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Franco Bruzzese, rivelazioni sull’omicidio di Massimo Speranza e sulla droga presa a Cetraro

Il pentito ex capo degli "zingari" di Cosenza ha testimoniato a Reset, svelando nuovi dettagli su un omicidio commesso nella Sibaritide. Il collaboratore ha anche parlato degli italiani e della nascita della confederazione

Franco Bruzzese, rivelazioni sull’omicidio di Massimo Speranza e sulla droga presa a Cetraro

Nuova udienza dibattimentale del processo Reset, in corso di svolgimento a Lamezia Terme. Nella giornata di oggi, l’aula bunker ha ospitato la testimonianza dell’ex boss del clan “Rango-zingari” di Cosenza, Franco Bruzzese. Parliamo del mandante dell’omicidio di Luca Bruni. Bruzzese si è pentito nel febbraio 2016, svelando ulteriori dettagli sul delitto di mafia commesso materialmente da Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti.

«I Bruni erano una famiglia sfortunata»

All’inizio dell’esame, il collaboratore di giustizia Franco Bruzzese ha ripercorso la sua vita criminale. Dai primi componenti del clan degli “zingari” alla fusione con la cosca Bruni “Bella bella”. «Non volevo questo accordo perché ritenevo che fossero una famiglia sfortunata, ma Carlo Lamanna mi convinse a sugellare questa intesa» ha detto Bruzzese. A Cosenza in quegli anni «c’era anche il clan Lanzino-Ruà-Patitucci. Ruà nonostante fosse in carcere, faceva parte sempre dell’associazione» ha dichiarato il pentito.

Secondo quanto appreso da Bruzzese, nel gruppo degli italiani c’erano «Lanzino, Patitucci, i fratelli Michele, Umberto e Giovanni Di Puppo, i Chirillo, un certo Max di cui non ricordo il nome e il cognome, Franco Presta, Antonio Presta, Roberto Presta, insomma quelli di Tarsia». Con gli italiani «avevamo sempre un quieto vivere, quando facevamo gli assalti ai furgoni blindati volevano avere somme di denaro ma non abbiamo ceduto. C’è stata qualche scaramuccia, ma poi la situazione si è risolta».

Poi c’è stata la fase degli omicidi, dall’uccisione di Benito Aldo Chiodo a quello di Luciano Martello. Fino ad arrivare all’assassinio di Francesco Marincolo. Bruzzese ha parlato velatamente anche dei casi di “lupara bianca”, ma senza entrare nel dettaglio.

La nascita della confederazione (secondo il pentito)

Il discorso poi si sposta sulla presunta confederazione: «Nel 2011 esco di carcere e incontro Patitucci, devo dire che Michele Bruni aveva già tentato di fare questa cosa, ma fu arrestato. Ci stringemmo la mano con Lanzino e siglammo questo accordo. All’incontro c’erano Lanzino, Patitucci, Superbo, Porcaro e un ragazzino che non ricordo come si chiama. Dalla parte nostra c’eravamo io e Maurizio Rango«. Il summit di mafia avvenne in un sottoscala di un palazzo di fronte lo stadio “Lorenzon” di Rende. «L’accordo prevedeva di suddividere i proventi illeciti al 50 per cento, ma Lanzino con Umberto Di Puppo mi mandò a dire che la percentuale degli italiani doveva essere più alta perché loro avevano più detenuti da sostenere in carcere”.

Il presunto contabile degli “zingari”

Il presunto contabile degli “zingari” «era Ettore Sottile, si occupava lui di tutto. Le nostre attività erano rivolte alla droga, alle estorsioni. Quindi tutta la “bacinella” era nelle mani di Sottile». Le domande del pm Cubellotti poi sono state indirizzate sul traffico di droga: “Quando esco dal carcere nel 2011, trovo Rango, Sottile e Gennaro Presta liberi in strada. Mi attivai quindi per far arrivare “fumo” a Cosenza da Napoli. Con la fusione prendevamo la droga grazie a Umberto Di Puppo, Ettore Sottile dal clan “Muto” di Cetraro. Lo stupefacente veniva spacciato nell’hinterland cosentino».

