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Logiudice: «Il Cosenza tiene alta la bandiera della Calabria»

L’ex direttore sportivo della Juve Stabia Pasquale Logiudice racconta di quando voleva strappare Caccetta ai Lupi. «Al Cosenza manca poco per il vertice. Se il Foggia batte il Lecce…». Pasquale Logiudice è stato per tanto tempo il braccio destro di Pietro Lo Monaco. Nel Catania che teneva testa in Serie A agli squadroni del nord, lui si occupava

Logiudice: «Il Cosenza tiene alta la bandiera della Calabria»

L’ex direttore sportivo della Juve Stabia Pasquale Logiudice racconta di quando voleva strappare Caccetta ai Lupi. «Al Cosenza manca poco per il vertice. Se il Foggia batte il Lecce…».

Pasquale Logiudice è stato per tanto tempo il braccio destro di Pietro Lo Monaco. Nel Catania che teneva testa in Serie A agli squadroni del nord, lui si occupava di settore giovanile e di Serie C. Scovava talenti e indicava agli etnei la soluzione migliore per i propri giovani. Insomma, se qualche società nutriva ambizioni di vertice da Roma in giù, non poteva non avere rapporti con lui. Il Cosenza non ha mai fatto eccezione fin dai tempi in cui il ds Massimiliano Mirabelli disegnava i trionfi dei rossoblù.

Negli ultimi due anni e mezzo ha indossato i panni di direttore sportivo della Juve Stabia, costruendo a luglio una squadra in grado di primeggiare con le altre tre big del campionato. Man mano, tuttavia, i rapporti con la proprietà si sono deteriorati e nonostante le posizioni di vertice e un organico completo in ogni reparto, le Vespe hanno deciso di cambiare. Quando Logiudice ha lasciato l’incarico, i campani erano in testa alla classifica.

Logiudice, è scontato chiederle cosa sia successo.
«Ancora non è il momento di parlarne, mi spiace. Su questo argomento, no comment».

Domenica la sua vecchia squadra affronta il Cosenza. Da calabrese è un’altra realtà che conosce bene…
«E’ la compagine che sta tenendo alta la bandiera della nostra regione ed è senza dubbio quella che sta facendo meglio. Dopo una fase un po’ altalenante si è ripresa».

Ha seguito le vicende del Marulla? Che idea si è fatto dell’esonero di Roselli?
«Probabile che la società avesse voglia di cambiare, anche perché non credo che il Cosenza fosse stato allestito per il vertice. Evidentemente ci saranno stati altri motivi. Roselli è comunque un tecnico che non si discute».

C’è un allenatore di Lega Pro che può ambire alla serie A seguendo le orme di De Zerbi?
«Il problema, in generale, non è la qualità di chi siede in panchina. Il problema è riuscire a trovare una società che supporti l’allenatore e un allenatore che capisca il ruolo ricoperto e il percorso di crescita che si affronta. In giro ci sono diversi giovani validi e anche qualcuno più affermato che potrebbe far bene nella massima categoria».

Valoti è subentrato a Cerri. Il Cosenza ha provato a prendere fino alla fine Kanoute, glielo avrebbe dato?
«No. Kanoute è stato fortemente voluto e rincorso dal sottoscritto in estate. E’ finito alla Juve Stabia grazie ai rapporti con il suo procuratore (Maurizio De Rosa, ndr) e col Benevento. Ad inizio stagione erano tante le pretendenti e anche a gennaio non lo avrei mai dato via. Per quanto mi riguarda, Kanoute non è mai stato sul mercato: al massimo era l’oggetto dei desideri di qualcuno».

Ci dà un voto al livello tattico del girone C di Lega Pro?
«Resta un raggruppamento difficile. Una volta si diceva che fosse quello più agonistico, invece si è alzata l’asticella anche dal punto di vista tecnico. E’ sempre più frequente, infatti, annotare un gioco propositivo».

