche questo, e forse a suggerirlo è lo stesso Muhammad Ali che vigila da un’altra delle pareti.

Un posto per tutti

Quattro di questi atleti sono stati protagonisti alla Riunione pugilistica interregionale Lombardia-Calabria tenutasi di recente a Milano, portando a casa tre vittorie e un pareggio. Alcuni sono giovanissimi, come la ragazzina coi due codini in testa e la casacca fluorescente, che ha solo 12 anni. Ma ci sono anche gli adulti. «La nostra palestra è frequentata in modo trasversale da tanta gente», rimarca Tallarico. Di tutte le età, di tutti i generi, di tutte le estrazioni sociali.

Qui arrivano anche bambini con problemi psicofisici. «Si fanno attività grosso-motorie che consentono loro di migliorare la coordinazione e l’equilibrio, e di avvicinarsi alle attività sportive di gruppo», spiega il tecnico.

In questo senso “popolare” è per tutti. Un luogo per chiunque ne sposi la filosofia, quella del rispetto dell’altro. Perché la boxe è soprattutto questo. «È una disciplina completa, uno sport che consente di divertirsi e di mantenersi in forma», dice Tallarico. Ma nella parola “disciplina” c’è tutto un mondo, che racchiude allenamento, fatica, costanza e non solo. «Alla base c’è un modello educativo importante: si danno ai ragazzi degli strumenti che consentono loro di approcciarsi correttamente all’altro». Sul ring si impara a dosare la forza, fronteggiare gli imprevisti, a cadere e rialzarsi e, perché no, anche a tendere una mano. È la boxe, bellezza, ed è anche la vita.