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“Valle dell’Esaro”, il pentito Presta: «Non tutti gli imputati prendevano lo “stipendio” dal gruppo»

La Dda di Catanzaro, prima di riascoltare il collaboratore di giustizia, ha chiesto di far acquisire agli atti del processo un'annotazione del commissariato di Taurianova, dove si attesterebbe la presenza nel Reggino di Francesco Ciliberti e Giuseppe Presta insieme ad Antonio Giannetta

“Valle dell’Esaro”, il pentito Presta: «Non tutti gli imputati prendevano lo “stipendio” dal gruppo»

Completato l’esame e controesame del collaboratore di giustizia Roberto Presta, il processo “Valle dell’Esaro” si avvia verso l’escussione dei testi delle difese, ma prima ci sarà un ulteriore passaggio importante: alcuni imputati potrebbero sottoporsi alle domande della difesa e quindi anche della Dda di Catanzaro. Chi e quanti saranno lo capiremo nella prossima udienza.

La seduta processuale del 20 dicembre 2022, è stata caratterizzata dal riesame del pubblico ministero Alessandro Riello, il quale ha posto poche domande al pentito di Roggiano Gravina al fine di chiarire diversi aspetti emersi nel controesame del collegio difensivo.

La parte più interessante, però, è arrivata quando il presidente del collegio giudicante del tribunale di Cosenza Carmen Ciarcia, ha inteso ricevere ulteriori risposte da Roberto Presta sulle dinamiche del presunto gruppo associativo dedito al narcotraffico. Infine, altri chiarimenti delle difese, in particolare dell’avvocato Franco Locco, difensore di Antonio Presta e Giuseppe Presta, rispettivamente padre e figlio, entrambi ritenuti ai vertici della presunta associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Roberto Presta: «Ecco perché ho collaborato con la giustizia»

Il pm Alessandro Riello, in prima battuta, ha toccato l’argomento più rilevante. Quali sono stati i motivi che hanno portato Roberto Presta a collaborare con la giustizia? «Ho assunto questa decisione per mia moglie e per i miei figli. È stata una scelta spontanea, non ci sono stati fattori esterni di condizionamento» ha risposto il pentito, difeso dall’avvocato Claudia Conidi del foro di Catanzaro. In seconda battuta, il magistrato antimafia in servizio presso la Dda di Catanzaro coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri, ha affrontato altre due questioni: i colloqui in carcere del fratello Antonio e da chi prendeva la droga il suo gruppo.

La Dda: «Giannetta, Ciliberti e Giuseppe Presta insieme nel Reggino»

Nel primo caso ha riferito di non sapere cosa si dicessero Antonio Presta con la moglie e i figli, nel secondo invece ha ribadito che dal 2006 in poi acquistavano la droga «da Antonio di Cetraro, mentre dal 2017 da Giannetta». Qui entra in gioco un’annotazione di polizia giudiziaria che il pubblico ministero ha chiesto di poter acquisire agli atti del processo, in cui il commissariato di polizia di Taurianova avrebbe dato atto della presenza nel Reggino di Francesco Ciliberti e Giuseppe Presta, entrambi in compagnia di Antonio Giannetta. Le difese si sono opposte e il magistrato Riello ha preannunciato di voler sentire due agenti della polizia di Stato ai sensi dell’art. 507 del codice di procedura penale. Sul punto, il tribunale collegiale di Cosenza si è riservato di decidere al termine dell’istruttoria dibattimentale.

La droga acquistata e rivenduta

Tornando alla questione della droga, Roberto Presta ha ribadito di aver avuto «un margine di autonomia, visto che prendevo la droga da mio fratello e la vendevo anche da solo». Conclusi questi aspetti, il presidente Ciarcia è entrato nel merito delle accuse, partendo proprio dall’ultima risposta fornita dal collaboratore di giustizia. «Pagavo la droga che prendevo da mio fratello a un prezzo più basso. Se l’acquistavo a 40 (si intende 40 euro al grammo), la rivendevo a 50/60 euro. Il pagamento avveniva comunque dopo aver venduto tutta la merce». Ma da chi era formato questo sodalizio criminale dedito al narcotraffico? Presta ha risposto così: «Da tutti gli imputati».

