mercoledì,Novembre 6 2024

Servi della gleba (a testa alta)

La ricerca del sostituto di Dionigi è stata un casting perverso e mortificante. E il profilo di Viali non sembra adatto a centrare la salvezza. Il nuovo tecnico è una scommessa che dipende da tre fattori. E dall'onestà intellettuale di tutti

Servi della gleba (a testa alta)

Mentre scattavo questo selfie con il più grande disegnatore italiano vivente, erano le tre di sabato pomeriggio e io e Gipi non parlavamo di fumetti, ma di calcio.

Al Lucca Comics & Games avevamo un appuntamento alle due e mezza per un’intervista sul suo nuovo e buffissimo Barbarone. Arrivo e trovo la moglie Chiara, l’elegante bionda che si intravede sullo sfondo, pronta ad avvisarmi: Arriverà un po’ in ritardo, sta guardando il primo tempo del Pisa, aggiunge con un sorriso. E la cosa mi pare strana perché, nelle tante edizioni del Comics che ho seguito, di calcio con il fumettista di LMVDM e Baci dalla provincia non s’era mai finiti a parlare. Scopro così che quella per i nerazzurri (nostri prossimi avversari) è una passione viscerale e recente, perché all’epoca degli anni d’oro di Anconetani del pallone non m’importava nulla, negli ultimi due anni invece non ho perso una partita.

Mentre insomma scattavo questa foto e l’intervista si svolgeva secondo un surreale canovaccio (Gipi e io ciascuno con un occhio al proprio smartphone a seguire le rispettive partite, tra domande e risposte) il Cosenza era ancora in parità – e il Pisa inchiodato sullo 0-0. Ma tanto noi ora ci s’ha di nuovo mister D’Angelo, mi dice Gipi, vedrai che ci si rimette in carreggiata. Con queste parole senza saperlo, proprio mentre il Frosinone andava in vantaggio, mi infliggeva una coltellata da sliding doors. Perché, come ricorderà chi segue Minamò, noi mister D’Angelo avremmo potuto ingaggiarlo a luglio. E invece…

E invece, dopo aver intonato l’Hallelujah per l’esonero di Dionigi, consapevoli che come scrisse il poeta Cohen love is not a victory march (in sostanza siamo nati per soffrire, ipse Piero Romeo dixit), ecco la settimana e il casting più surreali della nostra storia. Perché al posto di Davide (rimosso con molta calma, al lunedì) la società vorrebbe un Golia, un nome altisonante da spendere sulla piazza. Si puntano Aglietti e Stellone, ma il primo rifiuta perché chiede un contratto con rinnovo automatico in caso di salvezza. Si sondano Sensini, Rudy Vanoli, Modesto, Breda, Di Biagio, Zenga e forse anche l’Uomo Ragno in persona. Si prova a riesumare dalla meritata pensione Zeman (che tuttavia non ha mai risposto) e pure Ventura (forse Ace, quello di Jim Carrey), ad agganciare Shevchenko (per sentirsi dire non posso scendere di categoria) e Panucci. Mancava solo Oronzo Canà, ma impegnato anche lui tra gli stand di Lucca Comics temo abbia cestinato la telefonata nello spam.

Ora, chi scrive questo blog procede nelle valutazioni calcistiche come nei rapporti umani: massima fiducia iniziale che, se si rivela mal riposta, porta direttamente a fare la croce sul personaggio in questione. Quindi ampio credito a William Viali, nella speranza che rimetta in sesto la squadra, sappia trasmetterle ordine e idee, riesca a sfruttare il materiale tecnico che ha (e che, salvo alcuni vuoti cosmici, continuo a sostenere non è così insufficiente per centrare la salvezza) e restituisca entusiasmo alla piazza. Ma è evidente che non ci siamo proprio. Altro che qualcosa è cambiato, come improvvidamente scrissi (per fortuna aggiungendo un punto interrogativo finale) un mesetto fa dopo il rinnovo di Nuciddra. La ricerca del sostituto di Dionigi è stata un perverso e mortificante casting, risolto a poco più di 72 ore dal fischio d’inizio dell’Arena Garibaldi, simile in tutto e per tutto a quello che, nel 2001, portò il centrosinistra a candidare Rutelli premier (ma solo perché Amedeo Nazzari era morto).

Per fortuna William Viali è vivo e lotta insieme a noi. Certo è che a Cesena, dove arrivò nel 2020, tutti si aspettavano che portasse direttamente i romagnoli in B – e, invece, ha ottenuto due eliminazioni ai playoff. Tre con quella di Novara. E prima ancora: esonero col Sudtirol; esonero (e rientro) a Piacenza; salvezza ai playout col Pro Piacenza e col Cuneo. Vogliamo chiamarla scommessa? Diciamo azzardo e non se ne parli più (consapevoli che, a volte, gli azzardi riescono). Recuperare Florenzi dopo l’infortunio, mettere al centro del progetto tecnico D’Urso e Calò, ritrovare i gol di Larrivey (o Zilli o Nasti o Butic: basta che la palla vada in rete): se Viali centra questi tre obiettivi (e Gemmi rinforza la rosa a gennaio), il Cosenza otterrà la salvezza. Altrimenti torneremo in terza serie.

Io invece torno a bomba perché, nella nostra breve chiacchierata, a un certo punto Gipi mi ha detto: in questi due anni ho scoperto cosa significa amare una squadra di calcio, innamorarsi di certi calciatori, provare addirittura dolore quando uno di questi viene ceduto. E innamorarsi di questa squadra era proprio il desiderio che esprimevo qualche settimana fa. Pur consapevole di tutti i limiti di questa rosa. Dopo l’esonero di Dionigi, sarebbe servito un sergente di ferro, un vecchio volpone. Non un catenacciaro, per carità, ma un tecnico in grado di esercitare da subito autorevolezza. Una scommessa come Viali potrà farlo solo inanellando subito risultati o lo spogliatoio perderà fiducia, proprio come accaduto con Dionigi.

Che questo sarebbe stato un campionato difficile lo scrissi dall’inizio. Come ammonii a non cadere nell’errore di passare dallo st’annu facimu i playoff (vulgata ancora assai diffusa tre settimane fa, quando qui si ammoniva ai primi segnali di crollo) allo sconforto totale. La serie B è lunga. Se pure accadesse domenica di ritrovarsi terzultimi, resta ancora molta strada da fare. Credo però che tutti ne faremo ben poca se ci sfugge il passaggio logico che provo a fare in conclusione.

Che il primo problema del Cosenza sia la gestione societaria non c’è dubbio (qui lo si scrive da tempo immemore). Che da questo dipenda il penoso casting, i tanti vorrei ma non posso ottenuti in risposta, pure. Che queste argomentazioni vengano tirate fuori solo quando le cose ormai vanno a rotoli è un gigantesco errore mediatico. Perché dubito che Gemmi abbia accettato quest’incarico senza conoscere la piazza e il budget (ergo, da un certo punto in poi, gli errori commessi sono tutti suoi). E così Dionigi e, adesso, Viali. Quel che voglio dire è che la cattiva gestione societaria o è una constatazione permanente (e diventa un’accusa o una domanda, possibilmente insistente) o si trasforma, come infatti avviene, in un alibi calcistico da tirare fuori in base alle convenienze di turno. Tanto per essere chiari: per Dionigi è stato un alibi, per Braglia no, per Trinchera forse.

Quel ch’è certo è che, purtroppo, questo modo di fare calcio trasforma tutti noi tifosi in servi della gleba dell’Italia pallonara. E sono davvero in pochi a poter girare a testa alta.

Articoli correlati