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Recovery, clan degli italiani “in soccorso” di chi spaccia droga a Cosenza

La Dda di Catanzaro evidenzia i tratti caratteristici del "Sistema" e parla dei presunti gruppi Illuminato, Di Puppo-D'Alessandro, e Porcaro

Recovery, clan degli italiani “in soccorso” di chi spaccia droga a Cosenza

Le indagini sul narcotraffico a Cosenza sono iniziate nel 2015, quando la Squadra Mobile, diretta all’epoca dal vice questore Giuseppe Zanfini, portava a compimento l’operazione “Job Center“. Si trattava di un’indagine contro il gruppo capeggiato da Celestino Abbruzzese, alias “Micetto”, meglio conosciuto come “Claudio”. Il processo finirà con pesanti condanne e il pentimento di uno degli esponenti della famiglia “Banana” di Cosenza.

Da Marco Perna alle inchieste nella Sibaritide

Qualche mese dopo i carabinieri di Cosenza avevano fatto luce sulle dinamiche criminali del gruppo diretto da Marco Perna. Anche in questo caso tante condanne e narcotraffico principale tema accusatorio riconosciuto come tale nei tre gradi di giudizio. Si arriva così al 2020. Sempre i militari dell’Arma del Nucleo Investigativo di Cosenza, ritengono che Alfonsino Falbo sia a capo di un’associazione a delinquere dedita al narcotraffico. Di recente il tribunale collegiale di Cosenza ha condiviso questa impostazione accusatoria della Dda di Catanzaro.

Due anni fa invece è arrivata l’indagine “Reset”, con il presunto narcotraffico degli Abbruzzese “Banana” di Cosenza, mentre l’estate scorsa, sempre la Dda di Catanzaro, ha alzato il tiro investigativo nella Sibaritide, con le inchieste “Gentlemen 2” e “Athena“. In entrambi i casi parliamo di narcotraffico. Infine, Recovery. La tanto attesa inchiesta contro il clan degli italiani che comprende varie attività investigativa che hanno determinato una “rilettura” degli atti, contestualizzando i fatti nell’orbita mafiosa della cosca “Lanzino-Patitucci“.

Negli ultimi due anni indagate circa 400 persone

Tutti questi procedimenti penali, ad esclusione di quelli che interessano gli Abbruzzese e i Forastefano di Cassano Ionio, possono racchiudersi in una parola sola: “Il Sistema“. Così lo hanno definito i magistrati antimafia Corrado Cubellotti e Vito Valerio che, insieme alle forze dell’ordine, negli ultimi due anni hanno posto le “attenzioni” investigative nei riguardi di circa 400 persone. Anche in Recovery, la tesi accusatoria è quella che il “Sistema” si basi su su principi sostanziali: «Nell’area cosentina tutti contribuiscono alla bacinella comune in cui confluiscono i proventi dello spaccio; sul territorio non può operare nessun soggetto o gruppo “non riconosciuto” o “non autorizzato”; le trasgressioni a tali regole costituiscono il fenomeno del cd. “sottobanco” che, laddove scoperto, viene generalmente sanzionato con minacce, lesioni ed estorsioni”.

Il “mutuo soccorso” dei clan per chi spaccia droga a Cosenza

Nel corso della recente indagine, la Dda di Catanzaro ha messo in evidenza anche i tratti caratteristici della sospetta organizzazione criminale. In particolare, i magistrati hanno sottolineato:

  • La contribuzione, da parte di tutti i gruppi che ne fanno parte, alla bacinella comune;
  • Un’unicità di canali di rifornimento “ufficiali” (cioè autorizzati dal vertice) dello stupefacente, per cui tutto ciò che giunge al di fuori di questi viene considerato “sottobanco“;
  • Rigorose punizioni (con violenti pestaggi o con il pagamento di cospicue somme di denaro alla bacinella comune) nei confronti di chi contravviene all’obbligo di approvvigionarsi di stupefacente dai fornitori autorizzati e riconosciuti procedendo al c.d. “sottobanco”;
  • Numerose articolazioni sottostanti, denominati gruppi e sottogruppi, perlopiù identificati dal nome (o dal soprannome) del personaggio di maggior importanza criminale (gruppo Illuminato, gruppo Di Puppo-D’Alessandro, gruppo Porcaro, ecc.);
  • Il controllo di tutte le piazze di spaccio attraverso una capillare suddivisione territoriale delle zone tra i vari sottogruppi;
  • Una rigida diversificazione delle tipologie di sostanza spacciata (ad esempio l’eroina è appannaggio pressocchè esclusivo del clan degli zingari, la cocaina invece tendenzialmente è trattata dai gruppi degli italiani);
  • La costante conoscenza, da parte dei vertici dell’organizzazione, dell’identità di chi spaccia e per quale gruppo lo fa, in modo che non vi sia spazio alcuno per lo spaccio a soggetti esterni al Sistema;
  • La necessaria riconducibilità di ogni spacciatore che “lavora” a Cosenza ad uno dei gruppi che fa parte del Sistema;
  • La mutua assistenza tra i gruppi per cui, quando a qualcuno manca la sostanza stupefacente, esso può contare sugli altri gruppi, gli “zingari” sugli italiani e viceversa; all’interno delle organizzazioni degli zingari e a quelle degli italiani ci sono diversi sottogruppi, ma tutti partecipano a quella che può essere considerata una sola grande organizzazione secondo l’accordo che prevede la creazione del Sistema.

Un contributo alla causa investigativa lo hanno dato ancora una volta i collaboratori di giustizia i quali hanno spiegato i rapporti di forza tra i due clan della città di Cosenza. Nomi e cognomi che si ritrovano sia nella richiesta di misura cautelare che nell’ordinanza del gip Arianna Roccia.

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