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‘Ndrangheta, parlano i pentiti: «Il Crimine c’è anche a Cosenza»

La storia della ‘ndrangheta, lunga e complessa per la capacità di mutarsi nella società civile, è sempre al centro delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che nel corso degli anni hanno spiegato ai magistrati antimafia la sua evoluzione. Una storia fatta di omicidi e di infiltrazioni nel tessuto imprenditoriale, al punto che oggi i professionisti

‘Ndrangheta, parlano i pentiti: «Il Crimine c’è anche a Cosenza»

La storia della ‘ndrangheta, lunga e complessa per la capacità di mutarsi nella società civile, è sempre al centro delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che nel corso degli anni hanno spiegato ai magistrati antimafia la sua evoluzione. Una storia fatta di omicidi e di infiltrazioni nel tessuto imprenditoriale, al punto che oggi i professionisti – a dire degli investigatori – sono i nuovi ‘ndranghetisti. Ma c’è anche una ‘ndrangheta che continua a controllare militarmente il territorio, seguendo le regole criminali. La “Mamma” rimane San Luca, riconosciuto da tutto il mondo come il centro della mafia calabrese che ha esteso i suoi tentacoli dall’America all’Europa. 

Cosa emerge nell’inchiesta “Rinascita-Scott”?

Nell’inchiesta “Rinascita-Scott”, diversi pentiti illustrano ai magistrati della Dda di Catanzaro quali territori calabresi possiedono il titolo di “Crimine” e soprattutto avvalorano la tesi secondo cui le ‘ndrine, specialmente quelle del Vibonese, avevano in mente di uccidere magistrati. Un progetto ancora attuale per chi, come Nicola Gratteri, combatte le organizzazioni criminali da tanti anni, e punta a disintegrare i clan presenti nel suo Distretto giudiziario di competenza. Spicca in questo senso la capacità dei collaboratori di giustizia di individuare regole e aree occupate dalle singole cosche, che riescono a “dialogare” nel momento in cui sorgono dei contrasti che in passato venivano “lavati col sangue”.

Il pentito Francesco Oliverio

Tra i tanti pentiti che hanno parlato dell’unitarietà della ‘ndrangheta c’è sicuramente Francesco Oliverio. Le sue parole le ritroviamo sia in “Stige” sia in “Six Towns”, due operazioni antimafia condotte dagli investigatori nella Costa Jonica, tra Catanzaro e Crotone. Oliverio, ex capo della ‘ndrina di Belvedere Spinello, racconta che «le regole della ‘ndrangheta sono uguali e rispettate dappertutto sia al Sud, che al Nord italia, che all’estero». Oliverio spiega che «la ’ndrangheta è una struttura verticistica che fa capo al Locale principale di San Luca detto “la mamma”, tuttavia ogni locale ha una propria autonomia decisionale sul proprio territorio di competenza. E’ una sorta di “paradosso”: tutti i Locali dipendono dal Crimine di San Luca, ma ogni Locale è autonomo sul territorio di competenza».

Oliverio poi aggiunge che «il Crimine di San Luca è “la mamma di tutti i Crimini” ossia il vertice di tutti i Locali e mantiene le regole per tutti quanti, cioè garantisce il rispetto e l’uniformità delle regole per tutti locali e le altre strutture di ‘ndrangheta. Inoltre il Crimine di San Luca interviene per pacificare eventuali contrasti sorti tra esponenti di famiglie ‘ndranghetistiche. Come ho già detto tutti i Locali rispondono al Crimine di San Luca e da questo devono essere riconosciuti al momento della loro apertura, altrimenti il locale è definito “la bastarda”. Ad esempio il locale di Belvedere Spinello è riconosciuto dal Crimine di San Luca». 

«Dal crimine di San Luca dipendono tre mandamenti reggini che sono: il Mandamento di Reggio Calabria, il Mandamento Jonico ed il Mandamento Tirrenico». Oliverio ai magistrati di Catanzaro chiarisce anche che «in Calabria, oltre al Crimine di San Luca, esistono altri tre crimini riconosciuti, che a loro volta sono stati attivati dal Crimine di San Luca. Si tratta del Crimine di Crotone, conosciuto come il Crimine di Cirò Marina, il Crimine di Cosenza ed il Crimine di Vibo Valentia costituito recentemente, poco prima della collaborazione con la giustizia». 

Gli altri collaboratori di giustizia di ‘ndrangheta

Giuseppe Scriva, storico pentito di ‘ndrangheta, il 21 giugno 2018 conferma che «l’organizzazione della ‘ndrangheta è diventata unitaria a partire dal 1981. “L’associazione” era il vertice della ‘ndrangheta che interveniva e prendeva decisioni quando si discuteva di questioni che riguardavano tutti gli appartenenti di tutti i paesi osi dovevano fare omicidi importanti. Ad esempio come quando è stato commesso l’omicidio del giudice Ferlaino. Le riunioni avvenivano durante la festa di Polsi che consetiva di farle senza essere scoperti, approfittando della confiisione creata dall’afflusso dei pellegrini».

«Ricordo che ai tempi si raggiungeva il Santuario a piedi e ognuno di noi, che ormai ci conoscevamo tutti, era armato. Ai tempi lo ‘ndranghetista più importante era Gioacchino Piromalli» che, come clan, avevano rapporti con i Mancuso di Limbadi. «Ricordo che nella ‘ndrangheta contava di più Luigi Mancuso, per i suoi rapporti con i Piromalli, per i quali aveva fatto molti omicidi. In quegli anni Peppe Piromalli ha deciso la morte di molte persone. Luigi Mancuso aveva rapporti più stretti specialmente con Peppe Piromalli».

‘Ndrangheta, dal Crimine di Crotone a quello di Cosenza

L’ultimo pentito di ‘ndrangheta di un certo spessore è Bartolomeo Arena. Il 24 ottobre 2019, l’ex ‘ndranghetista rivela che esiste anche il titolo di “Buon Ordine” che è una cosa diversa dal “Locale”. «Anche a Sant’Onofrio vi è un Buon Ordine e non un Locale, in quanto quel territorio è stato scomunicato in un passato remoto. Anche il Buon Ordine è riconosciuto da Polsi. Le doti conferite nel Buon Ordine pertanto sono anch’esse riconosciute nella ‘ndrangheta, tuttavia vengono viste con un valore minore». E infine chiarisce che «ho notizia di un Crimine anche a Cirò (cui risponde prevalentemente la zona di Cosenza), ma non so esattamente il funzionamento tra queste due strutture, sicuramente riconosciute a Polsi ed in ottimi rapporti tra loro». 

Se il Crimine di Cosenza è riferito ai clan della città bruzia o al versante Jonico, storicamente collegato con Cirò Marina, e ci riferiamo a Cassano all’Jonio e Corigliano Rossano, i pentiti non lo sanno dire. Di sicuro, dagli anni ’70 in poi – come emerge dalle storiche inchieste sulla ‘ndrangheta – i “Locali” riconosciuti dalle cosche reggine erano quelli di Cetraro e Corigliano Calabro.

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