Il magistrato cosentino Liguori contro il Csm: vuole tornare a Terni
L'ex procuratore non confermato dal precedente Plenum si rivolge al Tar del Lazio. Per il togato cosentino l'atto impugnato l'atto impugnato risulta «gravemente lesivo della carriera e della immagine»
Alberto Liguori non ci sta. Il magistrato calabrese, originario di San Demetrio Corone, ritiene fortemente illegittimità la mancata riconferma a procuratore capo di Terni. Non conferma legata alla decisione del precedente Consiglio Superiore della Magistratura di votare a maggioranza per il suo ritorno a Roma con le funzioni di pubblico ministero. Il tema della discordia? Le chat con Palamara.
Liguori, com’è noto, si era interessato alla nomina del giudice Paola Lucente a presidente della sezione penale del tribunale di Cosenza al posto del togato Salvatore Carpino, oggi presidente della sezione penale del tribunale di Paola, che in quinta commissione nel 2017 ottenne 4 voti, mentre 2 voti finirono alla Lucente. Poi con il ricorso del giudice Carmen Ciarcia le cose andarono in un altro modo, ovvero con Carpino ritenuto non idoneo per l’incarico del 2017 a seguito prima dell’annullamento del Tar del Lazio e infine della conferma del Consiglio di Stato. Un provvedimento che permise alla Ciarcia di ricoprire il posto occupato in questo momento.
Csm, cosa sostiene il magistrato Alberto Liguori
L’ex procuratore di Terni Alberto Liguori ha evidenziato nel ricorso che «i contenuti di tali chat tra Palamara e il ricorrente non avevano giammai ad oggetto questioni nemmeno lontanamente riferibili all’ufficio ricoperto dal ricorrente (Procura di Terni) e al territorio di sua competenza» e che in tali chat egli «si limitava, in modo se mai appena confidenziale e colorito, a esprimere proprie valutazioni critiche su scelte che il CSM stava compiendo o aveva annunciato di compiere, scelte del resto, criticate dal ricorrente e poi più volte sanzionate anche dal giudice amministrativo».
Inoltre, il magistrato ha sostenuto che «mentre con riguardo a posizioni di magistrati per i quali i contenuti delle chat risultavano essere in relazione alle funzioni ricoperte, l’organo di autogoverno avviava procedimenti di incompatibilità, invece per Liguori il CSM accertava l’assoluta estraneità da tale ambito dei contenuti e così, non solo non veniva nemmeno ipotizzata alcuna azione disciplinare ma, con motivata deliberazione 13.01.2021 (rel. Di Matteo), il CSM escludeva espressamente come le stesse potessero in alcun modo mettere in dubbio l’autonomia, l’indipendenza e la serenità delle funzione di Procuratore svolte a Terni, disponendosi quindi, in assenza di alcuna posizione contraria, per l’archiviazione senza apertura di alcun procedimento».
L’atto impugnato risulta «gravemente lesivo della carriera e della immagine»
Per Liguori quindi è «davvero sorprendente che ora, con l’atto gravato, il CSM dovendo concludere il procedimento di conferma, ha invece inopinatamente deliberato la “non conferma“, sulla base sempre delle richiamate comunicazioni con Palamara ma questa volta del tutto apoditticamente affermando che le stesse incrinerebbero il requisito
della «indipendenza da impropri condizionamenti» e della «capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati». Ed infine, ha aggiunto che l’atto impugnato risulta «gravemente lesivo della carriera e della immagine».
Nel capitolo dedicato alle argomentazioni “in diritto”, Liguori ha osservato che «le chat intercorse con Palamara utilizzate dal C.S.M. in occasione dell’adozione della delibera del 13 gennaio 2021 sull’art. 2 L.G. sono le medesime di quelle poi utilizzate dal C.S.M. per il giudizio di non conferma dell’11 gennaio 2023; il carteggio intercorso tra il C.S.M. tra il 16 luglio 2020 e l’ottobre 2020 dimostra che il Consiglio Superiore della Magistratura aveva piena conoscenza del procedimento predisciplinare, mai approdato in quello disciplinare per apprezzata insussistenza dei presupposti, con l’iscrizione al registro degli incolpati: le chat sono assistite da un assoluto giudizio di irrilevanza, senza fumus disciplinare; come nella delibera del 13 gennaio 2021 sull’art. 2 L.G. le chat sono espressamente giudicate irrilevanti.
Le argomentazioni sviluppate dal C.S.M. ne sono una testimonianza:
- 1) le chat del dott. Liguori non incidono in alcun modo sull’ufficio che dirige
- 2) le chat non manifestano la volontà di scegliere i colleghi a lui graditi
- 3) le chat non attengono all’esercizio delle funzioni ricoperte
Si registra, in conclusione, la non costituzione in giudizio del Csm in quanto al termine della votazione 12 consiglieri si sono espressi a favore e altri 12 contrari. Quattro gli astenuti. Non costituzione in giudizio davanti al Tar del Lazio, deliberata ai sensi dell’articolo 45, comma 8 del regolamento interno a Palazzo dei Marescialli.
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