L’omicidio di Luca Bruni

Nel 2012, precisamente il 3 gennaio, viene commesso l’omicidio di Luca Bruni: «Mentre ero in carcere ad Avellino, mi arriva una lettera di Carlo Lamanna dicendomi che sia Luca che Michele si stavano comportando male, aggiungendo che volevano collaborare con la giustizia. Io dissi “vedete voi“. Tramite l’ufficio dell’avvocato Manna, mi mandò un fascicolo dove si capiva che Luca Bruni voleva pentirsi. Michele in quel periodo morì in carcere».

Franco Bruzzese torna in libertà a settembre del 2011 e inizia tutta la fase preparatoria. «Vado a casa, esce anche Daniele Lamanna al quale dico che il fratello mi aveva mandato una lettera contro Luca. Gli feci vedere anche le intercettazioni e gli dissi di andare da Carlo a colloquio, ricordandogli che se c’era qualche problema doveva vederselo lui». Alla fine ho dovuto organizzare tutto io, facendo più riunioni alle quali c’erano i fratelli Abbruzzese, partecipavano assiduamente Luigi e Marco, Ettore Sottile, Daniele Lamanna e Maurizio Rango». Si stabilì quindi che doveva essere ucciso. «Facemmo un’altra riunione con gli italiani e anche Lanzino diede il suo assenso».

Le estorsioni

Sul fronte delle estorsioni, «avevo un rapporto diretto con Francesco Patitucci e Michele Di Puppo. Andai a casa di Patitucci il quale mi consegnò una lista di persone che erano già sottoposte al “pizzo” da parte degli italiani. Consegnai questa lista ad Adolfo Foggetti, Luciano Impieri, Gennaro Presta, Maurizio Rango ed Ettore Sottile. Avevano tutti una doppia funzione: droga ed estorsioni». Il periodo di cui parla Bruzzese “era la fase in cui Patitucci ricopriva il ruolo di “reggente” del clan “Lanzino”. Io ero il vertice del clan degli “zingari” visto che mio fratello Giovanni era in carcere”.

La dote del “Padrino”

Franco Bruzzese ha poi raccontato di aver ricevuto “doti di ‘ndrangheta” dall’inizio del Duemila in poi. «Una l’ho presa anche a casa di Attanasio, quando vennero quelli di Isola Capo Rizzuto, gli Arena. Nel 2013, Patitucci, Mario Gatto e un altro di Reggio Calabria mi conferirono la dote di “Padrino“. Il pm antimafia ha chiesto inoltre se Bruzzese conoscesse Adolfo D’Ambrosio: «Non ho mai avuto a che fare con lui, ma Patitucci mi diceva che si occupava delle estorsioni per il clan degli italiani. Conosco anche Massimo, il fratello, che è stato con me in cella, ma non ho avuto rapporti con lui».

La pubblica accusa è andata poi in rassegna: «Conosco Salvatore Sasà Ariello da quando eravamo ragazzini, ma non ho avuto rapporti diretti. So che faceva parte del gruppo Lanzino-Patitucci, quello che faceva lo sapevamo loro». Dell’attuale assessore comunale Francesco De Cicco, Franco Bruzzese ha detto: «So che è un politico, ma se lo vedo neanche lo conosco» facendo riferendo al fatto che gli italiani avevano investito dei soldi nella sua attività di ricevitoria e scommesse.

La nuova rivelazione su Franco Abbruzzese “A Brezza”

Nella famiglia Abbruzzese “Banana” erano attivi, criminalmente parlando, i cosentini «Luigi e Marco, gli altri fratelli so che lavoravano, come Claudio e Franco, detta “A brezza“. Loro si occupavano dello spaccio dell’eroina». Il canale di rifornimento «per quanto ne so io, la prendevano a Reggio Calabria, ma non so dove perché non mi sono mai interessato». Tornando a Franco Abbruzzese “A Brezza”, il pentito ha ribadito di non aver avuto rapporti diretti. Anche se un attimo dopo, Bruzzese ha precisato che «sono a conoscenza del fatto che lui ha portato Massimo Speranza a Cassano che poi è stato ucciso».

Le altre posizioni

«Mario Perri si occupava delle estorsioni con Sergio Del Popolo alla fiera di San Giuseppe. La “raccolta” la faceva per conto mio ma portava i soldi a Rango, Perri non sapeva chi fossi» ha aggiunto il pentito. «Con Michele Di Puppo so da sempre che fa parte del clan Lanzino di Cosenza» ha chiarito Bruzzese, rispondendo a una domanda del pm Cubellotti. «Porcaro? Accompagnava sempre Patitucci, con lui abbiamo fatto diverse riunioni» ha dichiarato l’ex capo degli “zingari” di Cosenza.

