mercoledì,Maggio 15 2024

Caso Bergamini, lacrime e traumi da uno spogliatoio

Testimonianze ad alto impatto emotivo degli ex calciatori Nicola Di Leo e Gianluca Presicci, a giugno il processo trasloca temporaneamente a Bologna

Caso Bergamini, lacrime e traumi da uno spogliatoio

Le lacrime di Gianluca Presicci, i turbamenti di Nicola Di Leo. Quella del processo Bergamini in programma oggi a Cosenza è stata un’udienza ad alto impatto emotivo. Sul banco dei testimoni, infatti, c’erano due ex compagni di squadra del calciatore morto a Roseto Capo Spulico il 18 novembre del 1989. Nessuno di loro, un po’ come gli altri che li hanno preceduti, ha aggiunto qualcosa di rilevante su quella tragedia. Trentatré anni dopo, però, i segni di quella giornata sono in qualche modo ancora vivi sulla loro pelle.

Mimmolino e Alfredo

Di Leo era il portiere acquistato dal Cosenza   nella stagione 1989/90 per sostituire Luigi Simoni appena ceduto al Pisa. Giocatore di sicuro rendimento, tra i pali era un vero e proprio gatto, vantava precedenti importanti in serie A e nella cadetteria, ma quell’anno risentì pure lui dal rendimento grigio della squadra. Con qualche attenuante. Con lui si è parlato di un altro evento luttuoso che all’epoca funestò il Cosenza calcio: la morte di Mimmolino Corrente e Alfredo Rende, i due factotum della società vittime di un incidente stradale avvenuto il 4 giugno del 1990 sempre sulla Ss 106. Per anni, questa vicenda è stata messa a sistema con la scomparsa di Denis, sia per il coinvolgimento di un camion nell’incidente che li ha riguardati e poi perché i luoghi teatro dei due drammi distano pochi chilometri l’uno dall’altro. Solo suggestioni, questa storia ne è piena, e il racconto di Di Leo ha confermato come non vi sia alcun dubbio sul fatto che la scomparsa di Mimmolino e Alfredo sia stata determinata da una tragica casualità.

Da Trieste a Trani

Quel giorno, anche loro vanno al seguito della squadra impegnata a Trieste nell’ultima partita di campionato. Al ritorno dovrebbero prendere posto sull’aereo insieme a calciatori e dirigenti, ma i loro biglietti finiscono in mani altrui. È il prologo a un cambio di programma che si rivelerà fatidico. «Io non prendevo l’aereo – ha ricordato Di Leo – e stavo per tornare in Puglia con il treno. In quel momento passano loro e mi dicono: vieni con noi, che noleggiamo un’auto e ti portiamo a casa». Di Leo abita a Trani, località che il gruppetto raggiunge intorno alle tre di notte. «Già durante il viaggio, però, mi ero accorto che Alfredo al volante aveva qualcosa che non andava. Quindi ho guidato io finché non siamo arrivati a casa mia. Ho chiesto loro di restare per riposarsi almeno un paio d’ore, ho provato a convincerli in tutti i modi, ma sono voluti ripartire».

In morte di due factotum

Il resto, purtroppo, è noto. Intorno alle quattro del mattino, nei pressi di Metaponto, l’auto su cui viaggiavano i due factotum va a sbattere contro un camion in sosta sulla Ss 106. Colpa di un sorpasso malriuscito o di un colpo di sonno di Alfredo, forse entrambe le cose. «Quella disgrazia è stata un trauma che non ho superato – ha ricordato il testimone – Avevo un altro anno di contratto con il Cosenza, ma pretesi di andare via. Già la morte di Bergamini mi aveva scosso, ma dopo l’incidente di Alfredo e Mimmolino capii che non potevo più restare lì. Si può dire che la mia carriera è finita quel giorno. Da allora non sono stato più lo stesso».

Sentire le voci

Quando Di Leo arriva a Cosenza, Presicci è appena andato via dopo tre anni di onorata militanza in maglia rossoblù. Stopper roccioso e lungagnone, capace di giocate superlative (un suo gol in semirovesciata in quel di Benevento, all’ultimo secondo utile, è passato agli annali) e di prestazioni terrificanti come quella dello sciagurato derby perso in casa contro il Catanzaro. Tre anni intensi, tra il dolce e l’amaro, con in mezzo la promozione in serie B e quella in A mancata per un pelo. Intimo amico di Michele Padovano, a lui il pm Luca Primicerio ha riservato domande del tipo: «Che idea si è fatto della morte di Bergamini?», «Cosa si diceva nello spogliatoio?», «Quali voci ha sentito?». Un po’ la cifra di questo processo. Le risposte del testimone hanno spaziato dal «mai creduto al suicidio» al «ho sempre pensato a un omicidio», passando per «A Donata l’ho detto già sette anni fa: Michele Padovano non c’entra con la morte di tuo fratello, la verità devi cercarla altrove».

Ulivieri e la tv

Impressioni di febbraio a parte, il suo momento più autentico è arrivato quando gli è stato chiesto di ricordare le circostanze con cui ha appreso della morte dell’ex compagno di squadra. «Giocavo con il Modena ed eravamo in ritiro a La Spezia. Sabato notte mi trovavo a letto in albergo, quando all’improvviso piomba nella mia stanza l’allenatore Renzo Ulivieri. Fui sorpreso perché lui non aveva l’usanza di controllare i calciatori, ma lui non disse niente. Si avvicinò al televisore che era acceso, lo spense e andò via. Il giorno dopo a colazione seppi che era morto Denis». Si commuove Presicci, prima per il ricordo dell’amico e poi per quella premura d’altri tempi. «Capii in seguito che il mister aveva spento il televisore perché non voleva che, apprendendo la notizia, passassi la notte insonne».

Udienze bolognesi

L’udienza si è chiusa con la testimonianza di un carabiniere intervenuto al seguito degli altri sulla scena dell’incidente di Roseto. Di quella giornata, non ricordava praticamente nulla. Inutili tutti i tentativi operati in aula dalle parti per solleticargli la memoria. La Corte ha poi fissato il calendario delle prossime udienze: ne sono in programma tre a marzo, altrettante ad aprile e quattro a maggio. A giugno, invece, il processo traslocherà temporaneamente nel tribunale di Bologna, location prescelta per sentire alcuni testimoni impossibilitati a raggiungere la Calabria. Fra questi, i coniugi Maurizio Lucchetti e Tiziana Rota.

Ultimi testimoni

L’ultima novità ha riguardato l’audizione di Maria Zerbini, la mamma di Bergamini. Non testimonierà in aula, non glielo consentono le sue condizioni fisiche e psichiche come attestato da una certificazione medica prodotta in aula. I difensori di Isabella Internò, Angelo Pugliese e Rossana Cribari (oggi sostituita da Pasquale Marzocchi) avrebbero voluto sentirla e per un attimo si è fatta largo la possibilità di periziare le sue condizioni di salute. L’avvocato di parte civile, Fabio Anselmo, ha proposto di recarsi, in Emilia, a casa della testimone, per prendere atto della situazione. «Alla seconda domanda sono certo che acquisiremo il verbale», ma non ce ne sarà bisogno. La Corte l’ha cassata dalla lista dei testimoni. E a proposito di testimoni: ne sono rimasti “solo” quaranta, ai quali se ne aggiungono una decina della difesa. Siamo alle ultime curve prima del rettilineo. Il processo di primo grado volge alla conclusione.     

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