venerdì,Marzo 29 2024

In diem vivere

– l’editoriale di Piero Bria –  Il Cosenza targato Guarascio ha, ormai, sei anni ma sembra sempre di essere all’anno zero. La certezza è che non rischieremo mai penalizzazioni ma ci dovremo sempre “accontentare”. Vivere alla giornata, oggi come oggi, può significare anche vivere senza l’ansia del futuro. Soprattutto per chi, vedi i giovani, è costretto

In diem vivere

– l’editoriale di Piero Bria – 
Il Cosenza targato Guarascio ha, ormai, sei anni ma sembra sempre di essere all’anno zero. La certezza è che non rischieremo mai penalizzazioni ma ci dovremo sempre “accontentare”.

Vivere alla giornata, oggi come oggi, può significare anche vivere senza l’ansia del futuro. Soprattutto per chi, vedi i giovani, è costretto a barcamenarsi tra mille lavori e l’incertezza del domani.

C’è invece chi vive alla giornata ed è costretto ad improvvisare, non programmare a lungo termine, non prevedere. Ed è quello che, purtroppo, riguarda il nostro amato Cosenza.

Perché? Perché Fontana era in bilico. Lo sapeva anche lui prima della trasferta di Siracusa. Presumibile che, in questi casi, una società si tuteli avendo almeno una scelta sicura. Un allenatore che, preventivamente, viene contattato nel caso in cui malauguratamente le cose dovessero andare male.

Una strategia al limite dell’ovvio, ma non per il Cosenza. Grottesca la situazione che ha portato Braglia in panchina.

Badate bene. Non perché si siano fatti nomi e nomi prima di giungere all’ex allenatore del Catanzaro (ebbene si, c’è qualcosa che non sappiamo che ci riporta sempre a loro). Il Cosenza ha mostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che non c’è programmazione.

Non si prevede in anticipo l’eventuale problema in modo da prepararsi ad una veloce soluzione. Si aspetta che arrivi per valutarlo e capire se e come intervenire.

Ma la verità è che una società che costruisce anticipa i problemi. Facendo il contrario, di fatto, si rischia di pregiudicare il futuro. Perché mancano delle basi solide. E non societarie. Bensì tecniche. Non c’è una programmazione tale da mettere basi utili a generare in futuro giocatori capaci di diventare un “tesoretto”.

Manca audacia? Manca voglia? No, manca la progettualità. Rischio d’impresa? Macché. Le idee non hanno un costo se arrivano dall’interno. Il problema è strutturarsi in modo tale da creare, singolarmente, un mattoncino alla volta. Fino a rendere stabile un progetto, una società, una squadra.

Il rischio più grosso di vivere alla giornata è quello di smettere di sognare, di fare progetti, di desiderare un tempo migliore, un destino migliore. Come si suol dire: “Solo chi ha un obiettivo da raggiungere ha davanti a sé una strada da percorrere”.

Il Cosenza targato Guarascio ha, ormai, sei anni ma sembra sempre di essere all’anno zero. E’ vero, rispetto ad altri non avremo mai problemi di bilancio o rischi di penalizzazioni. Ma di sicuro non proveremo mai ad osare e ci dovremo sempre “accontentare”. Ed è davvero triste. Molto triste.