«Conosco anche Gianluca Maestri, da quando è nato. Ha fatto parte sempre della nostra associazione, nel 2002-2003 ha avuto anche modo di fare rapine ai furgoni portavalori, poi si è occupato di droga ed estorsioni fino a quando c’ero io». E ancora: “Francesco Casella? Se è quello che aveva lo “scasso” so chi è. Era addentrato nella cosca Lanzino, lo so perchè all’epoca quando c’erano disguidi gli italiani utilizzavano il ferro vecchio per nascondere le macchine utilizzate per compiere attività delittuose. Il cantiere era prima della polizia stradale, anche se rapporti diretti con Casella non ne ho avuto». Bruzzese ha poi precisato che si riferiva al 2001-2002. Dal 2011 in poi non ha avuto alcuna notizia sull’imputato.

Dal “Corvo” a Piromallo”, parla il pentito

«Superbo faceva parte del gruppo degli italiani, so che si occupava della latitanza di Lanzino, di estorsioni. In riferimento alla riunione di Rende, ricordo che mi accompagnò lui a casa». Bruzzese ha parlato anche di Oscar Fuoco e di Fusinato, proprietario del Boowling, al quale «facemmo un’estorsione di 50mila euro insieme a Rango e Patitucci». Franco Bruzzese ha dichiarato di conoscere anche altri imputati di Reset, come «Cosimo Bevilacqua, il Corvo, era una persona che poteva stare all’apice della nostra situazione, quando noi eravamo in carcere». E tanti altri nomi, come Ivan e Mario Trinni. «Ma a livello criminale non ho mai avuto a che fare con loro, so che Ivan si occupava di cooperative».

«Mario Piromallo lo conosco bene, andai a casa sua con Maurizio Rango, non ricordo se per un motivo relativo alla droga o ad un’estorsione. Piromallo si è sempre occupato di cocaina» ha proseguito Franco Bruzzese che in seguito ha detto che «Rosanna Garofalo, moglie all’epoca di Patitucci, non era presente nei nostri discorsi criminali». Infine, su Andrea Greco: «Prima del 2001, si avvicinò a me, accompagnandomi diverse volte in Puglia, poi ha avuto a che fare con i Banana».

Il controesame di Franco Bruzzese

L’avvocato Gianpiero Calabrese, difensore di Mario Perri, ha iniziato il controesame delle difese. «Mi disse Maurizio Rango, ma lo vedevo anche dalla finestra di casa mia che andava da lui. L’anno di riferimento era il 2012, quando ero latitante». A seguire l’avvocato Maria Rosa Bugliari, difensore di Antonio Abruzzese, alias “Strusciatappine“: «L’interessamento per gli appalti era prima del 2011, io ero detenuto e le cose me le riferiva Maurizio Rango, spiegandomi che Strusciatappine era favorito da Fuoco». E ha aggiunto Franco Bruzzese: «Con Strusciatappine i rapporti erano a fasi alterne, a volte buoni e a volte no».

Terzo controesame dell’avvocato Nicola Rendace: «Ultimi rapporti con Luigi Berlingieri? Risalgono a prima dell’arresto in Puglia. Poi i contatti non sono stati frequenti, perché quando gli conveniva ci stava con noi, mentre in altri invece se ne andava a Milano e stava lì e non gli andava di fare le cose». Poi è stata la volta dell’avvocato Filippo Cinnante. «Leonardo Bevilacqua? Quello che abitava nella zone di Castrovillari, che era stato coinvolto negli assalti ai furgono portavalori». Poi focus su Oscar Fuoco, a cui fu messa una pistola in bocca: «Rango purtroppo ha la mania di essere troppo irruento, per questo fatto mi sono arrabbiato. Non sono modi per poter ottenere qualcosa». Bruzzese ha poi svelato altre cose su Fuoco: «Abitavo in via Popilia, dovevo fare un balconcino e chiamai a lui per farmi inviare gli operai del comune ma in realtà il lavoro fu fatto da un altro con i soldi che mi aveva dato Fuoco».

