mercoledì,Maggio 15 2024

Cosenza piange Davide Vinto, l’imprenditore “geniale”

Ottantatreenne noto per la straordinaria inventiva e la grande generosità, alcuni anni fa le sue vicissitudini lavorative hanno commosso tutta la città

Cosenza piange Davide Vinto, l’imprenditore “geniale”

Si è spento all’età di 83 anni Davide Vinto, per gli amici Daviduzzo. Personaggio molto conosciuto in città, è stato per anni un imprenditore edile di successo. Ragazzo cresciuto nel rione Massa, aveva in tasca un diploma da geometra, ma la sua creatività gli aveva fatto guadagnare il soprannome di “Ingegniari”. Scritto così: alla cosentina.

Tra le sue invenzioni spiccano le lenticchie ripiene e poi un’improbabile canna da pesca “funghi-pesci”, nel senso che la lenza potevi lanciarla in un lago per far abboccare i pesci, oppure in un prato per tirar su porcini. Semplice, ma geniale.

Guascone e irriverente, divenne celebre a metà degli anni Sessanta per una burla ai danni di un cugino di Perez Prado, affermato trombettista. L’artista si esibiva sul palco del cinema “Citrigno”. «Pereperepè». La canzone si chiamava “Ciliegi rosa”, ma a un certo punto la melodia è interrotta dal crepitio labiale di Daviduzzo, che si inserisce con perfetta sincronia. «Paraparapà». Standind ovation in sala, con lo stesso musicista che, invece di adombrarsi, si unisce all’applauso.

Prodezze, antiche e più recenti, di una vita in cui non sono mancate le amarezze. Soprattutto lavorative. Anni fa, infatti, la sua impresa di costruzioni fallì, risucchiata nel crac dell’allora Multiservizi. In quel periodo, Vinto ristruttura diverse scuole della città e avanza circa quattrocentomila euro dal Comune di Cosenza. Nella sua tasche, però, finirà solo un quarto del credito vantato. Per lui è la rovina. Chiude l’attività ed è costretto a vendere tutti i beni di famiglia: le sue due auto d’epoca, una collezione di fisarmoniche.

Le difficoltà non gli fanno perdere la consueta ironia. All’epoca, infatti, il suo pensiero va soprattutto alle adorate fisarmoniche: «Se ne avessi ancora una, potrei suonare qualcosa per guadagnarmi da vivere». Tutto ciò che riesce a racimolare, lo impiega per liquidare i suoi sedici dipendenti. La generosità, un altro dei suoi tratti distintivi. A lui non rimane nulla, tant’è che a tendergli una mano dovrà pensarci l’allora arcivescovo Nunnari.

È il momento più difficile della sua esistenza. Anni dopo, durante un’intervista in tv, rievocherà la sua odissea per intero, compreso il giorno per lui più buio: quello in cui fu costretto a rivolgersi agli strozzini. Grazie alla sua tenacia e all’amore dei suoi familiari, riuscirà poi a risalire la china. Si è spento serenamente, lasciando in eredità tanto amore e un carico di ricordi, mentre nell’aria risuona ancora l’eco di una pernacchia melodiosa.