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Mirabelli, il cosentino che segnò a Wembley: «Lupi, basta soffrire»

Vive in Veneto da più di trent'anni, ma il suo legame con la città e i rossoblù è tutt'altro che affievolito. Ecco il suo racconto: «Sono partito da via Popilia tra mille difficoltà, il calcio è stato il mio riscatto»

Mirabelli, il cosentino che segnò a Wembley: «Lupi, basta soffrire»

È ormai via da Cosenza da più di trent’anni: precisamente da trentatré è impiantato a Mestre. Ma il suo legame con la città e con i colori rossoblù è tutt’altro che affievolito. Walter Mirabelli vive ormai dal 1988 in Veneto. Arrivò da quelle parti dal Taranto. La sua avventura con la maglia degli arancioneroverdi del Venezia non fu fortunatissima sotto il punto di vista sportivo, ma lo fu per aspetti ben più importanti. Lì Mirabelli conobbe sua moglie. Lì Mirabelli si è sistemato ed ha messo su famiglia. Lì sono nati i suoi tre figli.

Le origini di Walter Mirabelli. Da Via Popilia con orgoglio

Walter Mirabelli però nasce a Cosenza nel 1968. La sua storia parte da Via Popilia: «Sono un popiliano doc – dice -. Fiero di esserlo. Provengo da una famiglia numerosissima e umile. Siamo 10 fratelli. Molte scelte nella mia carriera, non lo nego, sono state dettate dal fattore economico. Troppo grande il ricordo degli stenti che la mia famiglia ha dovuto passare quando io ero piccolo. Ho provato a far sì che questo non accadesse mai più». Erano anni nei quali, purtroppo, si veniva marchiati troppo in fretta se provenivi da certi posti: «Solo chi ha vissuto quel quartiere in quegli anni sa che cosa significa. Era un quartiere difficile, certo. Ma c’erano dei valori autentici, che grazie a Dio sono rimasti inalterati nel tempo. E quelli che sono stati amici d’infanzia so che lo saranno per sempre. Come Sergio Crocco, che ringrazio anche pubblicamente per la stima nei miei confronti che ha dimostrato recentemente. Quello che ho fatto io è stato solo giocare a calcio. Quello che ha fatto lui con “La Terra di Piero” è qualcosa di molto molto più grande».

La maglia del Cosenza tra mille difficoltà

Un talento cristallino che negli anni lo ha portato ad affermarsi in tante città come ci racconterà tra poco. Ma la partenza è stata tutt’altro che facile: «Il calcio è stato il mio riscatto. Sotto tanti punti di vista. Sono arrivato tra i grandi dopo gli anni con i ragazzi, allenato da Franco Gagliardi. Essendo cosentino, non era semplice gestire la pressione nei miei anni in prima squadra con i lupi. Sono stati tre anni nei quali ho dovuto combattere con tante voci anche cattive, invidie che facevano male a me ed alla mia famiglia. Quando la squadra non andava bene io sentivo la responsabilità il doppio degli altri. Appena c’è stata la possibilità di andare via, al Taranto, ho preso l’occasione al volo e l’ho fatto. Anche perché – spiega Walter Mirabelli – la società, Ranzani in particolare, vista l’ottima offerta ricevuta, mi ha spinto ad andare via. Mi è dispiaciuto solo perché è stato proprio l’anno che si è vinto il campionato con Di Marzio».

Licata il punto di svolta di Walter Mirabelli

Walter Mirabelli nel 1987 ha 19 anni. Gioca tre anni così così tra Taranto, Venezia e Rimini. Esperienze nelle quali segna soltanto 4 reti. La sua carriera cambia nel 1990. A chiamare il calciatore cosentino è il Licata, appena retrocesso dalla Serie B che in panchina ha ingaggiato Fausto Silipo. «Dopo il Rimini, anno nel quale avevo segnato soltanto due gol, ho sul tavolo l’offerta dell’Arezzo e quella del Licata. La presenza di Silipo fu determinante. Mi dice che sarei stato messo nelle migliori condizioni possibili per fare bene. Che avrei dovuto pensare soltanto al calcio. Mi convinco e vado. Ed è stata la scelta migliore che potessi fare. Segno 12 gol e finalmente riesco a fare quello che sapevo fosse nelle mie corde, ma non ero ancora riuscito a dimostrare da nessuna parte».

