Rende, la minoranza: «Ecco il nuovo ordine del giorno. Morrone convochi il Consiglio»
I nove firmatari cambiano la mozione con cui richiedono una seduta straordinaria del pubblico consesso e citano l'articolo 17. Il presidente dell'assise ha ora 20 giorni di tempo per convocare la seduta
Nuovo round a Rende. I nove consiglieri comunali che avevano ottenuto un secco rifiuto da parte di Gaetano Morrone alla richiesta della convocazione di un consiglio comunale straordinario, tornano alla carica. Questa mattina Annarita Pulicani, Francesco Beltrano, Luciano Bonanno, Andrea Cuzzocrea, Michele Morrone, Enrico Francesco Monaco, Massimiliano De Rose, Sandro Principe e Domenico Talarico hanno protocollato in segreteria una nuova istanza.
Fanno espresso riferimento all’articolo 17 dello Statuto, in base al quale basta un quinto degli eletti a far riunire in via eccezionale l’assise. «È stata formalizzata al protocollo la richiesta dì sessione straordinaria del consiglio comunale – hanno evidenziato -. Ora il presidente deve convocarlo entro 20 giorni». Il nuovo ordine del giorno sollecitato è “Situazione politico amministrativa della città alla luce delle recenti inchieste giudiziarie: discussione, determinazione e indirizzi”.
Cosa dice l’articolo 17 dello Statuto comunale di Rende
In base al comma tre dell’articolo 17 dello Statuto comunale di Rende, «le sessioni straordinarie hanno luogo su determinazione del Presidente del Consiglio, oppure su richiesta del Sindaco o per richiesta di un quinto dei consiglieri assegnati al comune, inserendo nell’ordine del giorno le questioni richieste, purché di competenza consiliare». Al comma successivo, invece, si fa riferimento a quanto evidenziato dai nove firmatari. «La riunione in sessione straordinaria – si legge – deve tenersi entro 20 (venti) giorni dalla presentazione della richiesta, di cui al comma precedente, al Presidente del Consiglio»
Le puntate precedenti
Gaetano Morrone, presidente del pubblico consesso rendese aveva risposto nietappena qualche giorno fa. Il motivo era l’oggetto della richiesta: una mozione di sfiducia al sindaco Marcello Manna. Quanto bastava per addurre a motivazione del diniego l’articolo 42 dell’ormai celebre e spulciatissimo Statuto comunale. In quel caso sarebbero serviti i due quinti dei consiglieri, per l’esattezza 10 arrotondando il dato aritmetico di 9.6. Il due di picche non ha scoraggiato la minoranza che, tornata alla carica, ha individuato le modalità previste dalla legge per ottenere una discussione istituzionale circa la loro mozione.