giovedì,Maggio 16 2024

L’intervista. Zuccatelli lascia l’Asp: «Dalla Calabria non me ne vado»

Il commissario Giuseppe Zuccatelli, dimessosi dall'Asp di Cosenza, resta al timone di Mater Domini e Pugliese Ciaccio. La nostra intervista.

L’intervista. Zuccatelli lascia l’Asp: «Dalla Calabria non me ne vado»

Giuseppe Zuccatelli, lascia ma non molla. La poltrona da stasera vuota è quella dell’Asp di Cosenza. Eppure non è un addio a sorpresa, anche perché la targhetta nel suo ufficio diceva: commissario ad interim. Un interim molto lungo, anticipato da una scarica di bufere, durato quattro mesi e pepato da una pandemia. Oggi le dimissioni. «Resto in Calabria, ho dovuto tutelare gli atti assunti fino ad oggi che rischiavano di essere dichiarati illegittimi, tutto qui. Ho voluto proteggere delle persone che altrimenti ci sarebbero andate di mezzo».

Quindi non sono prove tecniche di un trasloco definitivo?

«Macché, io ero commissario ad interim, non s’è mai visto visto un interim di quattro mesi».

Be’, c’è stata anche una bella emergenza sanitaria in mezzo.

«Non c’entra niente la pandemia. In Calabria ci sono venti malati in tutta la regione, le Rianimazioni sono mezze vuote. Il problema è che quando il manico non c’è, le cose non girano».

Qualcuno ha preso tempo, perché?

«Non lo so lo. Il mio incarico doveva durare quindici giorni al massimo, non di più. Non si può lasciare qualcuno ad interim per così tanto tempo, l’interim serve a dare il tempo tecnico di nominare un nuovo commissario».

E invece...

«E invece il buon Sapia e i 5 Stelle hanno pensato bene di fare un’interrogazione parlamentare».

Si è dimesso per difendere il suo operato insomma.

«Ho tutelato gli atti assunti fino ad oggi».

Ma non è né un addio né un arrivederci.

«Resto al Pugliese-Ciaccio e al Mater Domini. C’è un solo modo per farmi lasciare questi due incarichi: la Santelli deve fare le nomine dei direttori generali, così andrebbero a cadere tutti i commissari straordinari».

E chi prenderà il suo posto?

«Non ne ho la più pallida idea».

In questi quattro mesi molte sue decisioni sono state piuttosto chiacchierate.

«Non mi pento di nulla, ho fatto molte cose e trovato un mare di brava gente e professionisti che avevano voglia di fare bene. Io ho preso l’incarico il 19 febbraio, il giorno dopo a Codogno è esploso il primo caso di contagio. È stata una fase delicata e difficile. Ora il rischio che venisse annullato tutto il mio lavoro era troppo alto. Qualche giorno fa ho fatto un atto che riguarda molti precari, ho temuto che temporeggiare oltremodo avrebbe potuto causare danni ad altre persone e non è giusto».

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