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Reset, Celestino Abbruzzese un fiume in piena: «Vi dico tutto su “zingari” e italiani»

Ricco e lungo esame dibattimentale del collaboratore di giustizia che ha riferito su fatti contestati nel processo ma anche su condotte ancora "omissate". Ecco cos'è successo

Reset, Celestino Abbruzzese un fiume in piena: «Vi dico tutto su “zingari” e italiani»

Un fiume in piena, ma era prevedibile, il collaboratore di giustizia Celestino Abbruzzese, alias “Micetto“, meglio conosciuto come “Claudio“. Parliamo del pentito da cui nasce l’inchiesta “Reset“. O meglio, è stato il primo (ex) mafioso a raccontare come funzionava il “Sistema Cosenza”, propedeutico per la confederazione capeggiata, secondo la Dda, dal boss di Cosenza Francesco Patitucci. La maxi associazione sarebbe stata composta da sette “sottogruppi“. Ad interrogare “Micetto” è stato il pubblico ministero Corrado Cubellotti.

Le ragioni del pentimento di “Micetto”

«Collaboro con la giustizia dal 2018 per dare un futuro migliore ai miei figli. La mia famiglia si compone di Anna Palmieri e tre figli. Poi c’è la mia prima compagna con la quale ho avuto altri due figli. Prima di collaborare con la giustizia facevo parte del gruppo dei miei fratelli, il gruppo “Banana“, composto da Luigi, Nicola, Marco, Antonio Abbruzzese e mio cognato Antonio Abruzzese, Franco, Rosaria. Il nostro gruppo si occupava di spaccio di eroina e cocaina e anche di estorsioni. Ho compiuto attività illecite dal 2006 al 2018. Sono stato arrestato nell’operazione Job Center dove ho preso una condanna a 13 anni e 4 mesi per narcotraffico. Poi è arrivata l’inchiesta Testa di Serpente, dove mi hanno riconosciuto l’articolo 8» ha detto Celestino Abbruzzese.

Chi “comanda” a Cosenza

«L’attività di spaccio a Cosenza era organizzato in due settori: italiani e “zingari“, suddiviso in gruppo “Banana” e gruppo “Strusciatappine“. Quando parlo di italiani mi riferisco al gruppo Lanzino-Ruà-Patitucci, ne facevano parte Patitucci, Bruni, Gatto, Ariello, Porcaro, Piromallo, Gentile e tanti altri. Che rapporti c’erano? Erano tranquilli, noi avevano la precedenza sull’eroina, invece sulla cocaina, hashish e marijuana la prendevamo dagli italiani e la potevamo prendere pure noi. Veniva acquistata dal “Sistema“. Sapevamo, ad esempio, che il gruppo Perna si occupava di hashish e marijuana e ci rivolgevamo a loro, la cocaina al gruppo Patitucci-Porcaro. Nessuno voleva calpestare l’altro gruppo, ognuno però poteva spostarsi nell’altro sodalizio. Gli acquisti erano di smercio, vendevano e ne facevano uso. L’eroina era una nostra esclusiva» ha proseguito “Micetto”.

Rango e Patitucci

«A Cosenza le cose funzionavano così da quando fuori c’era Maurizio Rango che interagiva con Patitucci. L’eroina veniva acquistata dai nostri cugini di Cassano Ionio, un periodo invece dalla famiglia Pesce di Rosarno. I cugini chi sono? Luigi Abbruzzese, figlio di Dentuzzo, e lo zio Nicola Abbruzzese, alias “Semiasse. Da Cassano il rifornimento è iniziato nel 2004 fino ai giorni nostri. Se mancava la materia prima, vedevano di rifornirci da altre parti, i miei fratelli intendo dire» ha spiegato il pentito.

Il cosiddetto “sottobanco”

«La cocaina la prendevamo anche dai miei cugini di Cassano, ma ultimamente ce la dava Roberto Porcaro che era in ottimi rapporti con Luigi Abbruzzese, mio fratello. Chi faceva “sottobanco” veniva ricercato da noi per capire chi fosse. Se durante la settimana vendi un quantitativo e nell’altra queste dosi non vengono più corrisposte, scatta l’allarme. Chi faceva “sottobanco” veniva preso e picchiato. Una volta abbiamo beccato Andrea Laratta, malmenato da mio fratello Luigi e fu costretto a pagare una cifra di 60mila euro. Per sottobanco intendo quando la droga non veniva acquistata dai gruppi cittadini. Di questi 60mila, 30mila li ha presi Maurizio Rago e la restante parte i miei fratelli. Doveva essere divisa con Rango perché lui era il riferimento dei miei cugini a Cassano. In questo caso parlo di “sottobanco” di eroina», ha specificato Abbruzzese.

