Cosenza, chi sono per la Dda i nuovi presunti affiliati al clan Patitucci
Nella nuova contestazione del 416 bis (associazione mafiosa) figurano tra gli altri Marco Lucanto e Gianfranco Sganga. Ma non solo. Ecco i dettagli
Da Overture a Reset, passando per Recovery. La storia recente della ‘ndrangheta di Cosenza passa, secondo la Dda di Catanzaro, dalle indagini contro la cosca degli italiani, un tempo diretta dal defunto Ettore Lanzino, mentre oggi capeggiata, in lungo e in largo, dal boss Francesco Patitucci, attualmente sottoposto al regime del 41 bis.
Il ritorno del gruppo Sganga
La confederazione cosentina, contestata in “Reset”, la ritroviamo anche nel capo 401 della nuova ordinanza emessa dal gip Arianna Roccia. La novità sostanziale rispetto al passato sono i nomi presenti nel capo d’accusa relativo al 416 bis, ovvero il reato associativo di stampo mafioso. Novità nel senso che è la prima volta che alcuni soggetti vengono ritenuti vicini al clan degli italiani, mentre per alcuni, vedi Gianfranco Sganga, si tratta di un ritorno. La Dda, relativamente a quest’ultimo, ci riprova. E lo fa, menzionando nell’imputazione alcune sentenze passate in giudicato: Garden, Tamburo, Twister, Terminator IV, Anaconda, Magnete, Telesis, Vulpes e Rango-zingari.
I nuovi presunti affiliati, per i magistrati Cubellotti e Valerio, sarebbero: Marco Lucanto, Carlo Bruno, Diego Porco, Valentino De Francesco, Gianfranco Sganga, Luisiana Castiglia, Ottavio Mignolo, Emanuele Apuzzo, Pietro Mazzei, Francesco Grupillo e Carmine Lio.
C’è da dire che per la posizione di Grupillo (indagato a piede libero in Recovery), rispetto alla contestazione di Overture, dove rispondeva di associazione mafiosa e di una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, lo stesso era stato assolto in primo grado e la Dda di Catanzaro non aveva inteso fare ricorso in appello. Una vicenda giudiziaria seguita all’epoca dall’avvocato Franz Caruso.
Lucanto, da Casali del Manco a Cosenza
Due posizioni su tutte meritano un approfondimento investigativo. Parliamo nel primo caso di Marco Lucanto che «si inserisce inizialmente quale sodale di riferimento del gruppo D’Ambrosio, partecipando anche a riunioni con importanti esponenti di ‘ndrangheta», ma «progressivamente diviene punto di riferimento di Antonio Illuminato, con il quale organizzerà una serie di danneggiamenti ed atti intimidatori a scopo estorsivo tra Casali del Manco e Cosenza».
Il capo di San Vito
Il secondo, invece, è Gianfranco Sganga che nel processo Overture, primo grado di giudizio, ha beccato una condanna a oltre sei anni di reclusione. Qui, i pm antimafia, scrivono: «Nella qualità di organizzatore e promotore dell’associazione”, essendo “inserito da tempo nelle dinamiche criminali organizzate cosentine, esige un alto grado di autonomia e dirige un proprio gruppo tendenzialmente operativo nel quartiere San Vito con frequenti proiezioni espansionistiche nell’intera città di Cosenza e nel suo hinterland, ma sempre nel riconoscimento e nel rispetto delle regole di confederazione di ‘ndrangheta riconducibile a Francesco Patitucci, in seno al quale, pur rivendicando la propria autorità di capo, mantiene gli equilibri criminali con gli altri gruppi sia italiani che “zingari“».
Per la Dda, Sganga avrebbe gestito «in prima persona ed avvalendosi di stretti fiduciari, diversi ambiti di attività illecite, dalle attività estorsive (in qualità di garante e mediatore tra altri estorsori e le vittime) al traffico di sostanze stupefacenti».