giovedì,Marzo 28 2024

Il metodo mafioso di «quelli di Fabrizio», preoccupa il contesto criminale di Corigliano Rossano

Per il gip in tutti i reati in contestazione si delinea lo spaccato di una realtà delinquenziale estremamente allarmante

Il metodo mafioso di «quelli di Fabrizio», preoccupa il contesto criminale di Corigliano Rossano

Metodo mafioso. Non una vera e propria contestazione riguardante l’agevolazione di una singola cosca di ‘ndrangheta, ma un modus operandi che si basa sulla forza di intimidazione del vincolo associativo. In questo caso, però, la Dda di Catanzaro non ha incriminato gli indagati per il reato previsto dal 416 bis – associazione a delinquere di stampo mafioso – ma ha aggiunto ai fatti di sangue, e non solo, l’ex aggravante mafiosa, oggi 416 bis 1.

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Il gip di Catanzaro Giuseppe De Salvatore ha condiviso la contestazione dell’ufficio inquirente coordinato dal procuratore Nicola Gratteri, in quanto si rileva, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante in parola «la sussistenza di un comportamento minaccioso tale da richiamare nel soggetto passivo del reato comunemente ritenuto proprio di chi appartenga ad un’associazione di tipo mafioso». E ancora: «Attraverso una ricostruzione unitaria di tutti i reati in contestazione si delinea lo spaccato di una realtà delinquenziale estremamente allarmante, caratterizzata dall’operatività di un gruppo criminalmente evoluto e predisposto a esercitare un controllo sul territorio e sulla gestione delle attività illecite legate al narcotraffico». E potrebbe essere proprio il traffico di sostanze stupefacenti la chiave di lettura degli eventi delittuosi che hanno caratterizzato la città di Corigliano Rossano, e non solo, negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi.

Corigliano Rossano, il gruppo di “Fabrizio”

Sul punto il gip scrive: «Tale prospettiva è sostenuta in base alle specifiche modalità organizzative ed esecutive che hanno caratterizzato in primis l’omicidio di Pasquale Aquino, preceduto da un sopralluogo e materialmente eseguito da altri due soggetti giunti sul posto già equipaggiati e pronti ad assicurare un’azione rapida e una fuga altrettanto immediata».

Il giudice delle indagini preliminari inoltre sostiene che «la vicenda di Aquino è emblematica nell’ottica del riconoscimento del metodo mafioso soprattutto alla luce dei contenuti dei colloqui intercettati in carcere nei confronti dei due figli della vittima, i quali hanno sin dal primo momento indirizzato i sospetti su “quelli di Fabrizio“, manifestando in tal modo ciascuno la propria consapevolezza che l’omicidio del padre non era stato un atto improvvisato riconducibile alla comune microcriminalità, quanto piuttosto un’azione premeditata e deliberata da un gruppo coeso e attivo in una specifica area di quel territorio».

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Secondo il gip De Salvatore «l’esistenza di un gruppo unitario caratterizzato da una non comune capacitò di delinquere è inoltre supportata dal sistematico coinvolgimento, nella maggior parte dei casi, di soggetti che gravitano intorno al principale indagato Francesco Le Pera e che lo hanno coadiuvato in svariate attività illecite dal concorso in omicidio, alla detenzione di armi e droga e ai danneggiamenti».

«Ulteriore indice rappresentativo di un’impronta criminale fuori dal comune è dato dalla disponibilità in capo agli indagati di un vero e proprio arsenale composto da armi da guerra e armi clandestine cadute in sequestro, nonché dalla capacità degli stessi di individuare rapidamente luoghi per l’occultamento delle armi, come avvenuto dopo il fermi di Giorgio Arturi».

Infine, evidenzia il gip De Salvatore, «da ultimo, l’utilizzo diffuso del metodo mafioso si rivela anche rispetto alle spregiudicate e violente modalità di risoluzione delle controversie sorte sul territorio». In definitiva, il gruppo criminale finito nel mirino della Dda di Catanzaro è autonomo o risponde ad altri? La risposta ai magistrati…

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