mercoledì,Maggio 15 2024

Omicidio Prisco, in piazza per raccontare la storia del figlio: «Vorrei dirgli grazie per avermi scelto come sua madre»

L'agguato è stato il drammatico epilogo di una discesa agli inferi cominciata già da qualche tempo con la tossicodipendenza e continuata con una serie di atti intimidatori puntualmente denunciati alle autorità

Omicidio Prisco, in piazza per raccontare la storia del figlio: «Vorrei dirgli grazie per avermi scelto come sua madre»

Dopo la tragica fine del figlio, avvenuta circa due mesi fa, Erminia Limongi ha scelto piazza Stella Maris, a Tortora, per parlare pubblicamente dell’accaduto. L’occasione si è presentata due giorni addietro, nel corso di un dibattito sulla legalità, organizzato dagli avvocati Angela Lacava e Norina Scorza, a cui hanno preso parte alcuni colleghi, rappresentanti delle istituzioni, cittadini e scolaresche. Erminia è la madre di Francesco Prisco, giovane del posto morto un mese prima di compiere 31 anni. Lo hanno ucciso le gravi ferite riportate per i colpi di fucile che l’hanno colpito la notte del 17 febbraio mentre si trovava in strada, sotto casa sua.

L’agguato è stato il drammatico epilogo di una discesa agli inferi cominciata già da qualche tempo con la tossicodipendenza e continuata con una serie di atti intimidatori puntualmente denunciati alle autorità. Francesco è caduto preda della criminalità locale, che forse non gli ha perdonato qualche “sgarro”. Ma dalla bocca di mamma Erminia non è uscita una sola parola di rabbia o di vendetta contro i suoi aguzzini.

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A fare giustizia ci penserà la magistratura, anche grazie al coraggio del figlio, che prima di entrare in coma, dal quale non si sarebbe mai più ripreso, ha fatto nomi e cognomi. La sua presenza al dibattito pubblico ha voluto significare solo una cosa: mettere in guardia altri genitori, affinché nessun altro debba provare il suo stesso dolore. «Quando i figli cominciano a non guardarti più negli occhi – ha detto la donna -, c’è qualcosa che non va. Stanno chiedendo aiuto». Attualmente, per la morte di Francesco Prisco risultano indagate tre persone, da considerarsi innocenti fino ad eventuale condanna definitiva.

Il discorso

Con il suo breve intervento, Erminia Limongi, ha toccato gli animi dei presenti. «Mi rivolgo ai genitori. Quando i figli entrano in questa trappola, ci danno dei segnali. A volte non li capiamo subito o non li vogliamo capire, però quando un figlio non guarda più un genitore negli occhi, è un figlio che chiede aiuto. Ma se un genitore ama un figlio deve aiutarlo in tutti modi e mettersi anche contro gli altri. Io ho fatto di tutto per mio figlio, lo amavo alla follia, ho lottato con le unghie e con i denti. Non sono una mamma coraggiosa, sono solo una mamma che ha perso un figlio di 30 anni. Ascoltando tutti, mi è venuta in mente una cosa: mio figlio mi ha ascoltato anche quando gli dicevo che quelle persone che gli davano quella sostanza non erano suoi amici, ma oramai era caduto in questa trappola. Oggi posso dire che prima di morire mio figlio ha fatto i nomi, lui si che è stato coraggioso. È un ragazzo che andando via si è portato metà della sua mamma e ha lasciato metà di sé in me». Subito dopo, intervistata dalla nostra emittente, ha detto: «Se potessi parlargli vorrei dirgli grazie per avermi scelta come sua madre».

L’amore per la madre e quell’ultima notte insieme

Quella tra Francesco Prisco e sua madre è un’autentica storia d’amore. I due vivono da soli in un piccolo appartamento a Tortora, che è tutto il loro mondo. Lui è un ragazzo bellissimo, con uno sguardo magnetico e due occhi celesti come il mare, che fa strage di cuori. Ha anche tanti amici, che lo adorano e lo vedono come un dio. Per mantenersi fa tanti lavori, tra cui quello di addetto alla sicurezza nei locali del posto. La vita non è stata troppo generosa con lui, ma a un certo punto sembra aver trovato un equilibrio. Dura poco.

Francesco comincia ad assumere cocaina ed entra in un tunnel senza uscita. Quel vizio diventa ben presto una dipendenza, che a volte lo trasforma in un’altra persona. Erminia sprofonda nell’angoscia, ma anziché nascondere il problema sotto al tappeto, lo affronta di petto. Gli dice che quelli che gli vendono la “roba” non sono amici, come dicono di essere, e che lei è disposta ad arrivare sulla luna pur di vederlo rinascere. Francesco si convince che ha bisogno di aiuto ed in piena pandemia entra in una comunità di recupero. Due mesi dopo è fuori, quella dipendenza è più forte di lui. Tornato a Tortora, rientra nel “giro”.

Mamma Erminia va a denunciarlo, non ha altra scelta. Un giudice stabilisce che il figlio non può tornare a casa e va a vivere a casa di un amico. Ma un paio di settimane più tardi, Francesco si presenta sotto casa e citofona: «Mamma – le dice quando la vede alla porta – lo sai che io non riesco a mangiare a casa di un altro». Il ragazzo è deperito e triste, alla donna le si scioglie il cuore, lo stringe tra le sue braccia e corre a ritirare la denuncia. Ma le cose nemmeno stavolta vanno per il verso giusto. Un anno e mezzo fa l’auto del giovane va a fuoco, a gennaio scorso ignoti sparano contro la porta di casa. Erminia si presenta di nuovo in caserma, la magistratura lavora per salvarlo, ma è troppo lenta.

La notte del 17 febbraio il giovane ha una discussione con alcuni “amici”, poi torna a casa, prepara il suo piatto preferito e dà la buonanotte alla madre. Sarà il loro ultimo saluto. Una manciata di minuti più tardi, qualcuno lo chiamerà al cellulare, facendolo scendere in strada. In quegli stessi frangenti, arriverà a tutta velocità un’auto dalla quale saranno esplosi i colpi mortali. Francesco se ne per sempre va dieci giorni dopo, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di sua madre e nei cuori di coloro che l’hanno conosciuto.

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