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L’INTERVISTA | Petrusewicz: «A Rende serviva un collante. Il Psc? Ho le spalle larghe» | VIDEO

La nuova vicesindaca che ha raccolto l'eredità di Marcello Manna evidenzia: «In questo momento serviva chi mettesse d'accordo tutti. Commossa dalle parole dei consiglieri, delusa da Anna Laura Orrico e dal M5S»

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Marta Petrusewicz (in apertura di articolo l’intervista video integrale) è la nuova vicesindaca di Rende. Quando venerdì scorso Cosenza Channel ha annunciato la sua nomina dopo la condanna a due anni e otto mesi inflitta dal Gup di Salerno a Marcello Manna, in molti sono stati colti di sorpresa. Lo stupore è stato quasi generalizzato, perché ci si aspettava che a prendere di nuovo in mano le redini dell’amministrazione comunale fosse Annamaria Artese. La segretaria cittadina del Pd, invece, aveva rassegnato le dimissioni dalla seconda carica della giunta, pur rimanendo nella squadra di governo.

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Petrusewicz, ci spiega questa mossa?
«In questo momento in cui sembrava che tutte le nostre turbolenze si fossero ricomposte e che tutta l’amministrazione si fosse rimessa di nuovo in moto, abbiamo subito un nuovo attacco. Serviva qualcuno che si assumesse la responsabilità, che fosse avvezza ai programmi e alle visioni di questo Comune e che mettesse d’accordo tutti. Io sono fuori dai cosiddetti giochi politici, sebbene impegnata da sempre. Il mio mestiere, inoltre, è di docente e di storica, pertanto uso comprensione e non vado allo scontro. Ancora devo metabolizzare la nomina, ma ho recepito la richiesta fattami dal sindaco, dalla giunta e dai consiglieri».

Ha accettato di mettersi al timone di una nave che attraversa acque agitate. Come vive la spada di Damocle della commissione d’accesso?
«L’unica cosa che potremmo dire è: vedremo. Io ho visto come ha lavorato il Comune e questi grandi crimini non li ho visti. Da settembre in poi, ne sono convinta, c’è stato un accanimento contro l’avvocato Manna. Se tutto ciò sia dovuto al successo della città di Rende, merito di questa amministrazione e di quanto ereditato, non lo so. Ma Rende è una città di punta nel panorama calabrese e magari suscita invidia».

In un senso o nell’altro, potrebbe essere l’ultima sindaca della città di Rende. All’orizzonte c’è la fusione con Cosenza e Castrolibero.
«L’unità del territorio dell’area urbana è già esistente. Ritengo che fosse stato sensato collegare i tre territori con un sistema efficiente di trasporti e unificare tutte le cose che i cittadini ritengono ovvie. La fusione è invece qualcosa che va discussa non solo nei consigli comunali, ma nei consigli di quartiere. Io ho vissuto 20 anni a New York dove ogni grande sobborgo ha un suo consiglio. E la fusione andrebbe discussa lì, se vogliamo dirla tutta, ma di certo non si possono scavalcare i comuni e la cittadinanza».

Sabato mattina in una riunione con i consiglieri di maggioranza e gli altri assessori ha ricevuto attestati di stima da tutti, anche da chi come Aceto ideologicamente è distante da lei. Se lo aspettava?
«No e mi ha toccato particolarmente commuovendomi. Una cosa così sincera e partecipata mi ha fatto capire che oltre alla simpatia personale, c’è stata una cura e una preoccupazione per il bene comune. Ho avuto credito nella speranza che io possa aiutare a traghettare l’amministrazione verso la fine della consiliatura».

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La minoranza consiliare e il Movimento 5 Stelle invece le chiedono di staccare la spina e chiudere questa esperienza politica. Cosa risponde loro?
«Nel consiglio comunale non ci sono esponenti del Movimento 5 Stelle. Fino a qualche mese fa con Orrico e Ferrara ho avuto perfino rapporti di collaborazione in quanto assessore alla Cultura. Mi è dispiaciuto quando Anna Laura (Orrico, ndr) ha assunto posizioni giustizialiste ed ha sfilato in piazza: da lei non me lo sarei aspettata. Ad ogni modo, le dichiarazioni dei grillini mi appaiono buttate così. Io non percepisco l’onta di cui parlano, ma non so chi siano concretamente coloro i quali hanno redatto la nota stampa».

Manna, congedandosi, ha detto che ora è il momento di raccogliere i frutti di due legislature di governo. Quali sarebbero?
«Sì, è arrivato il momento di tirare le somme. Pensiamo a migliorare la comunicabilità della città, sostituire l’illuminazione obsoleta e valorizzare il territorio naturale per ottimizzare la diversità dei parchi. Inoltre puntiamo moltissimo sull’inclusione fin dal primo giorno».

L’oggetto recente del contendere è stato il Psc. Arriverà in consiglio?
«Spero di sì, perché è un buon programma ed è un buon piano. Ho inteso le polemiche come levarsi dei sassolini dalla scarpa. Si è discusso tanto se sia o non sia l’erede del Psc degli anni ’70 o di quello di intensa urbanizzazione del periodo ‘80-‘90. Francamente è importante che si faccia, così come è importante che vengano attuati i programmi del Pnrr e di Agenda Urbana».

Petrusewicz, di lei dicono che sia inattaccabile dal punto di vista etico e umano. Ritiene però di avere le spalle larghe per reggere le invettive politiche che inevitabilmente arriveranno?
«Alle invettive so rispondere perché nella mia vita ho applicato, fin dalla Polonia comunista, un principio semplicissimo. Se io facessi qualcosa di non lineare, non sarebbe mai un atto di cui poi mi debba vergognare: sarei sempre in grado di spiegarlo pubblicamente».

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