lunedì,Maggio 13 2024

Illecito arricchimento e malaffare: Cosenza e provincia nel mirino della procura

Le ultime inchieste vanno nella direzione tracciata dall'ufficio inquirente coordinato dal procuratore capo Mario Spagnuolo. L'impegno dei magistrati e della polizia giudiziaria sia nel mondo imprenditoriale che nella pubblica amministrazione

Illecito arricchimento e malaffare: Cosenza e provincia nel mirino della procura

Cosenza e provincia nell’occhio dell’attività giudiziaria. È facilmente desumibile dalle tante inchieste contro l’illecito arricchimento patrimoniale e la pubblica amministrazione, che hanno visto (e vedranno) impegnata la procura di Cosenza in questi ultimi anni. Indagini complesse che sono state coordinate con attenzione dai magistrati guidati dal procuratore capo Mario Spagnuolo e condotte dagli organi di polizia giudiziaria, capaci di “leggere” la matassa documentale che spesso cela grandi imbrogli fiscali.

Queste inchieste hanno dato la possibilità di accendere i riflettori investigativi su un mondo sociale ed economico che spesso agisce nell’ombra, pensandola di farla franca. E ciò porta a considerare le procure territoriali l’unico efficace strumento per lo Stato affinché vengano recuperati ingenti somme di denaro acquisite in maniera del tutto illecita. Basti pensare alle inchieste che partono dai fallimenti di società nate, il più delle volte, per frodare l’Erario, poi fallite, e utilizzate per far sparire soldi pubblici, o come il mancato pagamento dell’Iva, dei contributi previdenziali e dei fornitori, arricchendo di conseguenza il patrimonio personale.

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Di casi del genere ce ne sono stati tanti negli ultimi anni: dal concessionario di auto di Montalto Uffugo, a cui la procura di Cosenza aveva sequestrato circa 20 milioni di euro, all’ultima attività svolta nella Valle dell’Esaro – quella del maxi-sequestro di beni immobili in diverse parti d’Italia – che sconfina anche nella Capitale con aspetti inquietanti. Sequestri che hanno riguardato anche quei soggetti che hanno costruito il proprio successo professionale nel mondo alberghiero e pure in quello edilizio, con la realizzazione di complessi residenziali e commerciali che hanno fruttato milioni e milioni di euro.

Tutte inchieste che la procura di Cosenza ha condotto con la massima incisività, come gli accertamenti investigativi posti nei confronti della sanità cosentina. Il caso che rende meglio l’idea è certamente l’inchiesta “Coopservice”, ovvero la grande cooperativa di Reggio Emilia, operante nelle strutture ospedaliere. Un processo che ora dovrà superare il vaglio dibattimentale, provando l’accusa contro la Coop emiliana di aver messo in atto una presunta truffa ai danni dello Stato con la collaborazione di alcuni dipendenti dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, circa la fatturazione di un monte ore appaltato ma in realtà non lavorato.

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Stessa cosa dicasi per l’inchiesta “Sistema Cosenza”, quella contro i vertici dell’Asp di Cosenza e della struttura commissariale calabrese (ad eccezione di Saverio Cotticelli, la cui posizione è stata già chiarita in udienza preliminare). Indagine, quella condotta dalla Guardia di Finanza, che deve chiarire le modalità con cui veniva redatto il bilancio aziendale dell’Ente sanitario cosentino, con la presunta complicità dei dirigenti dell’epoca e del Dipartimento Salute della Regione Calabria. Ma tratta, in attesa delle valutazioni di merito, anche incarichi dirigenziali che avrebbero favorito alcuni medici.

Sul fronte della pubblica amministrazione, invece, sono note all’opinione pubblica le vicende giudiziarie che hanno coinvolto l’ex comandante dei vigili del fuoco di Cosenza, Massimo Cundari, condannato in primo e secondo grado per falso e concussione, il quale aveva chiesto soldi in cambio di una licenza a un imprenditore di Montalto Uffugo. Senza dimenticare il processo (in corso) contro l’ex Prefetto di Cosenza, Paola Galeone, finita nel ciclone giudiziario per corruzione, a seguito di una denuncia presentata dal presidente dell’associazione “Animed“, Cinzia Falcone, donna impegnata nel sociale, più precisamente nell’accoglienza dei migranti nel centro di Camigliatello Silano.

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Tutto ciò dimostra che il traffico di droga, che scorre a fiumi per le vie della città, non è l’unico problema di Cosenza (e del suo hinterland). L’impegno delle forze dell’ordine e della procura è quello di individuare piazze di spaccio, reprimendo il più possibile il fenomeno criminale che, oltre a garantire “facili profitti”, rovina famiglie e ragazzi, in alcuni casi non ancora maggiorenni.

A Cosenza, infatti, la criminalità viaggia anche su altri binari, soprattutto in quello economico-finanziario, con società che vengono fatte fallire dopo averle usate nei modi più svariati e illegali possibili. Questo spiega il collegamento (molto stretto) con il settore civile e le varie ipotesi di bancarotta, tra i reati più diffusi a livello territoriale. Contesti su cui la procura di Cosenza, che nei processi dibattimentali (e non) ottiene circa l’80 per cento di sentenze di condanna, non ha fatto sconti in passato né li farà in futuro, perché la parte sana della cittadinanza merita risposte serie da parte degli organi di giustizia.

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