mercoledì,Maggio 15 2024

“Reset”, «nessun patto criminoso tra De Cicco e Chiaradia e tra De Cicco e Piromallo»

I difensori Francesco Gambardella e Cristian Bilotta hanno evidenziato le lacune investigative della Dda di Catanzaro riguardo alle attività imprenditoriali dell'attuale assessore comunale di Cosenza

“Reset”, «nessun patto criminoso tra De Cicco e Chiaradia e tra De Cicco e Piromallo»

Francesco De Cicco, in qualità di imprenditore, non ha stipulato alcun patto criminoso con Daniele Chiaradia, presunto capo di un’associazione a delinquere finalizzata al gioco d’azzardo, e Mario “Renato” Piromallo, organico al clan “Lanzino” di Cosenza. È quanto hanno sostenuto gli avvocatori Francesco Gambardella e Cristian Bilotta, difensori dell’attuale assessore comunale di Cosenza, imputato nel processo abbreviato di “Reset“, in corso di svolgimento nell’aula bunker di Catanzaro.

Nei giorni scorsi il primo a prendere la parola è stato l’avvocato Gambardella, il quale, prima di entrare nel merito delle contestazioni addebitate a Francesco De Cicco, ha sollevato questioni riguardante l’aggravante presente sia nel capo d’accusa del “Gaming” che nell’imputazione relativa alla presunta intestazione fittizia di beni.

Francesco De Cicco vittima e non complice

L’avvocato Gambardella nel corso del suo intervento ha analizzato la contestazione del “Gaming“, partendo da questo assunto: «Io De Cicco sarei partecipe a un’associazione perché acquisto le macchinette dal gruppo Chiaradia-Orlando provocando un ritorno economico al gruppo Chiaradia-Orlando» ha detto il penalista. «È chiaro che in questi termini noi abbiamo soltanto quella che è una legittima operazione economica tra De Cicco e Chiaradia che assolutamente non è sintomatica dell’esistenza, mi permetto dire sommessamente di alcuna fattispecie criminosa, tantomeno di un’associazione a delinquere. In questo caso qui il fatto non è assolutamente sussumibile nella fattispecie di 416, in questa vicenda sono intervenuti numerosi collaboratori di giustizia che a mio avviso hanno descritto De Ciccio più come vittima in forza di debiti da lui contratti con Tizio, Caio o Sempronio di determinate situazioni, addirittura c’è un quid pluris rispetto al giudicato cautelare a cui faceva riferimento il Procuratore della Repubblica nella requisitoria, cioè nel momento in cui si si parlava comunque di una richiesta di somme di denaro ed erano vere e proprie richieste estorsive». Il penalista inoltre ha ricordato anche quello che è stato il giudicato cautelare della Cassazione che in maniera definitiva ha escluso la gravità indiziaria per tutti i capi d’accusa.

«Nessuno parla di De Cicco»

Quando è stato il turno dell’avvocato Bilotta, l’arringa difensiva si è focalizzata sulle dichiarazioni dei pentiti e sul rapporto con Piromallo. «La requisitoria del Pubblico Ministero attinente alla posizione di De Cicco credo che non abbia superato quelle che sono le lacune presenti all’interno del compendio processuale» ha esordito il penalista cosentino. «Questo procedimento nasce dalla dichiarazione dei collaboratori che dovrebbero essere poi riscontrate da quelli che sono gli esiti di atti di indagine, dagli appostamenti e quant’altro” ha spiegato il legale Bilotta. «Bisogna tenere presente che De Cicco risponde dell’associazione della cosiddetta Gaming a far data dal febbraio 2017 con condotta perdurante. Sebbene tutti i collaboratori di giustizia parlano di De Cicco e lo collocano vicino e contiguo a Piromallo e Chiaradia, le conoscenze in merito alle vicende che riguardano De Cicco si fermano all’anno 2003».

«L’unico elemento di novità portato rispetto a precedenti collaboratori dall’Ufficio di Procura sarebbe quello della breve collaborazione fatta da Roberto Porcaro, che comunque anche se andiamo ad esaminare quelle che sono le dichiarazioni di Porcaro, si fermano a un dato conoscitivo, quello del 2015. E quindi cosa dovrebbe succedere? Che queste dichiarazioni dei collaboratori, siccome la contestazione parte a far data dal 2017, dovrebbero essere corroborate dalle indagini svolte a far data da febbraio 2017 dall’Ufficio di Procura. Ebbene, questo non è avvenuto, perché Lei Presidente può verificare come dalle attività di intercettazione, captazione, videoriprese, non compare mai De Cicco, nessuno parla di lui, nessuno lo vede, né lui parla con qualcuno dei coimputati, non c’è alcuna difesa dell’esistenza di questo circolo ricreativo all’interno del quale sarebbero avvenute le alterazioni delle schede e quant’altro» ha dichiarato l’avvocato Bilotta.

