mercoledì,Maggio 29 2024

Ancora un altro entusiasmo

La salvezza conquistata in largo anticipo. Il sogno playoff. E, dietro l'angolo, le prime scelte per la prossima stagione. Più che guardare all'ottavo posto, il Cosenza dovrebbe cominciare a mettere i primi mattoncini del nuovo campionato. A cominciare da Gennaro Tutino

Ancora un altro entusiasmo

Viene e va, canta il poeta, la stagione dell’amore. Tra i rimpianti per aver speso male il proprio tempo e le mille occasioni perdute. Spesso all’improvviso. Lo ricordo bene l’entusiasmo con cui Cosenza entrò nel nuovo Millennio, alla mezzanotte del Capodanno del 2000: attorno a me c’era l’epifania di una città rinnovata. Il centro storico di notte era bellissimo, prendeva forma l’isola pedonale di corso Mazzini, Petar Jabov aveva segnato per due domeniche di fila e Franco Battiato cantava La stagione dell’amore in piazza dei Bruzi. O forse è solo che avevo 18 anni e il mio unico problema era fare meno danni possibili al calcetto del giovedì.

Nell’ultimo Minamò avevo etichettato come “fantascientifica” l’ipotesi di un Cosenza ai playoff. E tuttavia è stato bello, il 1° maggio, con gli occhi ancora lucidi per la rete (e le lacrime) di Tutino seguire il resto della serie B con le orecchie puntate, per una volta, al contrario. Tifare per la Feralpisalò anziché per il Brescia, per un posto negli spareggi promozione in serie A anziché per scansare l’ennesimo playout.

Detto questo, a me la fantascienza piace moltissimo. E forse la matematica ci terrà ancora a galla fino all’ultimo minuto, ma la verità è che il Brescia ha un’autostrada (Lecco in casa e Bari fuori) verso i playoff e, se dovessi scommettere su una remuntada,punterei un decino sulla Reggiana (lo scontro diretto con la Samp è un’occasione assai ghiotta). Tante, troppe combinazioni sarebbero necessarie al Cosenza per bruciare tutti in questa volata.

L’altra verità arriva dalla classifica. Su 45 punti, i rossoblù ne hanno ottenuti appena dieci con le prime otto formazioni in graduatoria: il che significa che raramente (Venezia e Parma al ritorno, Palermo all’andata) siamo riusciti a essere all’altezza delle squadre in lotta per la promozione. Ne ha conquistati, invece, diciannove (in attesa del ritorno con lo Spezia) con le ultime cinque, tre delle quali negli ultimi tre turni. Insomma, ha dimostrato sul campo di non meritare la retrocessione.

Eppure, in entrambi i casi, c’è parecchio da recriminare. Zero punti contro Ternana, Brescia e Sampdoria grondano rimpianti. Non credo che il Cosenza fosse inferiore a blucerchiati, rondinelle e rossoverdi, ma il campionato è una maratona, non i centometri. Andate a vedere la classifica alla ripresa di metà gennaio e vedrete che le prime otto sono le stesse di ora, tranne il Cittadella. Mentre invece il campionato del Cosenza ha vissuto di tre fiammate: un buon inizio, un buon principio al girone di ritorno e i cinque risultati utili consecutivi di Viali. Nel mezzo tanti, troppi giorni perduti a rincorrere il vento.

Non sapremo mai cosa sarebbe successo se il cambio in panchina fosse arrivato prima. Io stesso avevo forti dubbi sulle chance di playoff con l’arrivo di Viali: sarebbe servito uno scossone immediato, invece sono arrivati due punti in quattro gare. E poi ho poi temuto il peggio. A Viali va ascritto il merito di aver ricompattato il gruppo, cambiato modulo, restituito centralità a calciatori spariti (D’Orazio) o sottutilizzati (Antonucci), trovato (finalmente) equilibrio a centrocampo e accorgimenti giusti in difesa. Il Cosenza era una macchina inceppata e lui, in officina, ha saputo ripararla. Ora, con un contratto fino al 2025, gli toccherà dimostrare di saperla mettere in pista bene sin dalle qualifiche. Sono competenze diverse.

Quando scrivo inceppata non imputo, come ho già scritto, le colpe al solo Caserta. Il buon Fabio ci ha messo, però, molto di suo. Inceppato il Cosenza lo era nella ricerca di soluzioni tattiche ripetitive. Che, forse, non ci avrebbero permesso di salvarci con due giornate d’anticipo. E dunque, a parziale ammenda, va riconosciuto a Gemmi (a proposito: resterà o no?) di aver centrato l’obiettivo a metà: il centimetro in più è stato raggiunto. Ma io credo che sia lui per primo consapevole del fatto che il centimetro in più era un paracadute e il vero obiettivo fossero i playoff. E, siccome salvo clamorose sorprese i playoff li faranno Brescia e Samp (o Reggiana), noi possiamo seguire il tutto da una spiaggia solitaria. Cosa che, va detto, qualche vantaggio ce l’ha.

Salvarsi con due giornate d’anticipo, senza passare per i playout, permette infatti di programmare. Micai, D’Orazio, Camporese, Venturi, Martino, Calò, Cimino, Florenzi e Marras sono i principali tasselli di partenza. Ma sarebbe una colossale idiozia non fare di Gennaro Tutino il perno del progetto. Esercitare il diritto di riscatto per un bomber da 17 reti è un’operazione doverosa. Non foss’altro per ragioni economiche. Di benefici, non di costi. Certo, se Tutino volesse poi restare, sarebbe da fargli ponti d’oro e costruirgli una squadra degna attorno. Ma se invece desiderasse ritentare il salto di categoria, in sede di trattativa il Cosenza avrebbe solo da guadagnarci. Altrimenti avrebbe solo contribuito ad aumentare il valore di un calciatore, lasciando al Parma i profitti.

Ecco, appunto. Le occasioni perdute non ritornano mai, cantava Battiato. E Tutino sulla rotta di Parma rischia di essere una enorme occasione perduta. Più di questa stagione, in cui la lotta playoff ha concesso spazio ai sogni anche di chi, un attimo prima, lottava per la salvezza. E l’amore, che forse tornerà a riempire gli spalti del Marulla contro lo Spezia in attesa del miracolo, viene e va. Ma questo, purtroppo, al manovratore finora ha sempre interessato molto poco.

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