Il treno Foggia, la scelta Como

L’estate del 1991 c’è la fila a far la corte al Licata: «Ma io non volevo andarmene. Sono uno che si lega molto alle squadre ed ai posti, soprattutto quando sto bene. Il presidente del Licata, così come fece il direttore Ranzani a Cosenza, mi costringe quasi ad accettare Como, visto che il mio cartellino gli avrebbe fruttato un’ottima cifra tra le altre cose. Avevo la possibilità di andare a Foggia, in Serie A con Zeman, ma il Como offriva un triennale con un progetto nel quale sarei stato protagonista Ed anche se era in Serie C, vado in Lombardia». Scelta di vita della quale Mirabelli non si pente: «Sono arrivato in città direttamente in auto dopo un viaggio lunghissimo e quando ho visto il lago mi sembrava il Paradiso. La squadra in quegli anni era una specie di succursale del Milan. Venivano mandati a Como tutti i migliori prospetti dei rossoneri come Cappellini o Dionigi. Loro si esaltavano a giocare con me visti i tanti gol che gli facevo fare. E con la maglia del Como ho vissuto tre anni bellissimi. Conservo ancora a casa lo striscione che mi fecero: “Gli amici del Walter”. E poi da quelle parti chiusi in bellezza. Il terzo anno, con Tardelli in panchina, vincemmo i play-off e salimmo in B».

Ascoli ed il gol a Wembley di Walter Mirabelli

A novembre del 1994 è tempo di cambiare aria. Il Como lo scambia con l’Ascoli. Mirabelli nelle Marche e l’ex juventino Galia in Lombardia. I bianconeri mettono sul piatto un biennale ad ottime cifre: «Sono arrivato a novembre. Un mese dopo è venuto a mancare il Presidentissimo Rozzi ed io avevo grandi problemi alla schiena. In campionato andiamo malissimo nonostante una grande squadra nella quale il mio compagno di reparto era Bierhoff. Personalmente i malanni fisici mi condizionano terribilmente. Non segno nemmeno un gol ed a fine anno retrocediamo con i tifosi che mi lincerebbero volentieri. L’unica grande soddisfazione è stato il gol a Wembley nella finale del torneo anglo-italiano. Giochiamo contro il Notts County. Segno la rete del momentaneo pareggio. Un’emozione incredibile. Giocare nel tempio del calcio e lasciare il segno è un qualcosa che se ci penso ancora oggi mi vengono i brividi. Per arrivare in campo dagli spogliatoi, immensi, dovevi camminare tantissimo. Sembrava un percorso infinito. Peccato non aver alzato la coppa». L’Ascoli va in C e Mirabelli pensa di andare via. Decide di concedersi però ancora qualche mese nelle Marche e se le cose non fossero andate per il verso giusto, trovare una nuova squadra nel mercato di novembre: «Scendo a Cosenza e mi affido completamente alle cure del dott. Costabile dopo essermi operato alla schiena. Vengo rimesso a nuovo dopo un mese di sofferenze per recuperare al meglio. Torno ad Ascoli e mi sento rinato. A novembre ho già segnato 10 reti. Arriviamo quarti e perdiamo la finale dei play-off per tornare in B ai rigori contro il Castel di Sangro. Io segno alla fine 22 gol e sono il capocannoniere del campionato. Ancora oggi ad Ascoli, quando mi capita di andare, sono travolto dall’affetto della gente e dei tifosi. Una sensazione bellissima rimasta intatta negli anni».

