martedì,Marzo 19 2024

“Valle dell’Esaro”, ecco i verbali del pentito Roberto Presta: così veniva venduta la droga

Sono 290 le pagine riempite dal collaboratore di giustizia di Roggiano Gravina. Tante, però, le precisazioni sul ruolo degli imputati. E una storia che riguarda il furto di una macchina a Cosenza

“Valle dell’Esaro”, ecco i verbali del pentito Roberto Presta: così veniva venduta la droga

La Dda di Catanzaro, nel depositare i verbali illustrativi del collaboratore di giustizia Roberto Presta, ha compiuto un’operazione chirurgica, non omissando solo le frasi dette dall’uomo di Roggiano Gravina, in riferimento al processo “Valle dell’Esaro,” dov’è imputato per associazione a delinquere dedita al narcotraffico, insieme al fratello Antonio, al nipote Giuseppe e ad altri 53 imputati, accusati anche di singoli episodi di spaccio di droga. Sono 290 le pagine riempite da Roberto Presta, nei sei mesi in cui ha riferito su tutto ciò che sapeva in termini criminali, ai magistrati antimafia Alessandro Riello e Corrado Cubellotti, in servizio presso l’ufficio inquirente coordinato dal procuratore capo Nicola Gratteri.

Roberto Presta e le precisazioni sul ruolo degli imputati

Il primo passaggio in chiaro è a pagina 7, quando Roberto Presta in uno dei giorni successivi al nuovo “inizio”, precisa alcune cose sulla presunta associazione. «Con riferimento al tema dell’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti operante nella “Valle dell’Esaro”, del quale sono a conoscenza, confermo quanto dichiarato, eccetto le seguenti precisazioni». La frase “incriminata” nel verbale d’interrogatorio del 21 dicembre 2020 è quella in cui Roberto Presta, difeso dall’avvocato Claudia Conidi, afferma che «io la droga la vendevo per conto mio». E spiega: «Con tale frase mi riferivo alla circostanza per cui, avendo una posizione di primo piano ai vertici dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacente, ero autorizzato a vendere una parte dello stupefacente per conto mio, fermi restando i compiti e il ruolo miei propri, all’interno dell’associazione che ho specificato nel corso dei precedenti interrogatori».

L’altra dichiarazione “rivista” è quella in cui Presta aveva affermato che «i vertici di questa organizzazione erano mio fratello Antonio e mio nipote Giuseppe». Anche in questo caso il pentito di Roggiano Gravina precisa che «con tale frase intendevo evidenziare che le persone dotate di massimo potere decisionale all’interno dell’associazione erano, appunto, mio fratello Antonio e mio nipote Giuseppe, cui aggiungo anche Francesco Ciliberti, in virtù del suo essere sposato con la figlia di mio cugino Franco Presta. Subito dopo di loro, in ordine di importanza, ci sono io, che, come ho riferito più volte, operavo in stretto contatto con Mario Sollazzo, che aveva un’importanza pari alla mia». Un cambio di registro abbastanza importante rispetto all’impianto accusatorio che inquadrava i fratelli Presta al vertice della presunta associazione per delinquere dedita al narcotraffico. Così, facendo seguito a questa dichiarazione, Presta si vede “costretto” a specificare che «Francesco Ciliberti non era uno spacciatore ma, come ho detto prima e più volte, un elemento di vertice dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti».

Roberto Presta: «Non spacciavamo solo droga»

