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La storia della ‘ndrangheta cosentina raccontata dal pentito Nicola Acri: omicidi, frizioni e nuove alleanze

L'ex boss di Rossano, tra i killer più spietati nel panorama mafioso calabrese, svela i retroscena dei clan, nel corso di un recente interrogatorio davanti alla Dda di Catanzaro

La storia della ‘ndrangheta cosentina raccontata dal pentito Nicola Acri: omicidi, frizioni e nuove alleanze

Nicola Acri è uno dei pentiti eccellenti della ‘ndrangheta calabrese. Parliamo di un boss che nel corso della sua vita criminale ha commesso tantissimi omicidi, i quali sono stati tutti raccontati alla Dda di Catanzaro. Un personaggio di spessore, di alta levatura, che pochi anni fa ha deciso di “saltare il fosso”, aprendosi una nuova strada, dopo aver collezionato sentenze irrevocabili di condanne all’ergastolo per delitti di mafia consumati tra gli anni ’90 e 2000.

Tra l’altro, Nicola Acri si trova ancora a processo per il duplice omicidio Cristaldi-Nucerito, insieme al capo degli “zingari” di Cassano allo Ionio, Francesco Abbruzzese, alias “Dentuzzo”, che nei precedenti gradi di giudizio aveva ottenuto diversi annullamenti dalla Corte di Cassazione. Oggi il quadro processuale si è notevolmente complicato con le dichiarazioni etero ed auto-accusatorie di Nicola Acri, partecipe del duplice assassinio di stampo mafioso.

‘Ndrangheta, le dichiarazioni di Nicola Acri nella maxi-inchiesta su Cosenza

Nicola Acri, nell’inchiesta sugli arresti a Cosenza, fornisce un contributivo narrativo importante per disegnare la geografia mafiosa in provincia di Cosenza, dagli anni ’90 fino al giorno in cui ha deciso di vuotare il sacco.

L’ex boss di Rossano, alleato storico degli Abbruzzese, che aveva come punto di riferimento criminale il Crimine di Cirò Marina, che in quegli anni “coordinava” la zona jonica, dal Crotonese fino al Cosentino, poi superato dal Crimine di Cutro, vista l’evoluzione di Nicolino Grande Aracri, ha contestualizzato i suoi ricordi rispetto alle posizioni di vertice che vengono descritte nell’operazione anti-‘ndrangheta a Cosenza. Ha parlato degli “zingari” di Cosenza e Cassano, e degli italiani, menzionando il periodo delle tensioni che poi sono sfociate in alcuni omicidi, nell’ambito della seconda guerra di mafia che aveva interessato la provincia di Cosenza tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo.

L’ascesa dei “Banana” in provincia di Cosenza

Il 28 giugno del 2021, Nicola Acri, davanti ai magistrati della Dda di Catanzaro, spiega «di aver avuto rapporti diretti, a far data dalla fine degli anni ’90, con il gruppo dei cosiddetti “Banana”, riconducibile a Fioravante Abbruzzese ed ai suoi figli. In particolare ho avuto rapporti con Andrea e Tonino, i quali operavano principalmente nella zona di Cassano. In particolare con Tonino, ho commesso alcuni omicidi. Conoscevo anche gli altri figli di Fioravante, un tale Micetto, di cui non ricordo il nome, e tale Francolino, i quali tuttavia si occupavano prevalentemente del ferro vecchio e con i quali non ho avuto particolari rapporti di tipo criminale».

Nicola Acri poi si sposta su Cosenza: «C’erano anche altri figli di Fioravante, Marco e un altro di cui non ricordo il nome, che però all’epoca di cui vi sto parlando erano ancora troppo piccoli e non inseriti in un conteso criminale. Preciso, a tal proposito, che nel 2006 quando sono uscito dal primo periodo di detenzione, ho incontrato Tonino “Banana”, il quale mi raccontava che anche questi due fratelli più piccoli avevano iniziato ad avere problemi con la giustizia».

«I “Banana” da sempre nella ‘ndrangheta»

Nicola Acri prosegue il suo narrato, inserendo altri soggetti legati agli “zingari”. «Il gruppo dei “Banana”, è da sempre inserito all’interno della ‘ndrangheta. Ho saputo direttamente da Fiore Abbruzzese delle novità (notizia) che Andrea e Tonino erano stati formalmente affiliati, nei primi anni 2000 agli Abbruzzese di Cassano. Mentre Fioravante Abbruzzese Banana” godeva già di una remota affiliazione alla ‘ndrangheta di Cosenza già dai tempi di Franco Pino. Tale affiliazione su Cosenza di Fioravante Banana, tuttavia, non gli ha impedito di creare un gruppo autonomo ed in grado di avere rapporti diretti con gli omonimi di Cassano».

Il pentito di Rossano, evidenzia poi le sue altre conoscenze cosentine: «Allo stesso modo della ‘ndrangheta cosentina facevano parte altri soggetti che io ho conosciuto come Giovanni Abruzzese, il fratello Franco Bruzzese (con il quale ho anche tentato di realizzare una rapina a un portavalori a Cerignola), Carlo Lamanna, Donato Anzillotta, Luigi Berlingieri e i cognati Nino e Tonino. Si tratta d conoscenze anche queste maturate alla fine degli anni ‘90».

