venerdì,Marzo 29 2024

Processo Bergamini a Cosenza, Donata e la lettera di Roberta Alleati: «Disse che qualcuno voleva male a Denis» | VIDEO

In aula la sorella di Denis, trovato senza vita nel novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico lungo la Statale 106 Jonica. L'ex fidanzata Isabella Internò è accusata di omicidio volontario aggravato

Processo Bergamini a Cosenza, Donata e la lettera di Roberta Alleati: «Disse che qualcuno voleva male a Denis» | VIDEO

Il giorno di Donata Bergamini. A Cosenza è ripreso il processo sulla morte di Denis Bergamini, l’ex calciatore del Cosenza calcio trovato morto nel novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico, lungo la statale 106 Jonica. La procura di Castrovillari ha sentito per tutta la mattinata di oggi, giovedì 23 marzo, la sorella dell’ex mediano ferrarese.

Processo Bergamini, l’ultimo incontro con Denis

«L’ultima volta che ho visto Donato – ha esordito la sorella – è stato il 13 novembre del 1989. Mio fratello venne a casa nostra nel pomeriggio, parlando del più e del meno. Gli chiesi come andava a Cosenza visto che era reduce da un infortunio e come andava con Isabella Internò. Lui rispose che “se la trovava dappertutto”. Poi ci siamo incontrati a casa dei miei genitori, dove festeggiammo il compleanno di mia figlia Alice. Ci siamo messi a tavola e poco dopo è arrivata una telefonata, mio padre si alzò per rispondere ma lui disse: “No, è mia“. Come se aspettasse questa chiamata. Denis è tornato a tavola con un viso rosso, mio padre lo invitò a togliersi il maglione se avesse caldo, ma lui chiarì che si trattava d’altro.

Poi ci siamo rivisti a casa mia, lui parlava con mio marito e vedemmo insieme un film di Renato Pozzetto. Denis non era a Cosenza, perché la domenica precedente la squadra aveva giocato a Monza».

Quando Donata apprese della morte del fratello

«Mio marito aveva un colore bianchissimo e disse: “Donata preparati perché Denis ha avuto un incidente”. Glielo aveva riferito i genitori di Brunelli» portiere di riserva del Cosenza dell’epoca. «Ci siamo messi in macchina, io non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Poi ci venne detto che Denis si era buttato sotto il camion e con lui c’era anche Isabella Internò. Abbiamo fatto il viaggio ricordando ciò che era successo il lunedì precedente». «Siamo arrivati in caserma a Roseto e il piantone ci mandò all’ospedale di Trebisacce». «Aspettammo di parlare con Barbuscio, perché il brigadiere si stava facendo la barba. In obitorio non mi fece entrare, lo vide solo papà che uscì con l’orologio di Denis in mano e una busta gialla».

Donata sul luogo della tragedia e l’aborto della Internò

«Decisi di andare sul luogo della tragedia con papà, in un primo momento il brigadiere non ci voleva accompagnare. Seguimmo la camionetta dei carabinieri e arrivammo sulla piazzola dove c’era parcheggiata la Maserati, mentre il camion non era lì. Da quello che c’avevano detto non credevamo a quello che era successo. Non poteva essersi suicidato Denis». «Siamo arrivati quando ancora c’era luce, perché siamo giunti a Roseto intorno alle cinque di mattina». I carabinieri le restituiscono poi gli effetti personali di Denis tra cui il portafogli con il bigliettino della clinica londinese dove Isabella Internò abortì dopo il quinto mese di gravidanza. «Isabella questo bambino non lo voleva tenere, urlava come una pazza. Denis cosa diceva? Disse: “Se è mio lo riconosco”». «Il padre e la madre di Isabella non sapevano niente dell’aborto, me lo disse anche la zia di lei». «Denis non si fidava di quello che gli diceva Isabella Internò, dopo il 1986 iniziarono a prendersi e lasciarsi. Lui aveva anche dubbi sulla paternità del figlio, lui comunque voleva assecondarla nella sua scelta».

In ospedale «c’erano Antonio Serra e Roberto Ranzani» spiega Donata Bergamini nell’aula della Corte d’Assise di Cosenza, rispondendo a una domanda del pm Luca Primicerio. «Quando arrivò il procuratore ci chiesero chi volesse riconoscere il corpo e alla fine andarono Ranzani e Serra. papà temeva di vederlo sfracellato sapendo che era stato trascinato per sessanta metri». «Quando uscirono ci dissero che il viso era intatto». «I pantaloni non li aveva, così come neanche le scarpe, dentro o fuori dell’obitorio non c’erano altri suoi effetti personali».

L’autopsia

«L’autopsia dissero a papà che si sarebbe potuta fare a Bari. Aggiunsero che saremmo dovuti rimanere lì per qualche giorno, ma mio padre volle tornare a casa» spiega Donata in aula. «Papà ricordo che disse: “La faremo a Ferrara”, perché non ci fidavamo di nessuno qui in Calabria. Eravamo scossi per l’accaduto», dice Donata al presidente Lucente.