Chi “lavorava” con Celestino Abbruzzese

«I ragazzi che lavoravano per me sono quelli condannati nell’operazione “Job Center”. Parliamo di Marco Paura, Giovanni Aloise, Gianluca Esposito, Ciccio Mazzei, Vincenzo De Rose, Ciccio Noblea. Marco Tornelli, Salvatore Calandrino. dal 2015 sono rimasti Calandrino e Tornelli» ha detto “Micetto”.

Chi deteneva la “bacinella”

«I soldi derivanti dalla cessione di sostanza stupefacente “sottobanco” dal 2015 in poi venivano divisi tra Porcaro e mio fratello Luigi. Nella bacinella finivano i proventi delle estorsioni e della cocaina. Per “bacinella” intendo la modalità secondo cui uno o due punti in più al grammo venivano versati lì per pagare gli stipendi ai detenuti: Luigi e Antonio per gli “zingari”, Porcaro per gli italiani. Anche Salvatore Muoio faceva “sottobanco” a Cosenza Vecchia con l’eroina. A gambizzarlo furono Nicola, che guidava la moto, e Marco, io brucia la moto e l’arma» ha puntualizzato “Claudio”.

I problemi con “Pancione”

«Se conosco Rocco Abbruzzese? Si alias “Pancione“, è il fratello di Antonio “Strusciatappine”. Era il periodo in cui lui era vicino ai miei fratelli ma aveva il vizio delle macchinette. All’epoca s’era avvicinato a Michele Bruni buonanima e Maurizio Rango. Rocco imponeva ad alcuni ragazzi di comprare la “roba” da lui. E proprio per questo ci furono vari disguidi tra Rocco e i miei fratelli. Una volta intervenne Luigi, figlio di “Dentuzzo“, che insieme a Maurizio Rango fece intendere di smetterla di fermare i ragazzi dicendo di comprare la droga con lui. L’ultima volta che hanno litigato, mio fratello Marco lo ha gambizzato» ha chiarito “Micetto”.

Come avvenivano le estorsioni

Abbruzzese ha poi illustrato le modalità estorsive: «Noi facevamo l’estorsione così: domandavano se c’erano gli italiani interessati a quel negozio, se loro dicevano di no, i miei fratelli facevano quello che c’era da fare, sparando alle serrande e posizionando le bottiglie contenenti liquido infiammabile. Nel mirino finirono un tabacchino e un alimentare, il cui proprietario era amico di mio fratello Luigi».

Il pubblico ministero si è soffermato poi su Sergio Mazzuca, parte offesa del procedimento penale “Reset“: «Sì, so chi è Sergio Mazzuca, proprietario della gioielleria Scintille. Io personalmente non avevo rapporti, sono andato poche volte a comprare catenine per i miei figli, avevamo uno sconto particolare, mentre i miei fratelli ci andavano spesso per acquistare oro. Questo negozio accontentava tutti i gruppi riguardo al “pensiero”, versando una quota per non avere problemi alla gioielleria».

I “battezzati” del gruppo “Banana” e la conoscenza con Romano

Le armi, secondo “Micetto”, «erano occultate nell’intercapedine del palazzo e in un pozzetto. Varie volte sono state trovate pistole nel contatore dell’Enel ed erano tutte del nostro gruppo». E ancora: «Non sono stato “battezzato”, mentre Marco, Luigi, Nicola, sono stati “battezzati” da Michele Bruni. Parlo del 2001/2002».

«Conosco Denny Romano, con lui avevo rapporti buoni, perché era fidanzato con la sorella di mio cognato, in quel periodo gli vendetti una macchina. L’ultimo volta l’ho visto nel 2018 a casa mia insieme a Gianluca Maestri, quando ebbi un disguido con Emanuele Apuzzo, un ragazzo vicino a Gianfranco Sganga», raccontando una storia che non è agli atti di “Reset“. Tornando a Denny Romano, posso dire che fu una delle persone che sparò al tabacchino e al “paninaro” amico di Luigi. Romano conosce tutti i gruppi mafiosi di Cosenza, compreso Sganga, con il quale aveva buoni rapporti» ha evidenziato.