I “soldi sporchi” nella “bacinella” del gruppo

Il presidente Ciarcia, però, non si è accontentato e ha deciso di approfondire la questione, ottenendo da Presta ulteriori chiarimenti. «Tutti tranne Sonia Presta e suo marito». Ciò non ha convinto il giudice che ha invitato il collaboratore di giustizia a raccontare da quale epoca fosse partita questa attività illecita. «È cominciata prima del 2008, perché fino al 2006 era in carcere ad Ancona. Una volta uscito abbiamo iniziato a vendere un po’ di droga. Antonio Presta era amico di Mauro Marsico, il quale frequentava Cetraro e prendeva la droga da questo Antonio. La vendevamo noi direttamente, il gruppo Presta non doveva dare conto a nessuno, visto che il territorio in cui abitavamo era sotto il nostro dominio». E ancora: «Franco (Franco Presta, ndr) aveva il suo carisma, ma in sua assenza c’era mio fratello. Da lì la situazione è andata sempre più a crescere, gli imputati del processo si sono avvicinati e ognuno poteva gestire i propri clienti. Prendevano la droga, rivendendola a un prezzo più alto, 60/70 euro al grammo. Parlo di cocaina ed erba». E dove finivano i “soldi sporchi”? Presta ha evidenziato che il suo gruppo aveva la cosiddetta “bacinella”, controllata (a suo dire) da Antonio Presta, Giuseppe Presta, di cui ne sarebbe stato a conoscenza anche Francesco Ciliberti. «Lì finiva il guadagno della droga, con questi soldi pagavamo gli “stipendi” a chi faceva parte del gruppo. Ma il denaro è stato utilizzato anche per investire le somme in ulteriori acquisti di sostanze stupefacenti e in immobili che venivano venduti per guadagnare qualcosa. Il guadagno maggiore ovviamente era di mio fratello Antonio».

Roberto Presta: «Ecco chi prendeva lo “stipendio”»

A quanto ammontava lo “stipendio”? «Tra 1000 e 1500 euro». Ma non tutti prendevano questa somma. E qui il presidente Ciarcia ha preso l’elenco degli imputati, ai quali viene contestata l’associazione dedita al narcotraffico, chiedendo a Roberto Presta chi prendeva o meno lo “stipendio” dal gruppo. «Costantino Scorza, Giuseppe Presta, Mario Sollazzo, Antonio Presta, Francesco Ciliberti, al quale glielo portavo quando non poteva venire a Roggiano Gravina, nei pressi di Tarsia, e a volte Armando Antonucci prendevano lo stipendio».

Gli altri, ha aggiunto Roberto Presta, «non prendevano lo stipendio ma acquistavano la droga dal gruppo ed erano liberi di rivenderla a chi volevano. Mio fratello Antonio era a conoscenza di chi comprava la nostra sostanza stupefacente».

Gli imputati che non percepivano la quota mensile, secondo Roberto Presta, sono «Sergio Cassiano, Damiano Diodati, Luigi Gioiello, Fabio Giannelli, Michele Fusaro, Francesco Iantorno, Cristian Ferraro, Cesare Cardamone, Giampaolo Ferraro, Giuseppe Ferraro, Giovanni Garofalo, Lorenzo Arciuolo, Antonio Orsini, Alessandro Avenoso, Rocco D’Agostino, Roberto Gallo, Domenico Caputo, Remo Graziadio, Erik Grillo, Attilio Martorelli, Massimo Orsini, Filippo Orsino, Mario Palermo, Giovanni Sangineto, Antonio Postorivo e Antonio Pacifico».

In tale contesto, Roberto Presta ha ulteriormente precisato che «Mauro Marsico prendeva mille euro di stipendio visto che faceva l’autista a mio fratello» e che «Pacifico, cognato di mio fratello, si prendeva la droga e a volte gli regalavamo qualcosa di soldi in più». Inoltre, le armi trovate dalla Squadra Mobile di Cosenza in un terreno dei Pacifico «erano di mio fratello e del gruppo. Le utilizzavamo per qualsiasi evenienza».

L’affiliazione in carcere

Sempre su domanda del presidente del collegio giudicante, Roberto Presta ha raccontato il momento dell’affiliazione che sarebbe avvenuta in carcere a Cosenza. «Mio cugino Franco era vicino alla cosca “Lanzino-Ruà-Patitucci” già dagli anni che furono, con mio fratello Antonio c’era un certo tipo di amicizia, così nel 2012, mi affiliarono al clan di Cosenza».

La “copiata” di Presta, tuttavia, è uscita fuori qualche minuto dopo, quando a prendere la parola è stato l’avvocato Franco Locco. «Mentre ero in carcere per l’operazione “Santa Tecla”, Patitucci, Gatto e Piromallo avevano parlato con mio fratello Antonio e decisero di darmi il grado di “sgarrista”. Non sapevo però quale avesse mio fratello». Ed ecco i nomi in “copiata”: «Gianfranco Ruà, Francesco Patitucci, Mario Gatto, Michele Di Puppo e Renato Piromallo», tutti esponenti del clan “Lanzino” di Cosenza, mentre è consuetudine, secondo quanto riferiscono i pentiti, di “portare in copiata” anche mafiosi di altre cosche.

Dell’operazione “Santa Tecla”, rispondendo alle domande del difensore Franco Locco, Roberto Presta ha ricordato di essere stato assolto «per l’articolo 74» e condannato «insieme a mio fratello per l’articolo 73», pena che aveva terminato di scontare nel 2016, per poi essere arrestato nel 2017 insieme a Mario Sollazzo.

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