martedì,Maggio 14 2024

“Confidi”, assolti Carotenuto, Vecchione e Falanga. «Giustizia è fatta»

Il tribunale di Cosenza in composizione collegiale (Presidente Urania Granata, a latere Antico e Formoso), ha assolto con la formula perché il fatto non sussiste, Giuseppe Carotenuto, nella qualità di presidente di “Confidi Opus Homini”, difeso dall’avvocato Cristian Cristiano, Gianfranco Vecchione, nella qualità di direttore generale del “Confidi Opus Homini”, difeso dall’avvocato Innocenzo Palazzo e

“Confidi”, assolti Carotenuto, Vecchione e Falanga. «Giustizia è fatta»

Il tribunale di Cosenza in composizione collegiale (Presidente Urania Granata, a latere Antico e Formoso), ha assolto con la formula perché il fatto non sussiste, Giuseppe Carotenuto, nella qualità di presidente di “Confidi Opus Homini”, difeso dall’avvocato Cristian Cristiano, Gianfranco Vecchione, nella qualità di direttore generale del “Confidi Opus Homini”, difeso dall’avvocato Innocenzo Palazzo e Giovanni Falanga, nella qualità di presidente del “Confidi Finlabor”, difeso dagli avvocati Pasquale Naccarato e Carlo Salvo. Gli imputati erano accusati di associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di più reati di truffa aggravata. 

Processo “Confidi”, le accuse ai tre imputati

Le contestazioni mosse, inerenti fatti accaduti tra il 2008 e il 2010, e che avevano portato alla carcerazione preventiva di tutti gli imputati, avevano ipotizzato la formazione di un sodalizio criminoso che, tramite richieste finalizzate ad ottenere l’erogazione dei fondi antiusura da parte del Ministero per l’Economia e la Finanza, operando fraudolente valutazioni delle condizioni di merito creditizio delle aziende interessate a richiedere i fondi e falsificando le lettere bancarie di rigetto delle richieste di finanziamento, aveva introitato ingenti commissioni (pari quasi a 500mila euro), inducendo in errore il ministero per l’Economia e la Finanza, poi costituitosi parte civile. 

Accolte le richieste difensive

Ci sono voluti dieci anni per arrivare alla conclusione del processo di primo grado. Oggi infatti il tribunale di Cosenza ha accolto le richieste difensive, ma anche la procura di Cosenza – rappresentata in udienza dal pubblico ministero Antonio Bruno Tridico – aveva chiesto una sentenza assolutoria. Nel corso del processo sono stati sentiti quasi cento testi, in grado di far comprendere quanto errate fossero le premesse da cui si era dipanata l’indagine. 

Cosa ha chiarito il processo “Confidi”?

Si è così chiarito, infatti, come in nessun momento i finanziamenti erogati fossero mai transitati nella disponibilità degli imputati che, per altro, avevano sempre agito alla luce del sole, documentando il versamento delle varie commissioni ed informando, preventivamente, i titolari delle varie ditte delle spese di istruttoria e delle commissioni da erogare. Rigettate, in tal senso, tutte le richieste risarcitorie avanzate dalle parti civili. 

Sentenza di assoluzione, inoltre, anche per le ipotesi di truffa e induzione indebita contestate, a vario titolo, a Carotenuto e Vecchione, in relazione, rispettivamente, al versamento di somme di denaro per le quali si era ipotizzata inizialmente una richiesta concussiva. Prescritte infine le residue ipotesi di reato, ancora rimaste in piedi.

Il commento del collegio difensivo

Gli avvocati difensori dichiarano che «la pronuncia intervenuta scrive la parola fine ad una vicenda paradossale in cui il travisamento dei meccanismi del funzionamento dei “Confidi” dei fondi antiusura, ha costretto in carcere degli innocenti, ulteriormente vessati dalle lungaggini di un processo protrattosi per tanti, troppi anni». I penalisti del foro di Cosenza, inoltre, aggiungono che «le sentenze parziali di prescrizione impediscono di provare piena soddisfazione per l’esito di un processo, scontato sin dall’inizio, che ha dimostrato l’assoluta fragilità del castello accusatorio in relazione alle contestazioni più gravi – per come affermato anche da un Ufficio di Procura che ha dimostrato, ancora una volta, profonda onestà intellettuale – per le quali, di contro, ampia è stata la formula assolutoria». 

Infine, gli avvocati evidenziano che «ancora una volta lo strumento della carcerazione preventiva, in luogo dell’alternativa possibilità di approfondire gli accadimenti senza la pressione esercitata dalle manette, si è rilevato inadeguato e da rivedere soprattutto in una vicenda, quale quella odierna, che ha riguardato onesti professionisti. Si tratta – concludono gli avvocati – di un ristoro parziale delle indicibili sofferenze patite a fronte di accuse apparse sulle prime pagine della stampa con tanto di foto in bella mostra e conseguente gogna mediatica». 

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