«I collaboratori non vengono affatto riscontrati dal compendio indiziario posto a base della Procura. Tra l’altro, un dato per me ancora dirimente, è che, come dice lo stesso Porcaro e gli altri collaboratori, De Cicco avrebbe tolto i suoi debiti nell’anno 2014, questo dato è confermato anche dal fatto che dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza a De Cicco: di fatto questo circolo non è mai stato sequestrato perché nel momento in cui gli operanti si sono recati nel civico dove doveva essere collocato questo circolo, il circolo non c’era, non esisteva più».

Chiesta l’assoluzione di De Cicco

«Ma il dato che trova conforto addirittura che i collaboratori smentiscono l’Ufficio di Procura, tra cui Porcaro, che si ferma al 2014-2015, perché Porcaro dice che De Cicco estingue il debito tra il 2014 e il 2015, è confortato anche dal fatto che addirittura, nel plesso dove doveva essere collocato il circolo di cui fa riferimento la Procura, qualche magazzino prima, l’Ufficio di Procura sequestra un altro locale, un locale Eurobet che è collegato agli altri coimputati di De Cicco e in questa società non ne fa parte né De Cicco, né tali locali sono intestati a De Cicco» ha evidenziato l’avvocato Bilotta.

«Questo testimonia – secondo il difensore – il fatto che in quel dato periodo storico De Cicco non fa parte di nessuna associazione, non c’è nessuna prova dello stesso alla partecipazione. Questo si riverbera anche e non può essere neanche sanato dalla contestazione fatta al capo 194 perché l’Ufficio di Procura non è riuscito a dimostrare neanche la consapevolezza in capo all’intestatario fittizio che i soldi utilizzati da Chiaradia per l’acquisto dei beni di De Cicco, fossero di provento di Piromallo, né tantomeno che fosse un investimento, non c’è la consapevolezza di De Cicco, non è stato approvato che quell’acquisto fosse stato fatto per eludere il controllo delle misure di prevenzione. Per cui credo che alla luce di quanto esposto, riportandomi anche alla discussione del collega che mi ha preceduto, De Cicco vada mandato assolto da tutti i suoi reati» ha concluso l’avvocato Cristian Bilotta.

Processo abbreviato “Reset”, le richieste della Dda

  • Antonio Abbruzzese (classe 1975), difeso dagli avvocati Giorgia Greco e Cesare Badolato CHIESTI 7 anni e 6 mesi
  • Antonio Abruzzese alias Strusciatappine, difeso dall’avvocato Mariarosa Bugliari CHIESTI 14 anni
  • Antonio Abbruzzese (classe 1984) difeso dagli avvocati Antonio Quintieri e Filippo Cinnante) CHIESTI 20 anni
  • Celestino Abbruzzese, difeso dall’avvocato Simona Celebre CHIESTI 6 anni
  • Fioravante Abbruzzese, difeso dall’avvocato Cesare Badolato CHIESTI 14 anni
  • Francesco Abbruzzese, difeso dall’avvocato Antonio Quintieri CHIESTI 12 anni
  • Luigi Abbruzzese, difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Antonio Sanvito CHIESTI 20 anni
  • Marco Abbruzzese, difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Antonio Sanvito CHIESTI 20 anni
  • Nicola Abbruzzese, difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Antonio Sanvito CHIESTI 20 anni
  • Rocco Abbruzzese, difeso dall’avvocato Mariarosa Bugliari CHIESTI 12 anni
  • Saverio Abbruzzese, difeso dagli avvocati Antonio Quintieri e Matteo Cristiani CHIESTI 10 anni e 8 mesi
  • Gianluca Alimena, difeso dall’avvocato Emiliano Iaquinta CHIESTI 2 anni
  • Claudio Alushi, difeso dall’avvocato Antonio Quintieri CHIESTI 18 anni
  • Salvatore Ariello, difeso dall’avvocato Fiorella Bozzarello CHIESTI 20 anni
  • Luigi Avolio, difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Raffaele Brescia CHIESTI 10 anni e 8 mesi
  • Ivan Barone, difeso dall’avvocato Rosa Pandalone CHIESTI 8 anni
  • Giuseppe Belmonte, difeso dagli avvocati Filippo Cinnante e Gaetano Maria Bernaudo CHIESTI 8 anni e 2 mesi (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati del processo abbreviato di “Reset”)

Articoli correlati