Il gruppo degli “italiani” raccontato da Nicola Acri

Acri, conosciuto come “Occhi di ghiaccio”, uno dei killer più spietati nel panorama mafioso cosentino, parla anche degli italiani, più precisamente del gruppo “Lanzino”. «Con riferimento agli italiani di Cosenza, ho avuto rapporti criminali con gli storici esponenti del gruppo: Ettore Lanzino, Franco Presta, Aldo Chiodo, Gianluca Marsico, Vincenzo Dedato e Carmine Chirillo. Si tratta di rapporti anch’essi datati nel tempo”, ma le notizie più recenti, Nicola Acri dice di averle apprese in carcere da Carlo Lamanna, «durante il periodo di detenzione, che è ininterrotto dal 2010».

Con Carlo Lamanna hanno trascorso una detenzione comune a Spoleto. «Ha commentato genericamente con me circa il fatto che l’attività dell’organizzazione criminale cosentina, della quale lui ha fatto sempre parte, prosegue tuttora, lamentando di essere stato “abbandonato” dai suoi referenti, con particolare riferimento al gruppo tradizionalmente riconducibile a Giovanni Abruzzese. A tal proposito, Carlo Lamanna diceva che nonostante molti degli Abbruzzese fossero in libertà, nessuno di questi ha mai provveduto al suo sostentamento in carcere». Acri aggiunge: «Per contro, invece, i referenti dei cosiddetti “italiani”, gli avevano più volte manifestato la loro disponibilità a sostenerlo economicamente, anche in tempi recenti, di questi italiani si riferiva a Mario Gatto e Francesco Patitucci i quali più volte gli avevano mandato a chiedere se avesse bisogno di qualcosa. Tuttavia, per come riferiva lo stesso Carlo Lamanna, questi non ha inteso accettare questo sostegno».

La figura di Francesco Patitucci

Nicola Acri rivela di non aver mai conosciuto Francesco Patitucci, presunto boss della confederazione mafiosa cosentina. «Preciso di non averlo mai conosciuto fisicamente, ma ho da sempre sentito parlare di lui come soggetto inserito al vertice dell’organizzazione criminale cosentina, tradizionalmente riconducibile al gruppo Lanzino. Le prime volte che Lanzino mi ha parlato di Patitucci, è stato all’incarica alla fine degli anni ’90, quando Patitucci stava scontando un residuo pena per un omicidio molto risalente nel tempo e legato a motivi di debito-credito. Già allora si parlava di lui come un elemento di vertice del gruppo. Sempre sul conto di Patitucci, Carlo Lamanna mi raccontava di un suo recente arresto in riferimento all’omicidio di Luca Bruni, e per il quale Patitucci veniva accusato da alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Franco Bruzzese, Daniele Lamanna, fratello di Carlo». Per la cronaca, Patitucci è stato assolto in via definitiva per il delitto dell’ultimo boss dei “Bella bella”.

La latitanza a Camigliatello Silano

I rapporti tra Nicola Acri e il gruppo Lanzino sono proseguiti negli anni. E l’ex boss di Rossano racconta un episodio specifico. «Ricordo di averli fatti accompagnare a Cirò dai referenti di Cataldo Marincola anche se non ricordo con precisione quale fosse l’oggetto specifico di tale incontro. A tal proposito ricordo che durante il mio periodo di latitanza a Camigliatello Silano, in cui ero assieme a Cataldo Marincola, abbiamo incontrato Piromallo, un certo Sasà e Gianfranco Bruni, su richiesta di Cataldo Marincola che voleva ribadire ai cosentini la permanenza di un rapporto di reciproca fiducia criminale che doveva andare avanti come ai tempi di Franco Pino».

‘Ndrangheta e dintorni, «Cosenza non dipendeva dal Crimine di Cirò»

Nicola Acri, infine, spiega che «Cosenza non dipende formalmente dal “Crimine” di Cirò Marina, costituendo di fatto un Crimine autonomo. Devo altresì precisare che il vero Crimine, era riconosciuto in capo a Franco Pino, ma dopo il suo pentimento e quello di tanti altri dopo di lui, non c’è più stato un formale riconoscimento del Crimine a Cosenza. Di fatto l’organizzazione criminale ha continuato ad operare con le medesime regole ‘ndranghetistiche, ma i referenti che si sono succeduti dopo Franco Pino non hanno avuto interesse o l’occasione ad ottenere un formale riconoscimento in questo senso».

Gli altri esponenti degli italiani

Nicola Acri, in conclusione del verbale reso circa un anno e mezzo fa, dichiara di conoscere solo per nome Michele Di Puppo, di aver sentito parlare di Gianfranco Scanga, e di essere a conoscenza del fatto che «Franco Presta, continua a gestire il suo gruppo criminale che opera tra le zone di Roggiano Gravina e Tarsia. I referenti sul territorio sono dei parenti che io non ho mai conosciuto fisicamente che stanno proprio a Roggiano Gravina, nonché Pino Perri, che opera sulla zona di Acri, e un altro soggetto, Costantino Scorza, che opera più nella zona vicina al comune di Spezzano Albanese».

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