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Cosenza, Donna Brettia danneggiata prima dell’inaugurazione. E intanto qualcuno rivuole indietro le statue del MaB

Romana Severini sarebbe intenzionata a chiedere la restituzione di una delle opere ancora a Rogliano in attesa di collocazione. Ma Cosenza non è nuova a stalli artistici, nel 2006 non riuscì a trovare posto neppure a Picasso

Cosenza, Donna Brettia danneggiata prima dell’inaugurazione. E intanto qualcuno rivuole indietro le statue del MaB

Non le è bastata la spada a difendersi. Donna Brettia, scultura bronzea firmata dall’artista Eva Riquelme Jimenez, esposta su via Sertorio Quattromani ancora avvolta dal lenzuolo bianco, ha infranto un nuovo record: non è riuscita ad arrivare integra neppure all’inaugurazione prevista per il 30 aprile (come si vede nella foto di Mario Magnelli). Nella notte qualcuno ha curvato la sua lunga arma che appare ora tristemente danneggiata. Non è un episodio isolato ma sicuramente è tra i più gravi. In passato altre opere, disseminate lungo l’isola pedonale del MaB, hanno subito atti di vandalismo di incuria e non è raro vedere bambini e adulti comodamente seduti sui basamenti delle opere, come fossero delle panchine, nell’indifferenza generale. La famosa videosorveglianza, con annessi allarmi, non è stata mai attivata, neppure nei “periodi d’oro” delle passate amministrazioni quando si spendeva e spandeva, e adesso con le casse del Comune vuote, è difficile pensare che venga installata a breve.

Alcune opere mai esposte saranno restituite

La notizia del danneggiamento di una statua neppure inaugurata, fa il paio con quella di opere da anni parcheggiate in un deposito a Rogliano in attesa di esposizione. I soldi per i basamenti non ci sono, e quindi le statue sono ancora lì, lontane dal MaB, ma forse non per molto. L’erede di una delle artiste, riferisce Roberto Bilotti, stufa di aspettare, ha richiesto indietro un trittico che potrebbe lasciare per sempre Cosenza.

Le donazioni delle sculture del MaB sono modali, cioè condizionate all’esposizione. A guardare l’articolo 7 del contratto di donazione si legge «ai sensi dell’art. 793 c.c. il gravame per il Comune  di esporre le opere e mantenerle all’interno del Museo all’Aperto lungo Corso Mazzini e Piazza Bilotti… il mancato rispetto rende nulla la donazione».

Di che opere parliamo? Parliamo del “Toro Morente”, di Antonietta Raphael Mafai scultura in marmo nero marquinia, “Uomo in bagno”, in marmo grigio botticino “Missione segreta”, in marmo nero marquinia. Tutte corredate di autentica della figlia dell’autrice, Giulia Mafai. “Attitude (Danseuse)” di Gino Severini e “Relevèe sur Pointe (Danseuse)”, i tre passi di danza scomposti, corredati di autentica della figlia dell’autore, Romana Severini (che dovevano essere sistemati su una delle ali di piazza Bilotti). Completano l’elenco “Nudo di donna acefala seduta”, di Mario Sironi, e “Linee forze del pugno di Boccioni”, statua in ferro di Giacomo Balla, realizzata dopo il 1915, omaggio all’allievo Boccioni. 

«Romana Severini dopo molte promesse e rassicurazioni – spiega Bilotti, nipote del mecenate che ha donato le statue del MaB – vuole attivare l’art. 7 della donazione, rescindere il contratto e riprendersi le opere. Già il “Giano Bifronte” che aveva offerto a Cosenza è stato ritirato e offerto al Museo Bilotti a Roma dove a breve sarà collocato a Villa Borghese».

Quando Cosenza rifiutò Picasso, Haring e Chagall

Cosenza non è nuova a impasse artistiche. Riavvolgiamo il nastro. Diciotto anni fa, e per la precisione tra il marzo e il giugno del 2005, la mostra dal titolo “Opere della collezione Carlo F. Bilotti. Da Picasso a Warhol” fece allungare molte file davanti al chiostro di Sant’Agostino, prima che vi fosse collocato il Museo archeologico dei Brettii e degli Enotri. Tutti volevano ammirare le opere dei massimi artisti moderni e contemporanei internazionali, esposte per la prima volta a Cosenza.  

“Verre” Pablo Picasso

Tra i capolavori esposti de Chirico, Morandi, Severini, Picasso, Chagall, Dubuffet, De Kooning, Twombly, Klee, Kandinsky, Kiefer, Calder, Leger, Lichtenstein, Matisse, Mirò, Moore, Rauschemberg, Tapies, Warhol, Saville, Hirst, artisti le cui opere, il mecenate Carlo Bilotti, avrebbe voluto lasciare alla sua città natale.

Era sindaco, all’epoca, Eva Catizone, che aveva individuato nell’ex convento delle carmelitane il luogo ideale per creare un museo di arte moderna e contemporanea, proprio di fianco alla Galleria Nazionale. Quella sarebbe diventata la dimora anche dell’opera di Damien Hirst i “Quattro Evangelisti”. Ma il progetto della scuola alberghiera, preesistente all’idea, rese impossibile la realizzazione. La sede adatta non spuntò fuori e il tutto si spostò a Roma nel museo a Villa Borghese, mentre a Cosenza, per mancanza di spazi chiusi idonei, il “museo” nacque all’aperto. Ed ecco il MaB.

La lettera per trovare casa ai grandi

Nel gennaio del 2006, Carlo Bilotti scrisse una lettera all’allora Soprintendente Rossella Vodret, per formalizzare la donazione di opere straordinarie: “Verre” di Pablo Picasso, opera cubista del 1914, “Profil au Bouquet sur Nice” di Marc Chagall (1975), “Femme et Oiseau dans la Nuit” di Joan Mirò (1975), “Don Chisciotte” Salvator Dalì (1975), “Le Printemps” Gino Severini (1957), “La partenza” Emilio Greco (1898), “Ritratto” di Larry Rivers (1993), “Senza titolo” di Willem de Kooning (1965), “Senza titolo” di Keith Haring (1965), “Doppio ritratto” di Mimmo Rotella (1967) ed in comodato iniziale da donare successivamente l’opera di de Chirico “Guerrieri antichi” (1938) e di Renato Guttuso “Antichi acquedotti romani tre operai e una prostituta” (1979). Sfortunatamente il trasferimento della Soprintendente Vodret bloccò il processo e da allora non se ne fece più nulla. I capolavori di grandi artisti che avrebbero di certo portato molti appassionati a Cosenza, sono volate altrove. Un’occasione persa, un’altra.

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