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Testa di Serpente, dalle armi e droga sequestrate in via Popilia ai presunti “accordi usurai”: gli sviluppi

Nuova udienza del processo contro due presunti gruppi criminali. Nella seduta odierna la Dda di Catanzaro ha approfondito il tema sull'arsenale trovato nel febbraio del 2018, nel quartiere popolare di Cosenza

Testa di Serpente, dalle armi e droga sequestrate in via Popilia ai presunti “accordi usurai”: gli sviluppi

Si è svolta nella giornata del 13 aprile 2022, una nuova udienza del processo “Testa di Serpente“. Si tratta dell’inchiesta della Dda di Catanzaro, contro due presunti gruppi criminali operanti tra Cosenza e Rende. Il primo sarebbe coordinato da Roberto Porcaro, presunto esponente del clan “Lanzino” di Cosenza, già condannato in abbreviato, l’altro farebbe riferimento alla famiglia Abbruzzese, meglio conosciuta come “Banana“.

Testa di Serpente, telecamere accese in via Popilia

La pubblica accusa ha sentito due operanti della polizia giudiziaria, uno in servizio presso la Questura di Cosenza e l’altro presso il Comando provinciale della Guardia di Finanza. Nel caso dell’agente della polizia di stato, sono state ripercorse le indagini relative all’intercapedine in via Popilia, dove il 7 febbraio del 2018, i poliziotti trovarono armi e droga che, in “Testa di Serpente“, vengono attribuiti agli Abbruzzese. L’investigatore si è occupato delle riprese video e delle intercettazioni. Ha rilevato inoltre di aver visto un “via vai” di persone nel “buco” dove poi fu rinvenuto l’arsenale, confermato anche dal collaboratore di giustizia Celestino Abbruzzese, alias “Micetto“, spiegando che le telecamere erano state spente il 2 febbraio del 2018. E dopo cinque giorni scattò il blitz della polizia nel quartiere popolare di Cosenza. Nel controesame è emerso, invece, che nel palazzo “attenzionato” in realtà abitavano (e abitano) la maggior parte degli imputati dei “Banana“, alcuni visti uscire con zaini mentre accompagnavano i figli a scuola.

Testa di Serpente, i presunti “accordi usurai”

Altro tema tratto in udienza è stato quello dei presunti “accordi usurai”, aggravati dall’agevolazione mafiosa, tra Carlo e Giovanni Drago, quest’ultimo imputato in ordinario, e due imprenditori cosentini. Il finanziere che ha svolto gli accertamenti tecnici ha riferito su quanto avvenuto in quella fase delle indagini, spiegando di aver acquisito anche un contratto firmato tra le parti per il versamento delle somme a titolo usuraio, tra cui un’ultima “caparra” da 20mila euro. Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Filippo Cinnante, Giorgia Greco, Cristian Bilotta, Paolo Pisani, Antonio Quintieri, Fiorella Bozzarello, Francesco Boccia, Cristian Cristiano, Mariarosa Bugliari e Cesare Badolato.

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