Le precisazioni, tuttavia, proseguono con un’altra frase – quella originaria era «lo spaccio di sostanze stupefacenti era la nostra unica attività» – ovvero che «in realtà, come ho anche già detto, lo spaccio di droga non era affatto l’unica attività illecita portata avanti dal nostro gruppo criminale, con quella frase intendevo, al più, riferirmi al dato per cui dallo spaccio di stupefacenti derivava la parte più consistente delle nostre entrate economiche». Ma le precisazioni non sono finite. In precedenza Roberto Presta aveva detto «Ciliberti mandava Michele Fusaro ad avvisarci degli appuntamenti con Giannetta per la consegna della droga», che sarebbe avvenuto “in due occasioni”. E chiarisce che «è stato lo stesso Mario Sollazzo a dirmi che i due chili di marijuana trovati a Gioiello e per i quali quest’ultimo era stato arrestato, era stato lui stesso a cederglieli. Da qui la nostra preoccupazione, trattandosi di droga della nostra associazione. Precisazioni anche su Francesco Iantorno e Roberto Iantorno, due dei tanti imputati di “Valle dell’Esaro”, riferendo che «si tratta di soggetti diversi da quello soprannominato “tarzanicchiu». Brevissima, invece, la dichiarazione su Patitucci, di cui non si specifica che sia uno degli imputati o altro soggetto, il quale (a dire di Presta) «grazie alla sua rete di relazioni», forniva «informazioni rilevanti sulle attività in corso».

Roberto Presta racconta da dove proveniva la droga

Secondo quanto riferisce Presta «a ritirare le partite di stupefacente, mio fratello Antonio Presta, mi mandava vicino San Lorenzo del Vallo ad incontrare Antonio Giannetta, proveniente dalla provincia di Reggio Calabria». Presta afferma di averla ritirata «cinque o sei volte», mentre altre volte «andavano mio nipote Giuseppe e Francesco Ciliberti, che unitamente a mio fratello, ne concordava l’acquisto e la modalità». Di Patitucci, inteso Marco, Roberto Presta ne parla in seguito. «Conosco Marco Patitucci, lo stesso spaccia stupefacenti a San Marco Argentano. So che ha litigato per questioni legate allo spaccio di droga e che Mario Palermo gli ha incendiato la casa».

Il pentito di Roggiano Gravina racconta, inoltre, i dissidi tra alcuni soggetti e Costantino Scorza che, a suo dire, avrebbe voluto prendere maggior spazio nello spaccio di droga, ma nel caso di specie, Francesco Ciliberti avrebbe placato gli animi, in quanto, «rispetto agli altri spacciatori, aveva un ruolo superiore». Alcuni imputati della presunta associazione per delinquere avrebbero utilizzato i “Black Berry”. Infine, il riconoscimento fotografico degli imputati e di ragazzi non coinvolti in “Valle dell’Esaro”, alcuni cosentini e altri residenti nei dintorni di San Marco Argentano. Riconoscimento a cui ha fatto seguito la descrizione del rapporto avuto dal soggetto in questione nel gruppo di Roggiano Gravina, come nel caso di Mauro Marsico, indicato come «intimo amico di mio fratello», che avrebbe spacciato droga, oltre a recuperare crediti.

Il caso dell’auto rubata

L’unico fatto esterno al processo “Valle dell’Esaro”, è il racconto che Roberto Presta fa di un furto di un’auto. E dice: «Ricordo la vicenda del furto di un’autovettura in danno di un avvocato di Cosenza, una donna originaria di Roggiano Gravina». Il fratello di questa donna si sarebbe recato da Antonio Presta «per cercare di recuperare il veicolo». A tale richiesta, «mio fratello Antonio mandò» il fratello della donna, «accompagnato da Mario Sollazzo e Mauro Marsico per parlare con Giovanni Garofalo e successivamente» con il figlio di Carlo Lamanna. «Successivamente mio fratello mi disse di andare lo stesso a Cosenza con Mario Sollazzo» il fratello della donna, “per parlare eventualmente con Roberto Porcaro. Andammo da Giovanni Garofalo e trovammo anche Francesco Lamanna che ci dissero di aver rintracciato la macchina e che per riaverla avremmo dovuto pagare 1000 euro a titolo di estorsione. A tale richiesta mi alterai poiché avevano chiesto l’estorsione a noi Presta, gruppo delinquenziale. I richiedenti sapevano bene chi eravamo noi ma vollero lo stesso” e dopo aver consegnato i soldi la macchina venne recuperata.

Ora sarà la volta del dibattimento, dove la Dda di Catanzaro esaminerà il pentito Roberto Presta dinanzi al tribunale collegiale di Cosenza e ai difensori degli imputati. L’udienza si terrà il prossimo 13 luglio.

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