Gli anni di Cremona ed il richiamo di Cosenza

Nell’estate del 1996, Mirabelli, nel pieno della sua carriera, viene ingaggiato dalla Cremonese in Serie B. Anche qui il progetto è di provare a fare bene, ma la realtà è un’altra: «La squadra sulla carta è forte. In campo però succede quello che già avevo vissuto ad Ascoli. Non si riesce a rendere per quello che sarebbe il nostro reale valore. Veniamo a Cosenza a giocare, era la mia seconda volta da avversario dei lupi dopo averlo fatto due anni prima con l’Ascoli (capiterà anche una terza, sempre con la maglia della Cremonese due anni dopo, ndr). Segno il gol del momentaneo pareggio. Ma i tifosi credo mi abbiano perdonato anche perché ben oltre il 90′ Mazzoli gli regala una vittoria insperata. Ma alla fine dell’anno retrocediamo entrambe in Serie C». Ed è in quel momento che per Mirabelli c’è la possibilità di tornare a casa: «Mi contatta il Presidente Pagliuso. Sarei tornato ovviamente volentieri a Cosenza. Il progetto era quello di provare a tornare immediatamente in B. Sembrava tutto fatto ma poi l’affare è sfumato. È stata l’unica volta nella quale ho davvero pensato di poter tornare a casa». Mirabelli alla fine rimane a Cremona dove vie altre due stagioni da protagonista: «Nel 1997/98 arriviamo secondi dopo un grande duello con il Cesena, ma vinciamo i play-off e torniamo immediatamente in Serie B. Io segno 17 gol, sono il capocannoniere della squadra e centro il mio secondo salto di categoria in carriera dopo Como».

I nuovi problemi fisici e la rivincita di Vercelli

Mirabelli nel 1998 ha 30 anni. Ed è pronto a giocarsi il suo terzo campionato di Serie B ancora con la Cremonese anche se non sta benissimo. I problemi alla schiena ritornano e ne limitano il rendimento. È costretto ad operarsi di nuovo. Segna un solo gol e gioca poco. La squadra, attanagliata da problemi societari, retrocede. Mirabelli è costretto a ripartire dal basso. Accetta l’offerta del Lumezzane, ma anche da quelle parti, in Serie C, non sta bene e non riesce ad esprimersi come sa. Segna un solo gol ed i lombardi non lo confermano. Allora Mirabelli fa un ulteriore salto indietro ed accetta l’offerta della Pro Vercelli in C2. In Piemonte, a 32 anni, rinasce: segna 23 gol il primo anno, capocannoniere del campionato, e 10 il secondo: «A Vercelli mi sono voluto mettere in gioco. Mi sentivo di nuovo bene dopo i malanni alla schiena. Volevo capire se il mio fisico reggeva ancora. Ed ho dimostrato che sì, potevo ancora starci alla grande. Anche da quelle parti ho lasciato grandi amici ed ho un bellissimo ricordo della città e dei tifosi». Gli ultimi anni della carriera di Mirabelli sono tra Varese, Ivrea e San Donà, dove comunque segna tantissimo vincendo il campionato d’Eccellenza. Il canto del cigno di un attaccante fortissimo che ha portato in giro degnamente per l’Italia e per l’Europa il nome di Cosenza.

La nuova vita di Mirabelli con Cosenza nel cuore

Nella vita di Walter Mirabelli, anche oggi, il calcio ed il Cosenza sono comunque ben presenti: «Sarei dovuto andare domani a vedere la partita a Cittadella. Non è molto lontano da casa mia. Sarebbe stata l’occasione per rivedere anche qualche amico di Cosenza. E poi il direttore sportivo della squadra nella quale alleno i ragazzini, il Noale, è molto amico di Gori. Non torno in Calabria dallo scorso anno e considerata la pandemia non lo farò nemmeno in queste feste. Colgo l’occasione anzi per fare a tutti i miei amici ed a tutta la città un grande augurio di buon Natale e felice anno nuovo. Non vedo l’ora di poter tornare per riabbracciare la mia famiglia». E cosa ne pensa Mirabelli del Cosenza attuale? «Devo dire che non ce la faccio più a soffrire. Da quando siamo tornato in B ogni anno è sempre la stessa storia. Ma è possibile che non si riesce a capire il potenziale che ha Cosenza? I miei amici qui a Venezia, quando parliamo di calcio e vedono dalla tv la passione che c’è da noi mi chiedono come sia possibile una cosa simile. Quasi ci invidiano. Ma lo immaginate un Cosenza che lotta per la Serie A che cosa potrebbe significare?». La passione per i lupi di Walter si percepisce sentendo il tono della voce che si fa quasi sofferente quando ne parla. «Ora anche il cambio di allenatore non è una cosa che ho capito. Da fuori sembra che non vi sia programmazione quasi. Cosa ci resta da fare a noi tifosi? Dobbiamo soltanto sperare che a gennaio qualche calciatore in prestito venga a darci una mano. Ma poi l’anno prossimo? Ricominciamo d’accapo? La Serie B è un patrimonio troppo importante per Cosenza e sarebbe un peccato mortale perderlo».

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