giovedì,Marzo 28 2024

Te la ricordi via Alimena?

Il tornado e la gloria sono durati tre/quattro anni al massimo. Le generazioni precedenti avevano avuto piazza Kennedy e la scalinata sotto il Due Palme. Quelle successive delocalizzeranno: piazza Undici Settembre (abbreviato in piazza 11 sugli sms di allora), il Metropolis, poi ancora Due Palme ma non dal lato della scalinata, Santa Teresa. Tra la metà

Te la ricordi via Alimena?

Il tornado e la gloria sono durati tre/quattro anni al massimo. Le generazioni precedenti avevano avuto piazza Kennedy e la scalinata sotto il Due Palme. Quelle successive delocalizzeranno: piazza Undici Settembre (abbreviato in piazza 11 sugli sms di allora), il Metropolis, poi ancora Due Palme ma non dal lato della scalinata, Santa Teresa
Tra la metà dei Novanta e i primissimi Zero cosentini, l’epicentro del sabato notte – e delle sere e tarde sere di tutti i giorni della settimana – fu via Alimena. Alimena come una famiglia storica della città, come uno dei suoi più noti studiosi del diritto penale, oggi un po’ dimenticato. Via Alimena era una pancia luminosa, un sospiro tra due larghe file di lampioni, una caccia alle panchine. I ragazzi uscivano tantissimo; soprattutto i liceali, e non solo.

A via Alimena si parlava di tutto (pure di Stefano Morrone)

Via Alimena si tagliava in lunghe vasche consecutive dove non prendevi appuntamento con nessuno, ci stava già il mondo ad accoglierti. L’unico rischio, in quella caciara, era di non vederlo passare. A via Alimena conoscevi tutto e molto per la prima volta. Fosse un bacio o una bottiglia, una rissa o una discussione, l’amicizia e la dissipazione, un’idea di comunità, un’idea di libertà. Ci scoprimmo il calcio, argomento sacro intorno ai portoni ricoperti di scritte. Due contestazioni sportive.

Una l’anno del ritorno in C: sentivi parlare di caro biglietti, di ritrovi domenica mattina ai cancelli “senza entrare”. Ma molti di noi erano troppo piccoli (compreso chi scrive), simpatizzammo senza partecipare. Più convinti due anni e mezzo dopo, quando fu ceduto a stagione in corso Stefano Morrone. Uno dei più brillanti e puliti centrocampisti della sua generazione. Raggiunse la A per qualche centinaio di partite, la nazionale, in torto, non credette abbastanza in lui, spolpandosi dopo l’avventuroso mondiale del 2006. E c’eravamo e c’erano tutti. File di motorini e bestemmie dei residenti che ad aprire un portone ci lasciavano il braccio. 

Dal ristorante cinese ai volantini per il Primo Maggio

C’era il ristorante cinese, torrido baluardo prima delle mode dell’all you can eat. Mai pienissimo, mai deserto. Ci abbeveravamo anche là e i ragazzi presero la buona abitudine di rifornirsi di Peroni e di Moretti da sessantasei, visto che all’epoca le mode si seguivano di meno e alla birra cinese non eravamo (Deo gratias) culturalmente preparati. Le tribù giovanili: skins, sharp, squatters, punx. I primi (stavolta anch’io) che portavano la giacca sopra la t-shirt con le scritte strane. Che, Mao, persino Zapata. I gruppi… ancora non c’era l’indie, si andava a scuola di post-rock. Giardini di Mirò e Sonic Youth. Gli anni di oi! e ska, mai tramontati i cantautori. A volte chitarre e cantate praticamente al lato di marciapiede dietro la questura. Ruggivano i passi sui minuscoli sampietrini stranamente piani. Belle ragazze, libri da prestarsi, finesettimana. C’era il Gramna, ancora per un po’. Volantinaggio notturno per il Primo Maggio del ’99.

Chi si incontrava in via Alimena?

Gli esami di maturità, chi la maturità non la farà, chi la perderà, chi non la troverà. Già alcuni e già troppi di quella leva non ci sono più. Sembra incredibile e tragico e sciocco. I pettegolezzi della città bene, i filarini, gli scooterini, gli svuotini. Una città di cuccioli in un mondo di adulti dove, dice un poeta dei giorni nostri, si sbagliava da professionisti. Si incontravano ragazze dei quartieri e bravi figlioli, quartierani e secchione, bella gente e cani sciolti. Andava di moda tra gli uni la pettinatura a spazzolone, lunga cresta ritta ingellata. E tra gli altri atroci frange beatlesiane (ho militato entrambe). C’erano tanti sogni di un’Italia che senza farsi vedere già arretrava, già cambiava. Li vedevi sfrigolare nell’aria arancio e chiara che s’aggrumava intorno ai balconi sotto le luminarie del Natale. Seattle, Praga, Genova.

Quella città ritornerà…

Viaggi ad Amsterdam e gite in Grecia (che per un periodo scomparvero). Ma soprattutto Loreto, Caloprese e tutta la toponomastica cittadina percorsa in una notte. Ho trovato una vecchia camicia rossa dove c’erano scritti i versi scespiriani di Romeo e Giulietta, con caratteri corsivi e palatini. Ci entro ancora. Quando capito da quelle parti a sera è vuoto o quasi, rispetto alla mareggiata spensierata, alla bolgia sfaccettata, che è stata un giorno fa o forse di meno. È la città di ieri che in noi non entra quasi più. Uscire in retromarcia dal viale ad ora tarda, schizzando in radio Sweet Jane, Giuliano Palma o improvvisando rime sghembe da una canzone del Cosenza. Poveri noi, potremmo dire con un po’ di livorosa ironia. Ci dicevamo essere l’altra faccia dell’Impero. Ma era lui che ci spingeva un po’ di più in periferia. Dove non l’aspettate e dove non si saprà, quella città ritornerà.