mercoledì,Maggio 15 2024

Il “giallo” di Lisa Gabriele, nuovi accertamenti sul cellulare della ragazza

Gli specialisti del Racis di Roma tenteranno di aprire l'apparecchio spento dal 2005, slitta il processo contro l'ex poliziotto accusato di omicidio

Il “giallo” di Lisa Gabriele, nuovi accertamenti sul cellulare della ragazza

La prima verità giudiziaria sulla morte della giovane Lisa Gabriele è per ora la cronaca di un appuntamento in sospeso. Il processo in abbreviato a carico di Maurizio Abate, l’ex poliziotto accusato del suo omicidio, è slittato infatti al 16 marzo 2023 perché i difensori Marco Facciolla e Francesco Muscatello hanno chiesto un ulteriore termine a difesa per periziare alcune intercettazioni contenute nel fascicolo d’indagine. Tutto rimandato, dunque, ma la vera novità sul caso della ragazza di Rose morta in circostanze misteriose diciotto anni fa, arriva da Roma.

Nella capitale, infatti, gli uomini del Racis (Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche) tenteranno oggi l’impresa non riuscita in passato ai loro colleghi cosentini: aprire il cellulare della vittima, marca Nokia, che risulta spento dal 4 gennaio del 2005, tre giorni prima del ritrovamento del corpo. Proprio quell’apparecchio rappresenta uno dei reperti più enigmatici del caso. Rinvenuto nell’immediatezza di fianco alla sua auto, avrebbe dovuto essere inviato al Ris di Messina insieme ad altro materiale d’interesse. Così almeno aveva chiesto il pm titolare delle indagini, Antonio Bruno Tridico, ma misteriosamente le sue indicazioni furono disattese dagli investigatori dell’epoca. Al netto dei presunti depistaggi di cui è ammantata questa vicenda, il tentativo di rimettere in funzione il telefonino fu operato poi nel 2020, ma senza esito. Le uniche indicazioni, in quel caso, le offrì la sim card sulla quale erano registrate le ultime dieci chiamate, ma senza date e senza orari di riferimento. Sono queste le informazioni che la Procura mira a ottenere dal Racis nella speranza di compiere un passo avanti verso l’accertamento della verità.

Alla sbarra, dicevamo, c’è Maurizio Abate, con il quale l’allora ventiduenne Lisa Gabriele aveva intrecciato una storia d’amore lunga e tormentata. Contro di lui ci sono una serie di indizi di contorno, fra cui un’aggressione fisica – di datazione incerta – operata ai danni della ragazza che gli inquirenti inseriscono nel contesto di una personalità, la sua, violenta e incline al vizio. A questo, almeno, fanno accenno le testimonianze di ex colleghi, amici e finanche familiari di Abate interpellati durante le indagini, e a ciò si aggiungono altri testimoni che riferiscono delle paure nutrite dalla vittima nei giorni antecedenti alla tragedia. la Procura arriva a ipotizzare anche il movente che l’avrebbe trasformato in assassino: l’ex poliziotto voleva interrompere la sua relazione con Lisa per sposare un’altra donna, la Gabriele si opponeva e per sbarazzarsi del problema, Abate l’avrebbe uccisa.

Come? Soffocandola senza lasciare segni sul collo dopo averle fatto ingerire massicce dosi di ipnotico. L’atto finale sarebbe stato poi quello di simulare un suicidio, scaricando il corpo di Lisa laddove poi è stato rinvenuto: una radura ad alta quota in territorio montaltese. Al riguardo, la soluzione dell’asfissia meccanica – e dunque dell’omicidio – è prospettata sulla scorta dell’esame autoptico eseguito nel 2005 mentre nessun contributo l’ha offerto invece la riesumazione della salma avvenuta in tempi più recenti. La questione è a tutt’oggi molto controversa, tant’è che all’arresto di Abate ha fatto seguito, poche settimane dopo, la sua scarcerazione per mancanza di gravi indizi decretata dal Riesame. L’imputato è rimasto dietro le sbarre solo per l’accusa suppletiva di spaccio di droga che gli contesta la Procura, ma di recente ha ottenuto il via libera per affrontare la detenzione in una comunità di recupero per tossicodipendenti.  Nel processo contro di lui, i familiari della Gabriele sono parte civile per il tramite degli avvocati Annunziata Paese e Gianluca Bilotta.

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