Degli altri gironi che può dire?
«Parma e Venezia sono squadre che, rispetto alle formazioni meridionali, vantano calciatori che si sono esibiti su palcoscenici diversi. Sia a Venezia che a Parma, tuttavia, si vive il calcio in modo differente rispetto alle nostre latitudini. Un pareggio in casa è metabolizzato in maniera soft, mentre da noi è un dramma quando non si vince davanti ai propri tifosi contro compagini di bassa classifica».

Le piace la Lega Pro a 60 squadre o preferiva quando c’era la C2?
«La C2 serviva per garantire uno step ulteriore ai giocatori intermedi, era quindi funzionale ad un processo di crescita. Oggi, appena sbagli, rischi di essere tagliato fuori e non avere una seconda chance tra i professionisti».

Foggia o Lecce, chi va in B e perché?
«Sono due grandi squadre, allestite per fare ciò che stanno facendo. Hanno piazze e società importanti alle spalle. Sulla carta pare che il Foggia vanti un calendario migliore: se dovesse vincere lo scontro diretto, metterebbe un’ipoteca sulla B».

Parlando del Cosenza, spesso ha detto che si tratta di un suo grande rammarico. Perché?
«Arrivai dall’Interregionale quando c’era Giorgi in panchina. Nel momento in cui iniziavo a ritagliarmi lo spazio, fui costretto a partire per il servizio di leva perché sbagliarono a compilare le carte militari. Anziché con la compagnia atleti, fui arruolato in quella tradizionale. La seconda volta tornai con Reja, tecnico non molto propenso a puntare sui giovani. In più la squadra andava a mille e non ero tenuto in considerazione. Mi trasferii ad Acireale, vinsi il campionato e giocai in B. Sono cose che rimangono, come la stima e la riconoscenza che ho per Cosenza: fu il primo club a puntare su di me».

In passato ha provato a strappare Caccetta ai rossoblù. Ora è a scadenza, fosse in Guarascio e Valoti lo convocherebbe per il rinnovo?
«E’ vero. Due anni fa volevo Caccetta nel mercato di riparazione: eravamo del parere che potesse essere un valore aggiunto della nostra rosa. Per me è un elemento importante, dà fisicità al reparto ed è completo. Nell’arco della stagione porta in dote diversi gol, ma non entro nel merito della questione perché ci sono un presidente e un ds che hanno sicuramente più argomenti di me. Io posso però svelare un aneddoto».

Prego, ci dica.
«Arrivai prima io del Cosenza su Caccetta (autunno 2014, ndr) e solo per un eccesso di zelo non lo misi sotto contratto. Non me la sentii perché ero alla prima esperienza con la Juve Stabia, ma col senno del poi è ovvio che l’avrei tesserato. Sia chiaro che non era in discussione la qualità, ma solo la tenuta fisica dopo l’infortunio».

Cosa manca secondo lei ai Lupi per competere per le prime piazze?
«Il Cosenza ha una buona intelaiatura. Se su questa si faranno gli interventi giusti, ritengo manchi poco».

Ha giocato a Cosenza e Catanzaro. Due città divise da un’acerrima rivalità, ma molto simili negli umori. Differenze e analogie tra Guarascio e Cosentino?
«Sono presidenti che investono soldi di tasca propria in piazze che non sono quelle di appartenenza, pertanto vanno rispettati ed encomiati. Chi fa calcio nella propria città lo fa da tifoso, mentre andare ad investire altrove è difficile».

Ci svela due calciatori da prendere per il prossimo campionato?
«Fare nomi non è mai carino, ma in Lega Pro c’è sempre da pescare. Indicai Biagianti quando militava nella Pro Vasto, poi scovai Plasmati: bisogna saper cercare».

E’ partito anche il torneo di Viareggio, l’anno venturo chi arriverà in Lega Pro dalle Primavere di A?
«I giovani forti appartengono alle solite società: Juventus, Roma, Atalanta, Empoli e di nuovo la Fiorentina con Corvino. Con queste si va quasi a botta sicura. Il problema per le squadre del Sud è che, per una serie di motivazioni, non è mai semplice convincere i talenti a cimentarsi nel girone C. Al nord, ad ogni modo, i top club operano diversamente. Sostengono investimenti importanti, come l’acquisto di calciatori stranieri pagati come elementi già affermati». (Antonio Clausi)

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