giovedì,Maggio 23 2024

Forum in redazione con i due attivisti. «La richiesta di sorveglianza speciale sarà un boomerang»

Simone Guglielmelli e Jessica Cosenza, i sindacalisti nell'occhio del ciclone, ospiti di Cosenza Channel. «Chi siamo, cosa facciamo, cosa sogniamo»

Forum in redazione con i due attivisti. «La richiesta di sorveglianza speciale sarà un boomerang»

Lavoro e impegno contro lo sfruttamento, lotta per la casa, sviluppo delle strutture di socializzazione e inclusione, assistenza per i diritti civili e di genere, supporto per i migranti. Le attività dei due sindacalisti dell’USB, per i quali la Questura di Cosenza ha chiesto la sorveglianza speciale, sono queste. Simone GuglielmelliJessica Cosenza sono anche studenti universitari ed è sostanzialmente da lì che parte il loro fervore politico. Ospiti della redazione di Cosenza Channel, in un forum hanno spiegato chi sono, cosa fanno e cosa sognano. L’incubo che vivono, però, prova le loro voci. Non i loro sguardi. Il conflitto sociale in essere non tocca più classi circoscritte (l’operario, lo studente, il bracciante), ma tumultuose quanto eterogenee aggregazioni di cittadini. 

Fate politica?
«E’ un modo alto di intenderla, il nostro. Ci ha mosso sempre l’interesse nel denunciare la mancanza atavica di diritti in Calabria, una delle regioni più povere d’Europa. Ci siamo impegnati di recente con l’Unione Sindacale di Base perché ci sembra lo strumento più adatto alle rivendicazioni che i lavoratori e gli sfruttati vogliono portare avanti».

Avete riscontrato un incremento di iscritti?
«Assolutamente, ma il dato in crescita deriva dalla presenza costante della nostra federazione sul territorio».

Nei comunicati e nelle precedenti dichiarazioni avete parlato di un fastidio generato dalle vostre azioni. Esempi?
«Anziché lamentarci al bar del dovere aspettare sei mesi per una visita medica, nonostante il diritto a sostenerla gratis, lo abbiamo urlato pubblicamente. Abbiamo traslato la discussione da un campo silente ad uno politico facendo nomi, cognomi e attribuendo responsabilità. Le colpe, nella fattispecie, vanno date all’amministrazione regionale, ai commissari e al Governo nazionale. È la stessa tipologia usata nelle lotte per la casa: non ci siamo nascosti dietro un dito. Se le case popolari non vengono assegnate o vengono assegnate in un determinato modo, c’è una volontà. E dietro essa persone in carne e ossa che decidono».

Avete parlato di un orientamento “politico” commentando la richiesta di sorveglianza speciale. Se fosse vero, non ritenete che sia stato un boomerang per le Istituzioni una presa di posizione così netta dell’opinione pubblica? L’eco mediatica, del resto, ha amplificato l’attenzione per i vostri temi.
«Il boomerang si è creato perché abbiamo chiesto solidarietà e impegno a forze distanti ideologicamente da noi. Hanno risposto il Movimento Cinque Stelle, consiglieri regionali e comunali del Partito Democratico, il presidente dell’Anci Calabria Manna: persone e movimenti con cui c’è una netta distanza. Ma chi ha preso parola e chi lo farà riteniamo abbia contezza che in gioco ci sia un attacco alla libertà».

Ciò che fate comporta dei risvolti. Ne siete consapevoli?
«Sì, certo. Abbiamo dei carichi pendenti legati alle occupazioni per il diritto alla casa, ma in generale riguardano la nostra attività sebbene siano arrivate delle assoluzioni a riguardo. La richiesta di sorveglianza speciale, però, esula da tutto. È una misura che si riserva ai mafiosi, ecco perché è inaccettabile».

Cosa avete provato nel prendere atto della richiesta da parte della Questura di Cosenza?
«Siamo caduti nello sconforto, è innegabile. In passato ci siamo sostituti dalle Istituzioni nel combattere discriminazioni e violenze di genere, per ritrovarci poi attaccati dalle stesse Istituzioni come se fossimo noi il problema. Non siamo quelli che descrivono e ritengo che lo sappiano bene».

Prendocasa ha aperto un varco, avvertite più supporto o resistenze in città?
«Partiamo dal presupposto che viviamo in una terra dove la rassegnazione è un sentimento radicato. Ciò comporta difficoltà oggettive alla mobilitazione, ma alcune battaglie hanno sortito effetti insperati».

Tipo?
«Quella per la sanità pubblica ha avuto clamore in tutta Italia. Manifestazioni con migliaia di persone in zona rossa erano il grido d’allarme di un popolo. Possiamo riassumere dicendo che avvertiamo il sostegno, ma non è facile tradurlo sempre in una partecipazione fisica in piazza».

Le avversioni maggiori da dove derivano?
«Da pezzi della città che hanno a cuore il fatto che nulla si muova».  

Il Collettivo Fem.In. è in prima linea per un upgrade culturale. Con cosa si scontra?
«Con la discriminazione e gli stereotipi che viviamo sulla nostra pelle come tutte le altre persone che risiedono in Calabria. È una lingua che conosciamo, pertanto. Abbiamo una comunicazione chiara e, senza divagare, siamo entrati nei discorsi delle persone. Il problema è che alcuni concetti sono così radicati che vengono insegnati a scuola e l’educazione tradizionale è funzionale al mantenimento dello status quo. Spaziamo dal campo universitario a quello della sanità pubblica con i consultori, ma non solo. Sulla questione di genere abbiamo tenuto delle assemblee nelle scuole, al Telesio e allo Scorza».

Quanto via aiutano i social?
«La comunicazione istantanea favorisce il dibattito, fare i duri e puri sostenendo che i media siano il male assoluto è sbagliato. I social, nel caso specifico, servono non tanto in tema di mobilitazione ma di opinione pubblica».

Cosa dicono i vostri avvocati?
«Praticano il silenzio, ma leggendo le carte sono esterrefatti. Dovranno presentare delle memorie e su quelle il giudice si esprimerà senza che si passi da alcun grado di giudizio».

Avete il supporto delle famiglie?
«Sì, sanno che siamo nel giusto. La vivono male perché avvertono la nostra mancanza di tranquillità, ma condividono il percorso ed erano per certi versi anche abituati, considerati i vecchi procedimenti».

Ritenete di essere dei simboli? Se sì, di cosa?
«Riteniamo di essere persone impegnate, vittime di ingiustizia». 
(Hanno partecipato al forum anche Pier Paolo Cambareri, Alessia Principe e Mariassunta Veneziano)