lunedì,Maggio 20 2024

Cosenza e dintorni, il sospetto: la ‘ndrangheta rese invisibile Matteo Messina Denaro

Il boss di Trapani potrebbe essersi nascosto in territori vicini alla città del Crati con la complicità della mafia calabrese. Riuscirà la magistratura a fare emergere altro?

Cosenza e dintorni, il sospetto: la ‘ndrangheta rese invisibile Matteo Messina Denaro

Se davvero la ‘ndrangheta abbia aiutato Matteo Messina Denaro, morto oggi all’età di 61 anni, nella sua lunga latitanza lo scopriremo eventualmente soltanto attraverso le indagini della Dda di Palermo. Ma il sospetto che la mafia calabrese possa aver protetto il boss di Cosa Nostra è sempre più forte. Basti leggere cosa ha dichiarato lui stesso nel primo e ultimo interrogatorio davanti al procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia e al procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido, originario di Acri ma cresciuto a Cosenza. «Non voglio fare né il superuomo e nemmeno arrogante: voi mi avete preso per la malattia, senza la malattia non mi prendevate» aveva detto ai magistrati antimafia di Palermo.

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D’altronde, già dopo la sua cattura, erano emersi alcuni indizi che portavano direttamente in provincia di Cosenza (ma anche Lamezia Terme), luoghi in cui altri latitanti si erano nascosti, soprattutto quelli provenienti dal Reggino. Solo per citarne alcuni: Francesco Strangio, narcotrafficante di San Luca, trovato dai carabinieri a Rose, e Fernando Spagnolo, presunto boss di Stilo, scoperto in Sila. Sono soltanto delle casualità? Gli investigatori indagano ad ampio raggio, non tanto sui collegamenti con questi altri due ex latitanti, ma sul fatto che la ‘ndrangheta abbia messo in campo una rete di protezione così elevata da rendere invisibile il boss di Castelvetrano, l’ultimo stragista di Cosa Nostra. La storia in questo senso ci viene in supporto.

Quando a Cosenza era in corso la guerra di mafia, sapete dove si andarono a rifugiare una parte dei responsabili di quella terribile scia di sangue? A Palermo e dintorni. Parliamo di Dario e Nicola Notargiacomo e di Stefano e Pino Bartolomeo. Doppia coppia di fratelli, tutti esponenti all’epoca del clan Perna-Pranno, che sul finire degli anni Ottanta decisero di assumere il ruolo degli “scissionisti”. Ebbene, a proteggerli, secondo quanto emerso dai vari racconti dei collaboratori di giustizia, sarebbero stati Leoluca Bagarella, “braccio destro e sinistro” di Totò Riina e i fratelli Graviano, storici alleati del “capo dei capi”.

Matteo Messina Denaro si è portato decine di segreti nella tomba. Ora capiremo se la magistratura riuscirà a far emergere altro o se la stagione dei sospetti si chiuderà definitivamente oggi, 25 settembre 2023, con la morte del boss di Trapani.

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