Tutto da rifare il processo sul tentato omicidio di Firmo: ecco perché
Accolto in toto il ricorso della difesa di Mario Basile. Gli avvocati Vittorio Franco e Santo Ricetta avevano sollevato alcune questioni che la Cassazione ha condiviso
Annullata con rinvio la sentenza di condanna a nove anni di carcere nei confronti di Mario Basile, 41enne cosentino, accusato del tentato omicidio di una donna, avvenuto a Firmo nel 2013. Lo ha deciso la Suprema Corte di Cassazione, prima sezione penale, accogliendo in toto il ricorso presentato dagli avvocati difensori Vittorio Franco e Santo Ricetta, i quali avevano evidenziato come neanche la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro avesse valutato attentamente le prove a discarico presentate sia in primo che in secondo grado.
Tentato omicidio di Firmo, la ricostruzione dei fatti
I giudici di merito, «hanno ritenuto accertato, sulla scorta delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa, valutate soggettivamente ed oggettivamente attendibili, che Basile, – in passato autore di ripetuti atti intimidatori posti in essere al fine di costringere la parte offesa a cedergli gratuitamente un appartamento ed un garage, come già avvenuto per un altro immobile con l’impegno per il donatario di prestarle assistenza – dopo averla sorpresa per strada, l’aveva inseguita, raggiungendola all’interno della sua abitazione, dove l’aveva ripetutamente colpita alla testa con un “rasoio antico”, fino a quando non era caduta a terra in una pozza di sangue» riportano gli ermellini.
«Non è stato prestato credito all’alibi fornito dall’imputato che aveva riferito di essersi trovato nelle ore in cui la donna era stata aggredita nella sua abitazione di Firmo» Basile si sarebbe trovato «nella città di Cosenza, distante sessanta chilometri, in compagnia di Antonio Prioli e Paolo Viafora».
La ricostruzione alternativa di Basile sarebbe stata ritenuta falsa dai giudici di merito «alla luce della contraddittorietà ed inverosimiglianza della deposizione del testimone della difesa Prioli che avrebbe dovuto, invece, avvalorarlo. La configurabilità del tentato di omicidio, sul piano oggettivo e soggettivo, è stata desunta dal mezzo usato, dalle lesioni cagionate, dalla sede corporea attinta e da quella avuta di mira dall’imputato, dalle modalità complessive della condotta e dalle pregresse ripetute minacce di morte».
Cosa contestava la difesa di Mario Basile
«La difesa aveva avanzato alla Corte di appello la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, ai sensi dell’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., evidenziando la sopravvenienza di una prova decisiva a discarico, costituita dalla copia del file audio, rilasciata dalla cancelleria dopo il deposito della sentenza del Tribunale, riproducente la registrazione della deposizione dal testimone Antonio Prioli, trascritta nel verbale di udienza del 6 luglio 2017» avevano scritto i difensori Franco e Ricetta.
«Secondo la prospettazione difensiva tale documento dimostrava la presenza di un errore macroscopico nella trascrizione del verbale dell’esame dibattimentale di Prioli. Risultava trascritta l’espressione “Mi ha bussato la signora che l’ho aggredita” al posto di “Mi ha accusato la signora che l’ho aggredita”. L’errore, ove accertato, avrebbe scardinato il percorso argomentativo seguito dal Tribunale per considerare falso l’alibi fornito dall’imputato perché imperniato sulla frase mai pronunciata da Prioli. La Corte avrebbe dovuto, quindi, acquisire il supporto contenente la fonoregistrazione allegato all’atto di appello, disponendone un nuova trascrizione del contenuto o disporre una perizia volta ad accertare il reale contenuto della deposizione testimoniale».
Gli altri motivi, inoltre, riguardavano l’omessa rinnovazione dell’istruttoria con l’assunzione testimoniale di Paolo Viafora, i presunti vizi di motivazione con riferimento alla valutazione delle dichiarazioni rese dalla donna aggredita e che la stessa non fosse in pericolo di vita per la ferita al cuoio capelluto, espressamente definitiva dal dottor, «non mortale».
Ecco perché il processo contro Mario Basile è da rifare
«La richiesta dell’appellante di nuova trascrizione del file audio o di perizia volta ad accertarne il reale contenuto della deposizione resa all’udienza dal testimone Prioli ha senz’altro ad oggetto l’ammissione di una prova scoperta successivamente al giudizio di primo grado. E’ pacifico che l’imputato sia entrato in possesso del file audio successivamente al deposito della sentenza del Tribunale e che solo a partire da questo momento è stato in grado di rilevare il denunziato errore di trascrizione, che, peraltro, non poteva essere evidenziato nel corso del dibattimento perché la deposizione di Prioli era stata assunta nella stessa udienza in cui era stata pronunciata la sentenza, quando la trascrizione non era stata ancora depositata» sottolinea la Cassazione.
«Sulla richiesta, tempestivamente formulata, di rinnovazione dell’istruttoria con l’esame di Viafora, la Corte distrettuale non si è pronunciata. Non è possibile ricavare neanche implicitamente le ragioni che l’hanno determinata a non accogliere la sollecitazione della difesa. Al contrario, il diniego si pone in stridente contrasto con l’attribuzione di decisiva valenza accusatoria al fallimento dell’alibi dell’imputato in conformità alle valutazioni del Tribunale. Su tale tema, infatti, avrebbe potuto significativamente incidere la deposizione di Viafora, quanto meno al pari di quella di Prioli, che, in considerazione di ciò, era stato esaminato nel primo grado del giudizio» scrive la prima sezione penale.
Ora un nuovo processo per il tentato omicidio di Firmo
In conclusione, «gli approfondimenti richiesti dalla difesa sulla tenuta dell’alibi dell’imputato, peraltro, erano quanto mai opportuni, se non necessari, in ragione delle criticità presenti nella contrapposta ricostruzione accusatoria propinata dalla persona offesa, la quale non solo, come si legge nella sentenza in verifica, aveva in atto un risalente “aspro contrasto” con Basile, nel cui ambito era stata condannata per il reato di minaccia, ma, come dedotto dalla difesa nei motivi di appello con argomentazioni specifiche che non risultano essere state prese in esame dalla sentenza impugnata se non con il generico ed acritico richiamo alla pronuncia del Tribunale, aveva reso dichiarazioni imprecise, solo parzialmente confermate dagli accertamenti tecnici e dalla documentazione acquisita in atti».
Ora dunque un nuovo processo di secondo grado per Mario Basile. I difensori, in prima battuta, insisteranno nel fare emergere l’estraneità ai fatti del loro assistito e in subordine la richiesta di riqualificare i fatti da tentato omicidio a lesioni personali.