venerdì,Maggio 17 2024

Massoneria e servizi segreti a Cosenza, parla il pentito di ‘ndrangheta

In un memoriale consegnato ai magistrati, Roberto Presta rivela l'esistenza di una cupola criminale che gestisce sanità e lavori pubblici

Massoneria e servizi segreti a Cosenza, parla il pentito di ‘ndrangheta

«In Calabria esiste una commissione di ‘ndrangheta collegata con politica, massoneria e servizi segreti che gestisce lavori pubblici, sanità e centri di potere». È l’incipit del memoriale a firma Roberto Presta, uno degli ultimi pentiti cosentini, il primo a fuoriuscire dal clan di Roggiano Gravina che porta il suo nome. L’uomo, infatti, è cugino di Franco Presta e fratello di Antonio che, secondo gli investigatori, sono rispettivamente boss e vice della consorteria criminale che regna sulla Valle dell’Esaro in provincia di Cosenza.

Le due massonerie

Roberto Presta, nom de crime “Hobby”, collabora con la giustizia da poco più di un anno e in questo lasso di tempo è stato sentito più volte dai magistrati della Dda. A loro ha consegnato anche una serie di appunti che valgono un po’ come dichiarazione d’intenti poiché in essi sono riassunte un po’ tutte le malefatte di cui è a conoscenza, non solo quelle compiute dal suo ex gruppo. Quel manoscritto, omissato in più parti, è ora allegato agli atti dell’ultima inchiesta antimafia contro le cosche cosentine. Si tratta di un documento esplosivo poiché adombra l’esistenza della cupola descritta in apertura che, a detta del pentito, solo nella provincia cosentina sarebbe operativa da quasi trent’anni. E dai frammenti dei verbali sfuggiti alla censura degli inquirenti, si evince come la stessa vanti anche collegamenti con la massoneria di Catanzaro. Tale sistema, riferisce “Hobby”, può contare sulla complicità di giudici «che aggiustano sentenze» e di uomini in divisa che fungono da talpe negli uffici giudiziari.

Faccia di mostro

Queste informazioni, il diretto interessato sostiene di averle apprese in buona parte dai suoi capi, ma sfruttando anche un’altra postazione privilegiata: il carcere. Negli anni trascorsi dietro le sbarre, infatti, Presta spiega di aver stretto amicizia con detenuti “illustri”, affiliati alle cosche reggine e crotonesi che lo avrebbero messo al corrente di numerosi segreti inconfessabili. Una di queste confidenze rimanda al ruolo esercitato dai cosiddetti «Servizi deviati». Non a caso, nel memoriale fa capolino anche il nome di Giovanni Aiello alias “Faccia di mostro”, l’ex poliziotto deceduto nel 2017 e accompagnato per anni da una fama sinistra che lo associa a molti dei misteri italiani, comprese le stragi di Capaci e via D’Amelio. Sospetti mai dimostrati, ma secondo il pentito anche nell’ambiente criminale cosentino si parlava di lui come di «un killer molto pericoloso».

Rapporti politici

E poi ancora rapporti con politici e amministratori locali che, nel corso del tempo, avrebbero barattato voti con appalti assegnati ai diversi clan cosentini, compreso quello di cui fino al 2021 ha fatto parte pure lui. Insomma, appunti messi nero su bianco, talvolta in un italiano incerto, che rappresentano un vero e proprio viaggio al termine della notte di Cosenza. Con tanti retroscena inediti. Fin qui, infatti, poco o nulla si è saputo sul gruppo criminale di stanza nella Valle dell’Esaro, anche in ragione della sua comprovata impermeabilità al fenomeno del pentitismo. A squarciare parzialmente il velo, nel 2019, era stata la Squadra mobile cosentina, trascinando alla sbarra una trentina di presunti associati con l’accusa di narcotraffico. A sentire, anzi a leggere Roberto Presta, però, con riferimento alla droga, il volume d’affari del suo gruppo è molto più ampio di quanto ipotizzato in quel processo.

Droga da Perù e Colombia

Il pentito, infatti, parla di tonnellate di cocaina provenienti via mare dalla Colombia o dal Perù sulla rotta Genova-Gioia Tauro e destinate allo scalo calabrese sotto la supervisione delle cosche reggine. E spiega come anche il suo clan abbia sfruttato quel canale, partecipando così ai guadagni principeschi generati dall’attività di spaccio. Per un ambito investigativo da estendere se ne profila, però, un altro da riscrivere per intero. Ed è quello che riguarda la genesi stessa del presunto clan di Roggiano Gravina che le informative di polizia fanno coincidere con l’ascesa del criminale locale più illustre: quel Franco Presta oggi detenuto al 41 bis e condannato a scontare l’ergastolo per diversi omicidi di mafia. Nulla di tutto ciò secondo il pentito che descrive, invece, una ‘ndrangheta roggianese preesistente all’ingresso in scena di suo cugino e guidata dal suo defunto padre Giuseppe Presta.

Una molteplicità di storie rivelate nella loro interezza o solo vagamente accennate. C’è tutto questo nel memoriale del nuovo collaboratore di giustizia, fra capitoli da verificare e altri destinati a rimanere nel limbo per mancanza di riscontri. Nell’uno e nell’altro caso, comunque, si tratta di rivelazioni inaudite che acclarano l’esistenza di un ritardo investigativo pluridecennale su tutto ciò che di illecito ruota attorno al presunto clan Presta. Ombre che ammantano di ulteriore oscurità la Valle dell’Esaro.

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