Da Presta a Casella

È intervenuto anche l’avvocato Franco Locco, il quale ha contestato la dichiarazione resa oggi in udienza. «Nel primo verbale del 5 marzo 2016 non ha mai menzionato i Presta» ha detto il legale. «Alla riunione non c’era nessuno dei Presta, e Lanzino mi diceva che aveva avuto dei problemi, di persona però non l’ho mai conosciuto. Antonio Presta l’ho visto qualche volta in carcere, ma conosciuto direttamente no». E ancora, l’avvocato Fabio Bonofiglio, difensore di Francesco Casella. «Favoriva la cosca Lanzino, assumendo qualcuno di loro, come Rinaldo Gentile e se non ricordo male anche Chiodo. Poi ricordo Gatto. I miei cugini, sia Antonio Abbruzzese che Fiore Abbruzzese detto Nino, dicevano che apparteneva alla cosca degli italiani». Il pentito ha poi avuto uno scontro verbale con il legale. Il presidente Ciarcia ha invitato Bruzzese ad abbassare i toni.

Sempre per la posizione di Casella, ha posto domande l’avvocato Vincenzo Guglielmo Belvedere: «Con lui – ha detto il pentito – non ho mai parlato di reati». «Casella associato del gruppo Banana? Che ne sappia io no. Lanzino? Altre cose di Casella non ne so, se parliamo del 2011-2012 Casella non esiste proprio». Infine, le ultime domande in controesame: «Mio fratello Giovanni (Abruzzese, ndr) è detenuto dal 2005, periodo in cui andò al 41 bis, saranno 17-18 anni che è lì» ha risposto Bruzzese all’avvocato Giorgia Greco.

La rapina a Croce di Magara

In conclusione l’avvocato Antonio Quintieri, il quale ha posto domande specifiche su una rapina commessa dagli “zingari” a Croce di Magara, che avrebbe fruttato 600 milioni delle vecchie lire. «Non abbiamo dato niente a nessuno, con gli italiani c’erano buoni rapporti». «Con Fiore Abbruzzese siamo cugini, i nostri rapporti sono stati sempre buoni, si sono incrinati dopo la mia collaborazione» ha aggiunto Franco Bruzzese. «Del Popolo ha sempre gravitato nella malavita, che ricordi io gestiva i soldi ad usura miei e di mio fratello. Micetto? Non è mio nipote, non so se abbia prestato soldi ad usura a Del Popolo, non se abbia subito in seguito aggressioni» e ha specificato di non averlo visto «raccogliere soldi alle bancarelle» ma di ricordarsi che vendeva alberi di natale. Durante il controesame, è stato toccato anche l’argomento della strage di via Popilia, dove Bruzzese ha riferito che l’auto utilizzata era un’altra rispetto alla famosa Lancia Thema.

Nel Riesame, Franco Bruzzese ha precisato che «solo Rango sapeva dove fossi nel periodo della latitanza». Il tribunale ha poi concluso l’udienza con una domanda sul caso di Fuoco. In chiusura di udienza, il pentito ha inteso sollecitare il pm Cubellotti su un fatto che riguarda la sua famiglia, forse oggetto di minacce.

Processo “Reset”, rito ordinario: gli imputati

  • Fabrizio Abate (difeso dall’avvocato Filippo Cinnante)
  • Giovanni Abruzzese (difeso dagli avvocati Giorgia Greco e Antonio Quintieri)
  • Fiore Abbruzzese detto “Ninuzzo” (difeso dagli avvocati Mariarosa Bugliari e Antonio Quintieri)
  • Franco Abbruzzese detto “a Brezza” o “Il Cantante” (difeso dall’avvocato Antonio Quintieri)
  • Rosaria Abbruzzese (difesa dagli avvocati Antonio Quintieri e Filippo Cinnante)
  • Giovanni Aloise detto “mussu i ciuccio” (difeso dall’avvocato Gianpiero Calabese)
  • Pierangelo Aloia (difeso dall’avvocato Giulio Tarsitano)
  • Armando Antonucci detto il dottore (difeso dall’avvocato Enzo Belvedere)
  • Rosina Arno (difesa dagli avvocati Luca Acciardi e Fiorella Bozzarello)
  • Ariosto Artese (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Giorgio Misasi)
  • Rosario Aurello (difeso dall’avvocato Ferruccio Mariani)
  • Danilo Bartucci (difeso dall’avvocato Giuseppe Manna)
  • Giuseppe Bartucci (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Nicola Carratelli) (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati)

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