giovedì,Maggio 30 2024

L’omicidio di Francesco Elia: dal processo Omnia ai giorni nostri

I carabinieri lavorano a più ipotesi per ricostruire il movente che ha portato all'omicidio di Francesco Elia. Indaga la Dda di Catanzaro.

L’omicidio di Francesco Elia: dal processo Omnia ai giorni nostri

Francesco Elia, 40enne di Cassano all’Jonio, era nel mirino delle cosche di ‘ndrangheta della Sibaritide. E’ un dato di fatto, visto la fine odierna, ma è soprattutto una considerazione che lascia aperte due chiavi di lettura, già al vaglio dei carabinieri della Compagnia di Corigliano, diretta dal capitano Cesare Calascibetta. Il passato di Francesco Elia, infatti, è al centro dell’attività investigativa della Dda di Catanzaro che ha assunto il coordinamento delle indagini, considerate le modalità di stampo mafiose dell’agguato, avvenuto questa mattina, in contrada Lauropoli a Cassano all’Jonio. (LEGGI QUI)

Ecco come è stato ucciso Francesco Elia

Secondo una prima ricostruzione, Francesco Elia, al volante della Fiat Panda, e l’operaio romeno intorno alle ore 8.30 di questa mattina si stavano recando presso l’azienda agricola di famiglia, quando un’auto con a bordo, probabilmente, due persone, gli ha sbarrato la strada, sbucando dall’erba alta, lato strada. I killer sono scesi dal veicolo, trovato bruciato intorno a mezzogiorno a pochi chilometri di distanza dal luogo dell’omicidio, e hanno iniziato a scaricare i colpi di arma da fuoco contro le due vittime. Francesco Elia ha tentato di scappare, mentre il ragazzo romeno è stato rinvenuto, ancora vivo, nei pressi del lato passeggero. Il 40enne, invece, ha terminato la sua corsa dietro il portabagagli. Più di 20 i colpi ritrovati sul luogo del delitto di mafia.

Ad allertare i carabinieri della Tenenza di Cassano all’Jonio sarebbe stata la sorella di Francesco Elia che, da tanti anni, viveva a Rende insieme alla sua famiglia, composta da una moglie e da due figli. I militari dell’Arma hanno cominciato a scavare nella sua vita, raccogliendo informazioni utili. Da quanto emerge, non ci sarebbero elementi che fanno pensare a un assassinio maturato nell’ambito di uno scontro con i clan della zona, dagli zingari ai Forastefano, ma le ipotesi in campo sarebbero altre.

Il processo Omnia e l’assoluzione del 2018

Francesco Elia, infatti, nel processo Omnia, nel quale fu giudicato in abbreviato e assolto in via definitiva nel 2018, da co-imputato era divenuto, in realtà, uno degli accusatori della cosca Forastefano. Le sue dichiarazioni sono state richiamate più volte dal presidente Maria Ausilia Ferraro, componente del collegio giudicate della seconda sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro. Parole, quelle di Francesco Elia, che erano state utilizzate dall’accusa, rappresentata all’epoca dall’attuale procuratore aggiunto di Cosenza, Marisa Manzini, per giungere alla condanna di tutti gli esponenti più importanti dei Forastefano. Propalazioni entrate nel processo ordinario che ha determinato l’esistenza della cosca nel territorio di Cassano all’Jonio.

La Corte di Cassazione, l’11 ottobre del 2016, aveva annullato con rinvio la condanna a due anni di reclusione per associazione mafiosa contestata proprio a Francesco Elia che, nel corso delle udienze rese in istruttoria dibattimentale, aveva fatto intendere di essere stato costretto a cedere ai “ricatti” dei Forastefano, interessati anche a truffare l’Inps. Qualche anno dopo, tuttavia, arriva la sentenza d’assoluzione.

Il figlio del boss trucidato come il padre

Agli investigatori, tuttavia, non è passato inosservato che Francesco Elia sia stato ucciso come il padre Alfredo, ammazzato nel 1992 ai Laghi di Sibari, quando era in compagnia di Schifini. Per questo duplice omicidio, la giustizia aveva condannato in primo grado Leonardo Portoraro, poi assolto in secondo e terzo grado, dall’accusa di essere il mandante, ma condannato per il reato di tipo associativo. I carabinieri, quindi, intendono approfondire tutte le strade possibili affinché si faccia luce sull’omicidio di Francesco Elia, quarta vittima di ‘ndrangheta degli ultimi due anni (dopo Leonardo Portoraro, Francesco Romano e Pietro Greco). In chiusura, apprendiamo che le condizioni del romeno, ora ricoverato presso l’ospedale di Cosenza, restano gravi.

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