giovedì,Maggio 16 2024

Il signor nove millimetri

Bene, ma non benissimo i primi due pareggi di Viali. Ora, però, al Cosenza serve una vittoria. E poi, come nel finale di “Pulp fiction”, un enorme reset. Societario e non solo

Il signor nove millimetri

Molti lo considerano un errore di montaggio, ma in realtà la scena della sparatoria in Pulp fiction, quella in cui Vincent e Jules vanno a recuperare la valigetta di Marcellus Wallace, contiene un messaggio nascosto. Avete presente quando, da una porta dell’appartamento, sbuca fuori un ragazzo armato e spara a bruciapelo contro i due? Beh, alle spalle di Travolta e Jackson i fori dei proiettili sono già visibili prima: i sei colpi appena esplosi venivano in realtà da un’arma caricata a salve. E la successiva “conversione” di Jules, dunque, nasce da un grande equivoco: quello di credere di esser stati miracolati.

A volte, insomma, cerchiamo solo un pretesto per cambiare rotta. Interpretiamo un segnale come tale perché lo vogliamo. Oppure fingiamo di non vederlo e continuiamo a tirare dritto per la nostra strada. Durante tutto questo campionato, per esempio, abbiamo tenuto minuzioso conto dei pali e delle traverse colpite dal Cosenza: diciannove in tutto. A cazzotti, se almeno la metà di quei legni fosse andata invece a segno, a Reggio Emilia saremmo andati a cercare i punti per i playoff, anziché raggranellare quelli per salvarci.

Ma questa cosa non è la verità, direbbe ancora Jules. Non voglio dire che quei pali fossero già “scritti”, quanto invece che siano proprio il “segnale” che questa stagione ci ha mandato. L’obiettivo è fare un millimetro in più rispetto all’anno scorso, diceva Roberto Gemmi a dicembre. Salvo poi rimangiarsi quelle parole all’atto dell’esonero di Fabio Caserta. E affidando a William Viali il timone fino al 2025 (quando cioè Gemmi sarà già altrove), con il compito di centrare i playoff in questa stagione. Da allora, in quattro partite, sono arrivati due punti. Due “brodini”, contro Feralpisalò e Palermo. Che, tuttavia, hanno avuto il merito di muovere la classifica. Il fatto che siano arrivati in rimonta lascia sperare che il Cosenza si sia calato finalmente nella lotta per non retrocedere. C’è però ancora troppa paura – e l’atteggiamento dell’ultima mezz’ora contro i rosanero ne è la prova.

Paura che va tenuta a debita distanza contro la Reggiana. Che, sì, non ha mai vinto in casa nel 2024, ma sa benissimo che con i tre punti chiuderebbe il discorso salvezza. E, d’altra parte, il Cosenza (che ha nel suo codice genetico la capacità di resuscitare tutti i Lazzaro della Terra) non può andare avanti a “brodini” fino a Como. Ci aiuta il fatto che Bari e Ascoli, le nostre prossime avversarie, sembrano messe persino peggio di noi. Sta un po’ meglio lo Spezia, ma la lotta per non retrocedere ha visto addirittura il Modena cambiare allenatore e chiamare Bisoli al capezzale per evitare il tracollo.

Vincere a Reggio Emilia potrebbe quindi aiutare il Cosenza a mettersi in una posizione di enorme vantaggio, in vista dei successivi scontri diretti. Non dico a chiudere la pratica, ma quasi. Al di là delle alchimie tattiche – “albero di Natale”, 3-5-2 ma con Venturi terzino e Zuccon a “coprire” le spalle di Canotto – l’atteggiamento in campo sembra quello giusto. Ma sottolineo il “sembra”. E la buona notizia, in questo finale di campionato, è la centralità di Tutino. Al di là delle 14 marcature. Il modo in cui si procura il rigore del pari è astuzia allo stato puro. Negli ultimi anni, un attaccante così non ce l’avevamo. E questo può fare la differenza.

Ora, il fatto però è che per il quinto anno di fila ci ritroviamo con le solite tabelle, a calcolare gli incroci di calendario nella zona bassa della classifica, è la prova che il progetto del ds (e della società) è fallito. Come erano falliti i progetti Trinchera e Goretti. E siccome, per quante ne abbia dette a entrambi, va riconosciuto che Trinchera sta facendo fortuna a Lecce e Goretti sembra in pole position per Empoli, allora forse il problema siamo noi. Dove per “noi” non intendo solo la società. Certo, “soprattutto” la società. Ma anche “noi”, in generale, come realtà.

Tendo a parlar poco di cose di curva, ma quel che è successo con gli ultrà del Palermo dimostra (se ve ne fosse stato ancora bisogno) che questa stagione meriterebbe di essere l’anno zero. Ho sempre trovato stucchevoli gli appelli ai tifosi perché riempiano lo stadio nei momenti di difficoltà, ma è vero pure che in questa stagione non ci siamo goduti nemmeno quei pochi attimi buoni. O ne sono bastati un paio di negativi a cancellare tutto.

Consentitemi l’iperbole: quei diciannove palloni di cui teniamo la conta è giusto che siano andati a infrangersi contro pali e traverse. Nemmeno sommati tra loro assomiglierebbero al famoso “palo di Lombardo”. Perché quel palo non lo colpì solo Claudio: fu un’intera città a sbatterci contro. Per costruire l’epica non basta un bel racconto: serve un popolo intero che consideri davvero leggendari quei fatti, mentre stanno accadendo.

La verità è che è giusto prendersela con il dilettantismo della società, ma Guarascio è anche diventato un alibi comodo per molti. Quando invece, al massimo, è uno dei sei fori di proiettile alle spalle di Vincent e Jules. Tocca guardarli tutti, invece, quei fori. E poi, se ne siamo capaci, farci ispirare al cambiamento da quel “signor nove millimetri” che, per l’ennesima volta, è la lotta per non retrocedere.

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