Comune di Rende, no di Morrone al consiglio sulla mozione di sfiducia a Manna
Non si discuterà nel pubblico consesso la richiesta firmata e protocollata ieri da parte di nove esponenti della minoranza. Il presidente: «Servivano i due quinti, che sarebbero 9,6».
Nel giorno in cui vengono rese note le motivazioni del Tribunale del Riesame grazie alle quali sono stati revocati gli arresti domiciliari a Marcello Manna nell’ambito dell’inchiesta Reset, si registra anche il no di Gaetano Morrone ai nove consiglieri di minoranza. Ieri Annarita Pulicani, Francesco Beltrano, Luciano Bonanno, Andrea Cuzzocrea, Michele Morrone, Enrico Francesco Monaco, Massimiliano De Rose, Sandro Principe e Domenico Talarico avevano invocato la convocazione di un consiglio comunale per discutere una mozione di sfiducia al sindaco.
Il presidente del pubblico consesso oggi ha fatto sapere di non poter procedere in quanto la richiesta è stata sottoscritta da un numero inferiore ai due quinti previsti dallo Statuto comunale. Il niet è stato accompagnato da una lettera indirizzata ai rappresentanti delle forze di opposizione, con cui si motiva la decisione assunta. «Egregi consiglieri – si legge – con la presente comunico che la richiesta in oggetto non può trovare accoglimento poiché sottoscritta da un numero di consiglieri inferiore ai due quinti previsti dall’art. 52 del Decreto legislativo n. 267/2000, nonché dall’art. 42 dello Statuto comunale».
Gaetano Morrone, allegandone una copia, fa poi riferimento ad un parere del Ministero dell’Interno formulato in riferimento ad una vicenda del tutto identica. «Ha autorevolmente precisato – spiega il presidente del consiglio comunale – che “nel caso in cui il computo dei due quinti dei consiglieri assegnati, necessario per la sottoscrizione della mozione di sfiducia di cui al più volte citato art. 52, assommi ad una cifra decimale, si osserva che nella fattispecie (posto che il sindaco va escluso dal computo per espressa previsione della citata norma), il numero dei consiglieri assegnati è pari a 24 ed il novero dei due quinti è pari a 9,6“».
«”In conformità ad un costante indirizzo interpretativo, si ritiene che – continua Morrone – in mancanza di apposite prescrizioni statutarie o regolamentari, sia legittimamente applicabile il criterio dell’arrotondamento aritmetico, in quanto richiamato espressamente, a vario titolo, in più disposizioni del richiamato decreto legislativo n. 267/00 (cfr. artt. 47, c. 1; 71, co. 8; 73, co.l; 75, co. 8). Detto criterio implica, com’è noto, che in caso di cifra decimale uguale o inferiore a 50, l’arrotondamento debba essere effettuato per difetto, mentre nel caso in cui essa sia superiore a 50 si procederà ad arrotondamento per eccesso. Per quanto precede, deve pervenirsi a conclusione che, nel caso di specie, occorra la sottoscrizione di dieci consiglieri comunali”».