I contatti tra Porcaro e Luigi Abbruzzese

Cubellotti è ritornato poi sui rapporti tra Porcaro e Luigi Abbruzzese: «Con Porcaro non ho avuto rapporti diretti, ma mi mandò a casa Giuseppe Caputo e Francesco Greco, all’epoca suo braccio destro. Il ruolo che aveva Porcaro all’epoca mi fu detto da Marco e Antonio Marotta, alias “Capiceddra”. Mi riferisco al 2016-2017, quando ci fu un problema. Un cugino di mia moglie lavorava in una pizzeria di mia moglie, il titolare della pizzeria doveva dare dei soldi al cugino di mia moglie e il parente si rivolse a me per vedere come recuperare questi soldi. Una volta mandai a chiamare Porcaro proponendogli di recuperare 20mila euro, da dividere tra lui e Luigi e la restante parte doveva andare al cugino di mia moglie. Ma il tutto saltò perché questo ragazzo denunciò il titolare della pizzeria. Succede però che trovai questo cugino seduto davanti a Porcaro con quest’ultimo che impugnava un palo di ferro. Porcaro disse a Luigi: “Puoi riferire a Micetto di stare lontano dieci chilometri dai miei affari“».

«Porcaro – ha aggiunto Abbruzzese – era il braccio destro di Patitucci, quando Patitucci non c’era Roberto faceva le sue veci, qualsiasi cosa succedeva bisognava rivolgersi a lui sul fronte italiano. Ma a Marotta dicevo che poteva comandare fino al ciglio della porta, dentro casa mia comandavo io.

Gli altri italiani

L’attenzione si è spostata poi su Mario “Renato” Piromallo: «Avuto rapporti relativi ad acquisto di hashish e cocaina. Si occupava dello smercio della droga, faceva usura, aveva la sua zona, stava in via Popilia e viale Parco, vicino un bar che si trova nei pressi di un autoricambi, attaccato a un supermercato. Lui se la faceva lì. Lo incontrai anche da un’altra parte, quando sia Patitucci che lui mandarono a chiamare un ragazzo che faceva usura. Dissi loro che questo signore poteva fare usura come e quando voleva, non doveva chiedere il permesso a nessuno. Io appresi delle novità su Cosenza ad agosto 2016», periodo in cui aveva ottenuto i domiciliari nell’ambito dell’indagine “Job Center“. «Gli accordi del “Sistema” prevedevano quindi non solo la droga ma anche altre attività illecite». Rapida dichiarazione anche sulla Metropolitana leggera: «Mi era stato detto che ballavano 4 milioni di euro, suddivisi tra Sganga, Porcaro, mio fratello Luigi e una quota doveva andare a “Strusciatappine“».

Il riferimento ai Di Puppo

Il pm ha chiesto “informazioni” anche su Michele e Umberto Di Puppo: «Con Michele nessun rapporto, con Umberto prima del 2011 ebbi dei contatti. I Di Puppo come sapevo io erano a Marano e Arcavacata, dove come riferimento avevano Davide Aiello. Con Giuseppe Broccolo avevo bellissimi rapporti, abitavamo vicino, sapevo che era il cugino di Michele Di Puppo. Lui gestiva la Nocture Place a Commenda. Non so che rapporti avesse con i miei fratelli».

Chi spacciava a Cosenza Vecchia

«Marco Tornelli, che era rimasto fuori, gestiva nel 2015 la zona di Cosenza Vecchia. I miei fratelli gli affiancarono Salvatore Calandrino. Da loro ricevevo una quota settimanale che veniva portata a casa di mia moglie: a volte veniva Tornelli, a volte Calandrino. Altre volte veniva mio fratello Franco. Con Giuseppe Caputo ho avuto rapporti nell’ambito della gestione dei locali. C’era la questione di Antonio Tenuta», testimone di giustizia, «al quale avevo versato una quota per la società di antitaccheggio che aveva». In sostanza, ci fu una disputa, poi risolta, tra i Caputo e Tenuta. Poi focus sui rapporti tra Caputo e Porcaro.

Fiera di San Giuseppe, cosa succedeva

«Conosco Sergio Del Popolo, con il quale avevo un rapporto diretto visto che doveva darmi dei soldi che andavo a prendere vicino la caserma dei carabinieri di Cosenza. Parlammo di questa cosa con Vincenzo De Rose». Poi ha introdotto l’argomento “Fiera di San Giuseppe“, parlando anche di Cosimo Bevilacqua, alias “Corvo”. «Prendevamo un ragazzo fidato dagli “zingari” e uno dalla parte degli italiani, del quale si interessava Roberto Porcaro. L’estorsione veniva calcolata intorno ai 400-500 euro a bancarella».

