giovedì,Maggio 16 2024

‘Ndrangheta a San Lucido, fra gli indagati ci sono pure i testimoni reticenti

Vittime delle intimidazioni o persone informate sui fatti che non hanno collaborato con i carabinieri, rischiano il processo per favoreggiamento mafioso

‘Ndrangheta a San Lucido, fra gli indagati ci sono pure i testimoni reticenti

Cinquantatré indagati per più di trecento capi d’imputazione in tema di estorsioni, armi e droga con due associazioni a delinquere in primo piano: una di stampo mafioso e l’altra finalizzata al narcotraffico. Sono questi in pillole i numeri e i contenuti di “Affari di famiglia”, l’inchiesta con cui la Dda di Catanzaro punta ad accertare in via giudiziaria i traffici illeciti del presunto clan Tundis-Calabria sul Tirreno cosentino, in particolare fra i centri di San Lucido e Paola. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, licenziato una settimana fa, alle imputazioni già note se ne sono aggiunte alcune raccolte in corso d’opera.

È un’aggiunta che inaugura di fatto un nuovo filone, quello dei favoreggiamenti personali aggravati dalle finalità mafiose. A inciampare in queste accuse, con la prospettiva di essere chiamati a difendersi da esse in un’aula di tribunale, sono due persone che, in tempi diversi, pur essendo in possesso di informazioni di prima mano su altrettanti episodi criminali, avrebbero omesso di riferirle alle autorità.

Il primo caso riguarda un’intimidazione ai danni di un villaggio turistico di Paola commessa nel 2019, vicenda poi archiviata per la mancata identificazione dei responsabili. Intercettando qua e là, però, i carabinieri scoprono che i loro nomi, l’incensurato Paolo C. li conosce benissimo. Sa che è stato uno «con le braccia tatuate» ed è un dettaglio che, unitamente ad altri, ha riferito al titolare dell’attività danneggiata. Purtroppo per lui, però, il 29 luglio del 2023, non si mostrerà altrettanto loquace con i magistrati che lo convocano per interrogarlo. Proprio quella scena muta lo porta oggi a un passo dall’incriminazione.

L’altro riguarda un’estorsione non andata poi a buon fine ai danni di un impresario delle pompe funebri. L’uomo ad agosto del 2019 sarebbe stato destinatario di richieste esplicite da parte di esponenti del clan: «Le cose com’erano sono rimaste», «Mi devi dire un orario e quando me li devo venire a pigliare» e infine «Compà, mi devi dire quando e dove, non che giri le spalle e te ne vai!». Ovviamente si parla di soldi da consegnare a mo’ di pizzo, ma interpellato sul punto, l’otto agosto del 2023 il diretto interessato ha negato di aver mai ricevuto chiamate estorsive. Il risultato è che anche per lui, ora, è alle porte un processo in cui dovrà difendersi dall’accusa di favoreggiamento.  

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