Gli effetti personali di Denis

Su autorizzazione della Corte d’Assise di Cosenza, il pm Luca Primicerio ha mostrato gli effetti personali di Denis Bergamini alla sorella Donata. All’interno della scatola ci sono le scarpe, il portafoglio, l’orologio e una catenina. La persona offesa ha riconosciuto il materiale. «Le scarpe ci furono date da Ranzani che disse che a lui vennero consegnate da Mimmolino Corrente. Io ricordo che erano pulite». Le scarpe avevano due numeri diversi: «Quando glielo feci notare disse che erano state un’occasione e le prese».

«Aveva chiesto l’autostop a cinque macchine»

A Cosenza Donata e la sua famiglia si recarono poi al Motel Agip di Cosenza, dove vide Isabella Internò accompagnata dai suoi genitori: “Disse: «Ha chiesto l’autostop a cinque macchine, mi guardò e poi si buttò», aggiungendo che Denis aveva mostrato interesse a lasciare il calcio, trasferendosi in un altro Paese. E concluse: “Ti lascio il mio cuore ma non il mio corpo”. C’ero io, mio papà e i familiari di Isabella Internò». «Parlando con lei, alla quale chiedevo cosa fosse successo, lei evitava di dirmi i particolari e ripeteva le frasi che ho riportato prima». Altra cosa che ricorda Donata è il convincimento di suo padre Domizio: «Per lui non si era buttato sotto il camion». «Ho visto il giubbotto di mio fratello nella macchina, ci venne restituito poco dopo, al suo interno non c’era nulla». In una cena successiva la famiglia di Denis incontrò vari dirigenti, tra cui Gianni Di Marzio: «Voleva che facessimo l’autopsia, perché era convinto che non si fosse suicidato».

Il giorno del funerale

«Al funerale cercavo di starle il più vicino possibile, lei ribadì che la dinamica era quella che mi aveva già raccontato. Era appoggiata alla bara di Denis in chiesa. Dopo la messa tornammo in Emilia, con noi venne anche Padre Fedele, il quale voleva celebrare la messa anche da noi. Neanche lui credeva alla tesi del suicidio. Capimmo che c’era qualcosa da nascondere: trascinato per 60 metri senza che era vero».

La conoscenza con Roberta Sacchi

«Roberta Sacchi si presentò ai funerali a Cosenza, poi ci disse che aveva visto Denis a Monza dopo lui gli aveva detto che la sua storia con Isabella Internò era terminata, alla fine ci diede il suo numero di telefono».

La lettera di Roberta Alleati

Quattro giorni dopo il decesso di Denis, a casa Bergamini sarebbe arrivata la lettera di Roberta Alleati, una ragazza di Russi, già sentita nel processo. «Raccontava di aver avuto una telefonata con Denis, lui gli aveva detto che qualcuno gli voleva male. La missiva fu consegnata alla Procura di Castrovillari, Roberta Alleati venne convocata in Calabria». A Castrovillari andarono Donata e suo padre: “Ebbi un confronto con il procuratore, aveva fretta di ascoltarmi e mi chiese se mio fratello si fosse suicidato per l’aborto, la droga o il calcio scommesse? Risposi che non si era suicidato. Certamente non truccava le gare né si drogava, quindi l’unico problema poteva essere di cuore. Quando ho risentito Isabella per sapere cosa fosse successo, lei mi ripeteva “Me lo dovranno dimostrare che non ho detto la verità”, era tranquilla, direi distaccata».

Donata Bergamini ha anche parlato di Giuliana Tampieri: «L’ho conosciuta e so che sono stati insieme una sera, dopo la partita con il Monza, perché mi è stato detto da papà. Poi chiesi anche a Denis e mi disse che erano solo amici e che non avevano avuto rapporti intimi. Era un particolare che poi mi fu detto pure da lei».

La moglie di Rocco Napoli

In Pretura a Trebisacce la moglie di Rocco Napoli «mi disse che vide una persona camminare lungo la strada ma che era più alta, moro, con un cappotto nero. Poi mi telefonò e mi disse che si era sbagliata» chiarisce Donata.

L’infortunio e l’offerta del Parma

Denis rimase per lungo tempo a casa, così ebbi tante occasioni per parlare con lui. Mi disse che era seguito da un fisioterapista e che il Cosenza aveva comprato un macchinario per aiutarlo. Ero dispiaciuta che non aveva accettato di andare al Parma e lui mi rispose che avrebbe fatto solo panchina. Donato era preoccupato da questo infortunio perché il calcio era la sua vita. Poi vedeva miglioramenti con le terapie e lui si sentiva più determinato». Tornando al rapporto con Isabella Internò, Donata è convinta che i due fossero entrati in crisi dal 1987 in poi.

L’acquisto della Maserati

Donata in aula parla pure dell’acquisto della Maserati contestualizzando il fatto come l’unica grossa spesa sostenuta dal fratello prima di morire. «Era un risparmiatore, aiutava anche in casa, la Maserati è la spesa più grossa che fece. Era in procinto di acquistare una casa vicino casa nostra, ma noi l’abbiamo appreso dopo la morte di Denis, dalla proprietaria del terreno che aveva contratto con Denis l’acquisto e lei lo riferì a mio padre. A Denis sarebbe piaciuto anche acquistare uno stabilimento balneare dalle nostre parti». L’esame di Donata Bergamini proseguirà il prossimo 31 marzo. Il controesame della difesa è stato fissato invece per il 4 aprile.

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