Le altre posizioni

Micetto” ha fatto riferimento al “Corvo” anche per l’acquisto di 100 grammi di cocaina. «Sono stato a casa sua anche per risolvere una questione di un ragazzo di Cosenza Vecchia, in quanto questo soggetto diceva parole negative contro i miei fratelli all’epoca del primo blitz “Rango-zingari“». Un passaggio è stato fatto anche su Francesco Gualano: «Spacciava eroina per i miei fratelli».

«Leonardo Bevilacqua? È mio cugino, ho avuto sempre rapporti buoni. Ospitai la mamma a casa mia quando il Comune diede i soldi per comprarsi una casa. Era vicino a mio fratello Marco». Poi Nicola Bevilacqua: «Parliamo di mio cugino, spacciava cocaina per la zona di Bisignano e Mongrassano». Andrea Greco? «Prima del mio arresto camminava passo passo con mio cognato Antonio, dopo il 2016 lo vedevo con mio fratello Luigi e altre persone del gruppo».

Su Antonio Abruzzese, il cognato: «Teneva il “libro” dello spaccio in un’auto di grossa cilindrata». Poi la sorella Rosaria: «Dopo una vasta operazione, per strada erano rimasti mia sorella, Ettore Sottile andò a casa sua per far intendere che le attività illecite dovevano continuare. In realtà, dopo qualche giorno uscì mio cognato Antonio e dopo poco pure io». Ed ecco Franco, il cantante: «Aveva rapporti con tutti, solo che lui svolgeva l’attività di cantante e raccoglieva materiale ferroso. Se dovevamo prendere qualcosa nel “buco“, lui comunque era sempre presente».

“Micetto” parla di fatti “omissati”

«Claudio Alushi lo conosco da quando me lo portò a casa mia nipote, aveva una problematica con Sganga e cercammo di risolverla». Dichiarazioni sono state rese anche su Francesco Mazzei, Giovanni Aloise, Mario Perri, «fratello di Candido, aveva rapporti con Mario Piromallo sullo spaccio di droga». Sul punto è intervenuto l’avvocato Luca Acciardi: «Abbruzzese sta parlando di fatti omissati», riferendosi al proprio assistito.

Il legale Fabio Bonofiglio ha puntualizzato sul fatto che i verbali richiamati nell’ordinanza e nella richiesta di misura cautelare, nella discovery (in realtà) non contengono le dichiarazioni rese in aula dal pentito, perché le stesse sono coperte da segreto istruttorio, mentre il penalista Cristian Cristiano ha evidenziato che «questi verbali, secondo la Cassazione, sono inutilizzabili ai fini processuali, in quanto c’è un vizio fisiologico nel fascicolo se le cose stanno così», ha ribadito l’avvocato Cristiano. La prima parte dell’esame però è stata interrotta grazie alla questione sollevata dalle difese. Il presidente Ciarcia ha ordinato al pm di depositare i verbali.

Processo “Reset”, rito ordinario: gli imputati

  • Fabrizio Abate (difeso dall’avvocato Filippo Cinnante)
  • Giovanni Abruzzese (difeso dagli avvocati Giorgia Greco e Antonio Quintieri)
  • Fiore Abbruzzese detto “Ninuzzo” (difeso dagli avvocati Mariarosa Bugliari e Antonio Quintieri)
  • Franco Abbruzzese detto “a Brezza” o “Il Cantante” (difeso dall’avvocato Antonio Quintieri)
  • Rosaria Abbruzzese (difesa dagli avvocati Antonio Quintieri e Filippo Cinnante)
  • Giovanni Aloise detto “mussu i ciuccio” (difeso dall’avvocato Gianpiero Calabese)
  • Pierangelo Aloia (difeso dall’avvocato Giulio Tarsitano)
  • Armando Antonucci detto il dottore (difeso dall’avvocato Enzo Belvedere)
  • Rosina Arno (difesa dagli avvocati Luca Acciardi e Fiorella Bozzarello)
  • Ariosto Artese (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Giorgio Misasi)
  • Rosario Aurello (difeso dall’avvocato Ferruccio Mariani)
  • Danilo Bartucci (difeso dall’avvocato Giuseppe Manna)
  • Giuseppe Bartucci (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Nicola Carratelli) (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati)

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