sabato,Maggio 11 2024

Cartolina per (Nina) Zilli

Da promessa a incompiuta, la parabola del giovane attaccante ha accompagnato l'intera stagione del Cosenza. Alla vigilia delle due gare più importanti dell'anno, è necessario che lui (e tutti gli attaccanti) si scrollino di dosso critiche e paure

<strong>Cartolina per (Nina) Zilli</strong>

Caro Massimo,
per una volta ti chiamo col nome di battesimo: il brillante soprannome che ti avevo appioppato a inizio campionato mi pare abbia portato poco bene… Un anno fa eri la rivelazione, il bomber della Primavera gettato nella mischia da Bisoli nelle ultime sei gare, il giovane attaccante che procura un rigore decisivo a Pisa e segna al Cittadella la rete che ci porta al playout.

Trecentosessantacinque giorni dopo, sei un brocco. Un giocatore che ha disputato ventinove partite (accidenti!). La promessa avvizzita che ha messo a referto due assist e nemmeno un gol (scandalo!) in un’intera stagione. Vale qualcosa ricordare che, in realtà, sei sceso in campo poco più di mille minuti (meno di dodici partite intere), che il Cosenza è stato il peggior attacco della serie B e appena dodici reti su trenta sono arrivate dai tuoi colleghi di reparto (sette da giocatori ceduti a gennaio)? No, non serve a niente. Sei Quasimodo senza gli onori dell’eroe.

C’è chi, in certi momenti di questa disgraziata stagione, ti ha invocato come forse nemmeno Cassano in Nazionale nel 2004. Qualche bambino aveva addirittura comprato la maglia rossoblù col tuo nome. Certi tifosi avevano persino pensato di dedicarti lo stendardo Brigata Zilli. Vedevamo in te le acerbe caratteristiche di un attaccante che al Marulla non si scorgevano da tempo.

Invece, ci siamo sbagliati. Altro che navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione… Ti abbiamo visto scagliare alle stelle il tiro con cui avremmo meritato di sbancare la Favorita. Sparare in bocca ad Andrenacci, come un Brahim Diaz qualsiasi, la rete che poteva abbattere il Brescia. Ciabattare (in fuorigioco) addosso a Radunovic un pallone prezioso nell’ultimo match contro il Cagliari. Catalizzare un po’ di rilanci lunghi e incespicare goffamente sul 90% dei palloni ricevuti. Arrotarti tra difetti e fragilità. Insomma, abbiamo assistito alla tua metamorfosi da Anatroccolo di Utrecht a Pantegana Friulana.

Ti sono piovuti addosso fischi dallo stadio che eri convinto di aver conquistato. Avrai letto in giro da autorevoli osservatori che sei scarso, negato per il calcio, inadatto persino a calcare i campi della serie D. Nemmeno a Pietranera, Di Giannatale e Alteri era stato riservato un trattamento simile.

Eppure, credimi, tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nelle pioggia.

Sei un classe 2002, cresciuto a Udine, e certe cose non puoi saperle. Non puoi sapere che, negli anni Novanta, c’era una rubrica su RaiTre che si chiamava La cartolina: un vecchio giornalista di razza, AndreaBarbato, indirizzava le sue pacate e taglienti missive ai protagonisti delle vicende politiche (e non solo) dell’epoca.

Non puoi sapere nemmeno, però, che proprio quando La cartolina terminò le trasmissioni, nel 1994, c’era gente a Cosenza che allo stadio urlava cravattaro nientepopodimeno che a Gigi Marulla! Girava voce in città che il nostro Unico Nove fosse entrato in affari (leciti, ovviamente, ma la fantasia delle masse è spesso vigliacca e contorta). E bastò una stagione da sole quattro reti a trasformare il nostro Dio per alcuni miscredenti da idolo delle folle a complice di chissà quali trame.

Sei giovane, per fortuna, e ti accorgerai che la volubilità delle folle è il fenomeno più affascinante del mondo, se lo osservi da lontano. Se cioè dimentichi, per un attimo, che quelle chiacchiere parlano proprio di te. Perché parlano allo stesso modo, con la medesima superficialità, di chiunque altro. Sia quando lo innalzano, sia mentre lo distruggono.

Questa cartolina, in fondo, avrebbe potuto essere indirizzata a uno qualsiasi dei tuoi compagni di reparto – e in qualche modo è così. La palla vi scotta tra i piedi, si vede. Possiamo prendercela con Finotto e la sua mossa dello scorpione o con Delic che non ne imbrocca una di testa. Possiamo dimenticarci dei chilometri percorsi da Pendolino Marras e condannarlo per due palloni sparati sopra la traversa. Eppure il grosso delle critiche se l’è presa soprattutto con te. Sarà per il nasone da Carlo Martello, quella curvatura delle spalle che chiamano gobba, la corsa dinoccolata. O, più precisamente, perché non hai buttato una sola palla in rete in tutta la stagione.

In questo momento, però, hanno ragione loro. E tu, voi, potete ricacciare tutti dalla parte del torto. Potete scrivere il futuro e costringere chi lo racconterà a cambiare idea.

Vedi, Massimo, il mondo si divide in chi cerca di costruirsi un’autorevolezza sparando sulla Croce Rossa e chi cerca di parare quei proiettili. A me le armi hanno sempre fatto schifo. E quindi ho pensato che, alla vigilia dei playout, parlare di tattiche e avversari, di quante chance in più abbia il Brescia dopo aver rimontato due reti al Palermo, del loro attacco più forte del nostro (e di una difesa, però, assai più debole) avesse davvero poco senso. Il Cosenza che batté la Salernitana nel 1991 era sulla carta inferiore agli avversari. Ma si salvò. Queste sono partite in cui può accadere di tutto.

Io chiedo soltanto, a te e ai tuoi compagni, di affrontare il playout con la testa sgombra. Qualcuno dirà che siamo a due passi dalla retrocessione perché non marchiamo a uomo sui calci d’angolo o perché tu non segni mai, ma la verità è un’altra. Il triennale non te lo sei scritto da solo. E così Finotto il suo biennale e l’ingaggio spalmato a Zarate (che, stanne certo, dopo essere stato spacciato sulla via del rientro mentre a stento corricchiava, a luglio sarà il primo colpo del nostro calciomercato).

Il calcio è fatto davvero così – e non solo il calcio. Arrivi all’ultima partita senza aver gonfiato mai la rete e sei un brocco. La butti dentro e sei un predestinato. Tu non farti governare dalla seconda ossessione e liberati dalla prima. Galleggia sul loro confine.

La porta è sempre quella della notte col Cittadella un anno fa: non è cambiata. E il pallone è pesante uguale, non brucia. Non eri un brocco allora e non lo sei adesso.

Fai parte di una squadra che, con strumenti inadeguati, ha dato davvero il massimo. E, se il playout oggi ad alcuni sembra un fallimento, è perché ci proiettiamo addosso il patimento di cinque stagioni tribolate in serie B – ma anche perché il vostro massimo,a un certo punto, è stato talmente alto da illuderci che potesse addirittura garantirci la salvezza diretta.

Ma questa cartolina è indirizzata soprattutto a te. Ed è a te che mi permetto di rivolgermi direttamente. Sei solo un ragazzo e hai scritto una brutta canzone. Scrollatela di dosso e componine una più bella. È chiaro che, ora come ora, ti sembrerà di non essere in grado di farlo, ma credimi: quando riuscirai a fartela scivolare sotto pelle, quello sarà il momento in cui inizierai a scriverla.

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