‘Ndrangheta a Cosenza, «la mancanza di rispetto» degli zingari a Patitucci
Al maxiprocesso "Reset" si parla di quando il clan dei nomadi andò a fare un'estorsione a Torre Mezzo irritando così il boss
«Una mancanza di rispetto». Così ad agosto del 2020 Francesco Patitucci liquidò l’incursione estorsiva operata dal clan degli zingari in quel di Torre Mezzo. All’episodio ha fatto riferimento oggi il sostituto commissario della Squadra Mobile di Cosenza, Antonio Donato, convocato sul banco dei testimoni nell’ambito del processo “Reset“.
«Il 27 agosto del 2020 – ha affermato Donato – Patitucci convoca Alessio De Cicco e Filippo Occhiuzzo a casa sua. Vuole avere contezza della visita ricevuta dal titolare della pista dei go kart. Gli zingari erano andati lì a chiedere l’estorsione, presentandosi come “quelli di Cosenza“. E Patitucci l’aveva presa come una mancanza di rispetto. Chiese ai due di farsi promotore presso gli zingari per richiamarli al rispetto delle regole». Il giorno dopo a casa di Patitucci, si sarebbe recato Antonio Bevilacqua proprio per ricomporre la situazione.
Durante le indagini, Donato si è occupato in buona parte di intercettazioni telefoniche. «Un soggetto interessante sul quale investigare». Così il poliziotto ha definito Marco D’Alessandro che, nel contesto del crimine cosentino e rendese, è considerato dalla Dda alla stregua di un emergente. Non a caso, per lui è stato ritagliato il ruolo di contabile del gruppo Di Puppo. Il collaboratore Giuseppe Zaffonte lo indica come persona attiva nel campo della droga e delle estorsioni e proprio alle sue dichiarazioni si è richiamato Donato per introdurre l’argomento. Le indicazioni del pentito consentiranno al suo ufficio di eseguire alcune triangolazioni rilevanti. In primis, quella che porta a Francesco Strangio, il latitante reggino arrestato a Rose nel 2019.
«D’Alessandro era in contatto con Francesco Marchiotti e a quest’ultimo era intestata una delle utenze telefoniche in uso a Strangio», ha spiegato il testimone. Da quel momento, dunque, si è deciso di «implementare» le attività investigative sul conto di D’Alessandro, con una cimice piazzata nella sua auto e per il tramite di intercettazioni telematiche.
Un ulteriore accenno è stato fatto a Massimiliano D’Elia, uno degli imputati che hanno scelto il giudizio abbreviato. Uno dei capi d’imputazione che lo riguarda è quello relativo al telefono citofonico da lui detenuto mentre era in carcere. Richiamandosi sempre alle intercettazioni, Donato ha ricordato il giorno in cui D’Elia, accarezzando l’idea di ottenere un permesso per uscire dal carcere, «progettava di non farvi più ritorno. A tal riguardo, ipotizzava di andarsene a Milano, città in cui contava di avere un appoggio logistico». Dopo aver risposto alle domande del pm Corrado Cubellotti, sottoponendosi poi al controesame degli avvocati Fiorella Bozzarello, Giuseppe Malvasi, Franco Locco, Francesco Gelsomino.
In coda all’udienza è arrivata la richiesta di revoca della misura cautelare per Massimo Volpentesta, avanzata dal suo difensore Ugo Le Donne. E poi le dichiarazioni spontanee di Francesco Stola, in videocollegamento dal carcere di Lecce. Soffre di una patologia per cui, già da diversi mesi, i suoi avvocati hanno avanzato richiesta di una misura cautelare meno afflittiva, fin qui senza esito. «Sono di nuovo con le stampelle» ha detto il diretto rivolgendosi ai giudici. «Per arrivare in aula e assistere al processo devo percorrere un chilometro. Ditemi voi come devo fare». Il presidente Ciarcia lo ha rassicurato: la nuova istanza presentata dai suoi difensori è attualmente al vaglio del collegio. L’udienza in programma giovedì 8 febbraio salterà per l’astensione dalle udienze proclamata dagli avvocati. Si torna in aula il 13 febbraio.
Processo “Reset”, rito ordinario: gli imputati
- Fabrizio Abate (difeso dall’avvocato Filippo Cinnante)
- Giovanni Abruzzese (difeso dagli avvocati Giorgia Greco e Antonio Quintieri)
- Fiore Abbruzzese detto “Ninuzzo” (difeso dagli avvocati Mariarosa Bugliari e Francesco Boccia)
- Franco Abbruzzese detto “a Brezza” o “Il Cantante” (difeso dall’avvocato Antonio Quintieri)
- Rosaria Abbruzzese (difesa dagli avvocati Antonio Quintieri e Filippo Cinnante)
- Giovanni Aloise detto “mussu i ciuccio” (difeso dall’avvocato Gianpiero Calabese)
- Pierangelo Aloia (difeso dall’avvocato Giulio Tarsitano)
- Armando Antonucci detto il dottore (difeso dall’avvocato Enzo Belvedere)
- Rosina Arno (difesa dagli avvocati Luca Acciardi e Fiorella Bozzarello)
- Ariosto Artese (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Giorgio Misasi)
- Rosario Aurello (difeso dall’avvocato Ferruccio Mariani)
- Danilo Bartucci (difeso dall’avvocato Giuseppe Manna)
- Giuseppe Bartucci (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Nicola Carratelli) (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati)