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Caso Bozzo, la condanna di Pietro Citrigno va in prescrizione

Cancellati i quattro mesi di pena inflitti in precedenza all'editore per la violenza privata esercitata sul giornalista morto poi suicida a marzo del 2013

Caso Bozzo, la condanna di Pietro Citrigno va in prescrizione

Va in prescrizione la condanna dell’imprenditore cosentino Pietro Citrigno, in precedenza giudicato colpevole di violenza privata ai danni del compianto Alessandro Bozzo, già cronista di Calabria Ora e poi de L’ora della Calabria, quotidiani oggi estinti ma all’epoca di proprietà dell’imputato. Citrigno era stato condannato a quattro mesi di pena al termine dei primi due gradi di giudizio e si era in attesa del verdetto definitivo della Cassazione dopo il ricorso presentato dai suoi avvocati, Saverio Loiero e Salvatore Staiano. In un primo momento i giudici romani avevano dichiarato inammissibile il ricorso, circostanza che avrebbe fatto diventare definitiva la sentenza di colpevolezza, ma a seguito di una memoria aggiuntiva presentata dai due difensori, la Corte è tornata sui propri passi, entrando nel merito per dichiarare l’intervenuta prescrizione. Senza rinvii.

La vicenda giudiziaria trae origine dai fatti del 15 marzo 2013, data del suicidio di Bozzo. A trovarlo morto nella sua abitazione di Marano Principato è la moglie, appena rientrata a casa. Il giornalista, quarant’anni compiuti da tre giorni, si è suicidato con un colpo di pistola in testa. Sul tavolo, una lettera scritta di suo pugno in cui afferma di essere stanco della vita. Pochi giorni più tardi, però, dai suoi effetti personali salta fuori un diario che documenta la situazione di profondo disagio da lui vissuta sul posto di lavoro. Ad aprile del 2012, infatti, il giornale per cui lavora gli ha cambiato il contratto: non più a tempo indeterminato bensì in scadenza alla fine dell’anno. Il giornalista se ne lamenta con i colleghi, ma sottoscrive il nuovo accordo a tempo determinato. «Ho firmato un’estorsione» dirà poco dopo ad alcuni di loro con amarezza.

Dalle pagine del diario emerge tutto il suo disappunto per la condizione lavorativa, ma anche tutto l’amore per il suo mestiere che esercita con spirito critico e indipendenza di giudizio, circostanza che lo porta ad avere rapporti contrastati con quasi tutti i direttori che incontra sul cammino. Da quei fogli, però, affiora soprattutto l’avversione nei confronti del proprio editore, al quale imputa tutta una serie di vessazioni subite nel corso degli anni: rimproveri, censure, per ultimo, la minaccia del licenziamento.

A dicembre del 2012 questo pericolo sembra ormai scongiurato, ma tre mesi dopo, il cronista si toglie la vita. È lo stesso editore a consegnare al papà di Bozzo i diari che il giornalista custodiva in redazione, nella sua scrivania. Di lì a poco transiteranno in Procura e, dalla lettura degli stessi, i magistrati sono arrivati poi a ipotizzare una responsabilità di Citrigno in termini di violenza privata.

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